Cultura

Treviso, la storia delle pantegane che mangiarono le nutrie

Voglio raccontarvi una strana storia. Una storia che parla di nutrie e ‘pantegane’, che in Veneto significa topi.

È la storia di un gruppo di giovani che per anni si sono opposti all’ex Sceriffo di Treviso, quel Giancarlo Gentilini, tristemente noto alle cronache internazionali per il suo bieco razzismo e machismo, per i suoi panegirici di prostituzione e alcolismo, unico feudatario (con il Presidente di Cassamarca, De Poli) di quella che una volta fu la Marca Gioiosa.

Chi non stava con lui (con loro due) era contro di lui: li chiamava le ‘pantegane’, con disprezzo.

Tutto inizia con la morte di uno di loro, il ventenne poeta e rapper Alberto Dubito Feltrin, ad aprile del 2012, un evento drammatico e scioccante, per tutti coloro che lo conoscevano e stimavano. Una morte che suonava anche come atto d’accusa terribile nei confronti di una città sorda alle richieste dei giovani, degli artisti, della gente comune.

I suoi amici chiesero al Comune un luogo della città (una piazza, un locale) per poterlo ricordare. La risposta dell’amministrazione leghista fu uno sprezzante “non se ne parla nemmeno!”

Iniziarono così le strane occupazioni del gruppo che decise di nominarsi ZTL – Wake Up! l’acronimo di Zona Temporaneamente Liberata, seguita dal verso di una delle canzoni più note di Dubito, Cara città wake up! Svegliati!

I ragazzi entravano in spazi abbandonati (Treviso grazie allo scandaloso Risiko immobiliare messo su dall’amministrazione leghista pullula di spazi abbandonati al degrado, in periferia, come al centro) li ripulivano, li utilizzavano per un po’ di giorni, poi andavano via.

Così la città, una città tanto conservatrice e chiusa come Treviso, ha iniziato pian piano ad accorgersi di loro, ad apprezzare questi ragazzi che entravano in luoghi abbandonati, li ripulivano, li riempivano di arte, cultura, solidarietà e poi uscivano. Per tornare poco dopo in un altro posto.

È andata avanti per mesi, fin quando, appena prima delle elezioni comunali, i ragazzi hanno deciso che era ormai maturo il tempo per entrare e non uscire più, per tenersi uno spazio sociale, come avviene in tante altre città del mondo, da Padova a Parigi, da Berlino a Venezia, da Roma a Londra.

Avevano scelto uno stabile di proprietà di una multinazionale e di Tronchetti Provera, l’ex Telecom, un grande capannone lasciato all’incuria, zeppo di immondizie, cadaveri di animali e uccelli, sporcizia.

Tutto ripulito, riattato, rimesso in funzione e trasformato in un centro di aggregazione sociale con il plauso generale.

Intorno a loro avevano ormai aggregato un grandissimo consenso, la gente del quartiere, quella della città, ZTL era ormai diventata il motore della riscossa di una città: artisti, intellettuali, sinistra ‘ufficiale’, tutti erano dalla loro parte. I ragazzi avevano dato vita anche a un loro foglio, intitolato La Nutria, un animaletto che da poco era apparso sulle rive del Sile e contro cui Gentilini aveva lanciato la sua ennesima crociata.

Alla fine chi comandava decise per lo sgombero: decine di agenti, elicotteri, cani, scudi, tutto per scacciare qualche decina di giovani che avevano reso un servizio alla città.

La legalità, prima di tutto, quasi fosse un valore in sé. Lo scandalo che ne seguì fu la pietra tombale sull’amministrazione leghista. Così, anche grazie alle lotte dei giovani di ZTL, al loro contributo al cambiamento della città, l’amministrazione è mutata, ma allora è cambiata la musica anche a sinistra.

Di fronte ai tentennamenti della nuova amministrazione di centro sinistra, capeggiata dal renziano Manildo, che tarda ad assegnare come promesso spazi per le iniziative sociali e dal basso, ZTL ha ricominciato ad occupare, prima l’enorme spazio della Caserma Salsa, proprietà del demanio (sgomberati con grande apparato di uomini e mezzi ancora una volta!), ora due piccole stanzette di proprietà comunale, ex sede Filt-Cgil, sotto il cavalcavia della stazione, poco più che un’azione simbolica, ma gli amici di ieri, sono diventati i nemici di oggi: tutti, dal Pd a Sel alle civiche di centro e di ‘Sinistra’, si sono scoperti paladini della legalità, tutti d’accordo a sgomberarli di nuovo. Forse lo stanno già facendo mentre leggete questo mio post.

La legalità prima di tutto, proprio come dicevano i leghisti. Insomma, alla fine sono le Pantegane che sgombereranno le Nutrie. Leopardiano, se volete, ricorda la vicenda dei Paralipomeni per una Batracomiomachia del recanatese.

Di tanti intellettuali e artisti ‘democratici’, prima lestissimi a sfilare in passerella al fianco dei ragazzi, non ne è rimasto praticamente nessuno al loro fianco, tutti impegnati a portare lo strascico alla nuova Casa regnante. Si sono scoperti paladini della legalità ad ogni costo anche loro. Triste, lo so, ma è così.

Peccato che di legalità nessuno parli quando la si viola con il numero di voli permessi all’aeroporto e che stanno distruggendo l’esistenza di tanti cittadini (in Giunta siede Camolei, ex membro del Consiglio di amministrazione di quell’aeroporto), né per costringere tanti privati a mettere le loro proprietà private in condizione di non nuocere, a causa del loro degrado, a quelle altrui. Né per bonificare la situazione del Cinema Eden, un edificio nel centro della città che l’occupazione di ZTL ha fatto scoprire pieno fino all’inverosimile di guano di piccione: una bomba ecologica nel centro della città, che sta ancora là, alla faccia di qualsiasi legalità. Né per le continue aggressioni di cui sono protagonisti un nutrito gruppo di neo-nazisti che scorrazzano in città, oggi come ieri.

Io come morale a tale triste storia avrei questa: la legalità, come la follia, o il comune senso del pudore, non è un valore in sé, ma il risultato delle transazioni sociali che fondano le Istituzioni che permettono agli esseri umani di convivere, dunque è un dato ‘storico’, non un valore, e governare le società sulla base della ‘legalità come valore’ significa condannarle e condannarsi all’immobilismo, fare il gioco di LorSignori, che quelle società comandano e che hanno interesse a garantire i propri privilegi.

La legalità è un confine mobile, la cui posizione va decisa facendo in modo con le proprie lotte di far sì che sia il più possibile posizionata in modo da proteggere i diritti dei più deboli e non i privilegi dei soliti noti. Almeno così la pensava gente come Danilo Dolci, o Antonio Gramsci, magari demodé. Né è sui valori ‘etici’ che si fondano le democrazie, come sottolineava Tina Anselmi, che il Sindaco Manildo dovrebbe conoscere bene: il fascismo inizia esattamente dove inizia lo ‘Stato Etico’. 

Le democrazie si fondano sulla partecipazione. Che a volte può assumere aspetti ‘illegali’. Con buona pace di chi siede sulle poltrone istituzionali. Confrontarsi con i movimenti sociali non è una condanna divina riservata alle Destre, ma dovrebbe essere soprattutto l’abito istituzionale di una vera Sinistra di Governo. 

Qualcuno avverta Vendola che a Treviso il suo partito fa tutt’altro.