Salute

Iraq, la scienza ricostruisce il futuro dei talassemici: eseguiti a Mosul 38 trapianti grazie a un progetto italiano

Il progetto è stato coordinato dalla dottoressa Marta Verna, pediatra della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, e gestito dalla Fondazione AVSI, con il sostegno finanziario del governo iracheno. L’accordo iniziale prevedeva la realizzazione di quattro trapianti

Quando un progetto scientifico riesce a superare di quasi dieci volte i propri obiettivi iniziali, non si tratta soltanto di efficienza operativa. È il segnale che una visione ha trovato terreno fertile. A Mosul, città irachena ancora impegnata a rimarginare le ferite di anni di conflitto, si è ufficialmente concluso il progetto di start-up del […]

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Quando un progetto scientifico riesce a superare di quasi dieci volte i propri obiettivi iniziali, non si tratta soltanto di efficienza operativa. È il segnale che una visione ha trovato terreno fertile. A Mosul, città irachena ancora impegnata a rimarginare le ferite di anni di conflitto, si è ufficialmente concluso il progetto di start-up del primo centro trapianto di cellule staminali ematopoietiche presso l’Al Hadbaa Hospital, segnando un passaggio storico per la sanità locale e per centinaia di famiglie colpite da gravi patologie del sangue.

Avviato nel 2023, il progetto è stato coordinato dalla dottoressa Marta Verna, pediatra della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, e gestito dalla Fondazione AVSI, con il sostegno finanziario del governo iracheno. L’accordo iniziale prevedeva la realizzazione di quattro trapianti; al termine del percorso ne sono stati eseguiti trentotto, in pazienti adulti e pediatrici. Un risultato che non rappresenta soltanto un dato numerico, ma la dimostrazione concreta della solidità del modello costruito insieme ai professionisti sanitari iracheni.

In Iraq, e in particolare a Mosul, la talassemia resta una delle malattie genetiche più diffuse. Per molti pazienti la prospettiva di una vita dipendente da trasfusioni regolari è l’unica possibilità di sopravvivenza. Il trapianto di midollo osseo, oggi unico trattamento definitivo, era fino a poco tempo fa accessibile esclusivamente all’estero, con costi insostenibili per la maggior parte delle famiglie. Lo stesso vale per molte malattie ematologiche, come le leucemie, per le quali il trapianto rappresenta spesso l’unico trattamento salvavita. La possibilità di eseguire queste procedure in loco ha cambiato radicalmente lo scenario, trasformando un viaggio impossibile in una cura finalmente raggiungibile.

Dal punto di vista scientifico e organizzativo, il progetto ha seguito una metodologia precisa: il capacity building. Non un intervento episodico, ma un percorso strutturato di formazione, trasferimento di competenze e costruzione dell’autonomia locale. I professionisti iracheni hanno inizialmente svolto training in Italia, per poi lavorare fianco a fianco con gli esperti durante numerose missioni a Mosul. Un modello che ha permesso di garantire standard clinici elevati e, soprattutto, sostenibilità nel tempo.

“Con questa missione si chiude formalmente il progetto di start-up del centro trapianti, che possiamo finalmente dichiarare un successo – ha dichiarato la dottoressa Verna al rientro dall’ultima missione – È stato certamente il più impegnativo tra i miei progetti, ma i risultati ottenuti superano di gran lunga gli obiettivi iniziali”. Parole che restituiscono il senso di un lavoro complesso, fatto di rigore scientifico ma anche di relazioni umane costruite giorno dopo giorno.

Il valore dell’iniziativa risiede anche nel suo approccio multistakeholder. Come ha sottolineato Giampaolo Silvestri, segretario generale della Fondazione AVSI, il successo del progetto è il risultato di una cooperazione internazionale in cui organizzazioni, istituzioni sanitarie e governi hanno collaborato mettendo in comune risorse e competenze. I trentotto trapianti realizzati diventano così la prova tangibile di un sistema integrato capace di produrre un impatto reale.

Un riconoscimento condiviso anche dalla Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori. Il presidente Claudio Cogliati ha evidenziato come l’esperienza di Mosul rappresenti non solo un traguardo sanitario, ma anche un risultato umano: la dimostrazione che competenza, dedizione e visione condivisa possono generare cambiamenti duraturi anche nei contesti più complessi. Un impegno che si inserisce nella lunga tradizione di cooperazione internazionale della Pediatria del San Gerardo di Monza, sostenuta dalla Fondazione Maria Letizia Verga.

Non a caso, la dottoressa Verna coordina il progetto Children Global Medicine, attivo dal 1986, che unisce ricerca, pratica clinica e formazione con l’obiettivo di migliorare l’accesso alle cure pediatriche a livello globale secondo il principio di equità. Progetti pensati per modificare in modo stabile la storia sanitaria dei Paesi coinvolti, rendendo i centri locali progressivamente autonomi.

La collaborazione con le autorità irachene non si conclude qui. È già previsto un accordo di long-term follow-up che includerà attività di supervisione da remoto e una futura missione finale, a garanzia della continuità clinica e scientifica del centro.

Parallelamente, il percorso professionale e umano della dottoressa Verna ha ricevuto un riconoscimento simbolico anche in Italia: l’invito alla Camera dei Deputati per l’inaugurazione della mostra fotografica “Marianne d’Italia”, dedicata a ottanta donne che si sono distinte per impegno civico e sociale. Un riconoscimento che, al di là dell’aspetto celebrativo, riflette il senso profondo di questo progetto: la scienza come strumento di cura, ma anche come atto di responsabilità verso le persone e le comunità più fragili.