Politica

Renzi: “Il mio Pd può vincere senza Vendola e Casini. Niente alleanze”

In un'intervista ad Avvenire il sindaco di Firenze ribadisce la volontà di correre da solo alle prossime politiche in caso di vittoria alle primarie. Unico obiettivo: realizzare il programma "senza i partiti, con gli italiani". E secondo un sondaggio Ipsos, il candidato 'rottamatore' potrebbe raccogliere il 45% dei voti

“Né Vendola, né Casini. Mi sta a cuore solo la nostra capacità di raccontare un progetto credibile per l’Italia”. Matteo Renzi, in un’intervista al quotidiano Avvenire, è perentorio rispetto a un’eventuale alleanza con Sel e Udc alle prossime politiche. Sempre nel caso in cui riesca a vincere le primarie del centrosinistra e a battere il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Per il sindaco di Firenze ”il Pd di Renzi può correre e vincere da solo. Senza i partiti, con gli italiani”. Il candidato ‘rottamatore’ spiega anche le ragioni della presa di posizione nei confronti dei due partiti.  “Se esiste una atroce responsabilità storica della sinistra radicale – ha risposto in riferimento a Sel – è quella di aver fatto cadere il primo Prodi aprendo la strada a un inciucio Cossiga-Mastella-D’Alema. Una pagina triste e in Parlamento con quella sinistra radicale c’era Nichi Vendola“. Quanto a Casini, invece, “ha spiegato in tutte le lingue che preferisce Bersani. Beh lo accontento. Possano stare tranquillamente insieme, io preferisco stare con i cittadini”. 

Se la corsa solitaria per ora sembra solo uno dei possibili scenari, secondo alcuni sondaggi Renzi alle prossime politiche potrebbe portare più voti al Pd di quanto non possa fare Bersani. Perché a differenza del segretario, attinge consensi dal bacino dei “delusi” dai partiti e dallo stesso Pd. A dirlo è una rilevazione Ipsos presentata a Ballarò a fine ottobre secondo cui l’indice di gradimento del sindaco di Firenze da parte dei moderati porterebbe il Pd al 45%. Per quanto riguarda le primarie, invece, secondo un recente sondaggio Emg, Renzi sarebbe in sorpasso di 8 punti su Bersani (43 a 35%). 

Numeri che potrebbero trovare riscontro con l’affluenza dei moderati alle primarie, come auspica lo stesso “rottamatore”.  ”Le primarie servono ad allargare il campo del Pd – aveva detto in un’intervista a Repubblica il mese scorso – Non è un male che le piazze si riempiano dei delusi di vari schieramenti e non solo del Pdl. Ci sono anche quelli di sinistra – aveva specificato – del Movimento 5 stelle, quelli che non vanno a votare o pensano di non votare più Pd”. E in caso di vittoria ha promesso di “far rivivere il sogno del Pd, che non è nato per accordarsi con i partiti moderati, per fare patti elettorali con i Casini di turno, ma per sconfiggerli”. Renzi ad Avvenire dice che “questa volta è concreta la possibilità di farcela, il cambiamento non è mai stato così vicino. Lo vogliamo noi, ma soprattutto lo vogliono gli italiani. Ma la nuova stagione non passa dagli accordi di potere, non prende forma dietro un’estenuante ricerca di equilibri e dietro infinite trattative”.

L’obiettivo dunque è di correre senza mediazioni con Sel e Udc per “portare avanti il programma”, a differenza di quanto è accaduto con l’ultimo governo di centrosinistra. Per Renzi, che al quotidiano della Cei spiega che  “la sola stella cometa è la governabilità” sulla quale “il centrosinistra non è mai stato credibile”, aveva già spiegato che chi vince le primarie poi “deve imporre il suo programma, e non dobbiamo fare come nel 2005, quando il programma di Prodi venne discusso poi con gli alleati, perdendone dei pezzi”. La sua intenzione, aveva puntualizzato a ottobre nel corso di un convegno a Milano, è di ”rendere il Pd più simile al labour inglese e al partito democratico americano, piuttosto che una versione 2.0 del Pci”. E in un’intervista a Panorama aveva già anticipato la posizione espressa su Avvenire di oggi, facendo nomi e cognomi: “Le alleanze – aveva detto – si fanno con chi ti vota il programma, non fra addetti ai lavori. Se Pier Ferdinando Casini trova l’accordo è costretto a parlare di contenuti, ma lui si ostina a parlare di contenitori. Io non sono interessato al riequilibrio con l’Udc”. Nelle ultime settimane, però, anche da parte di Casini non sono mancate le stoccate. “Fa ridere immaginare che al prossimo vertice con la Merkel l’Italia non mandi Monti ma Renzi”, aveva detto qualche giorno prima il leader centrista. Una dichiarazione a cui Renzi aveva replicato senza mezze misure: “A chi mi ha detto che se andassi dalla Merkel lei si metterebbe a ridere, rispondo che se facessi ridere la Merkel già avrei fatto qualcosa di positivo. A lui ricordo – ha aggiunto – che quando andavano i suoi alleati a parlare dalla Merkel, non so se rideva lei, ma quando tornavano piangevamo noi”.

Oltre al tema delle alleanze, il sindaco di Firenze tocca anche il tema della legge elettorale e delle colpe del centrosinistra, troppo spesso sordo rispetto alle richieste degli elettori. “In Italia c’è un Parlamento talmente debole da essere quasi delegittimato. E che prova a fare una legge elettorale non in nome della chiarezza, ma dell’oscurità“. E le responsabilità sono anche del Pd che “non ha ascoltato il dolore della base, degli iscritti, delle associazioni. Chiedevano una legge elettorale chiara” mentre “i vertici del partito hanno fatto capire di essere più volte pronti a chiudere un accordo su un sistema di voto che non se non era il ‘porcellum’, era qualcosa che gli assomigliava molto”. Attacchi che sono diretti anche al segretario del Pd: “Capirei la rabbia di Bersani – ha aggiunto – se in questi mesi si fosse comportato in maniera trasparente. Ma troppe tattiche, troppi tavoli. Bersani avrebbe diritto di alzare la voce se il suo comportamento fosse stato cristallino”.