
La Lega ha minacciato fino all'ultimo di non votare il maxiemendamento presentato giovedì che lasciava invariato l'allungamento delle finestre di attesa per le pensioni anticipate. Nella notte la marcia indietro. Saltano anche le norme sul Tfr per i nuovi assunti, le misure per il finanziamento della Zes e le risorse per il credito di imposta Transizione 4.0
Crisi di governo sfiorata sulla manovra. La seduta serale della commissione Bilancio del Senato che giovedì avrebbe dovuto procedere spedita nel voto sugli emendamenti è stata più volte sospesa e infine, ben dopo la mezzanotte, rinviata a questa mattina. La Lega ha minacciato fino all’ultimo di non votare il maxiemendamento incriminato con la mazzata sulle […]
Crisi di governo sfiorata sulla manovra. La seduta serale della commissione Bilancio del Senato che giovedì avrebbe dovuto procedere spedita nel voto sugli emendamenti è stata più volte sospesa e infine, ben dopo la mezzanotte, rinviata a questa mattina. La Lega ha minacciato fino all’ultimo di non votare il maxiemendamento incriminato con la mazzata sulle pensioni, che il Mef aveva riformulato con una marcia indietro parziale che eliminava la penalizzazione per chi ha riscattato la laurea ma lasciava invariato l’allungamento delle finestre di attesa per le pensioni anticipate. Per evitare lo scontro, a Palazzo Chigi non è rimasto che rimangiarsi tutto e ritirare l’intero pacchetto sulla previdenza. Presentando un nuovo testo che contiene solo la proroga delle maxi deduzioni fiscali per le imprese chiesta a gran voce da Confindustria e le modifiche al Pnrr necessarie come coperture. Per le opposizioni è il segno che la maggioranza sta implodendo. E che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti deve lasciare.
Come si è arrivati alla débâcle? Il nodo, come è noto, era la violenta stretta sulle pensioni inserita a sorpresa nel maxiemendamento inviato dal governo al Parlamento martedì mattina, ben due mesi dopo l’approvazione del ddl di Bilancio in consiglio dei ministri e a quindici giorni dall’esercizio provvisorio. Una stangata che avrebbe dovuto fornire coperture per i 3,5 miliardi di spesa aggiuntiva previsti dallo stesso emendamento per rispondere ai desiderata delle aziende. Giovedì si era tentato di risolvere il pasticcio eliminando solo la parte più problematica, la stretta retroattiva sui riscatti della laurea, che avrebbe inevitabilmente scatenato un’ondata di ricorsi. Ma il grosso della stangata, in termini di riduzione dei costi, restava immutato. Motivo per cui in serata Claudio Borghi, senatore leghista che è anche relatore della manovra, ha annunciato l’indisponibilità del Carroccio a votare la nuova versione. Il maxiemendamento “non si farà” e i 3,5 miliardi destinati a Transizione 5.0, a potenziare il fondo per compensare gli extra-costi delle opere pubbliche, ai crediti di imposta alle imprese della Zes unica e al Piano casa “si faranno in un altro momento, quando ci sarà consenso”, ha chiuso Borghi. A quel punto la crisi era a un passo. Secondo Repubblica, il capogruppo leghista Massimiliano Romeo – che in mattinata ha ridimensionato – avrebbe chiamato Giorgetti per annunciargli che in mancanza di uno stralcio completo delle norme sulle pensioni la Lega era pronta allo strappo.
Chigi, che attraverso il sottosegretario all’economia Federico Freni aveva appena chiuso a ulteriori modifiche, ha dovuto disinnescare lo scontro rimangiandosi tutte le modifiche nel mirino. Quel che non è entrato nel nuovo emendamento, ha annunciato all’una di notte il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani per sbloccare lo stallo, “verrà trasfuso in un decreto che verrà approvato presumibilmente la settimana prossima”. “Ci sarà l’esigenza di scrivere il testo e trovare nuove coperture”, ha ammesso il rappresentante del governo. “Tutta la parte che riguarda Transizione 5.0 e Zes che non sarà in questo nuovo testo sarà oggetto del nuovo decreto”. Freni ha dovuto a sua volta aggiustare il tiro: “La cosa sicura è che tutto ciò che il governo aveva immaginato per le imprese in questo emendamento 4.1000 sarà nel nuovo 4.1000 oppure nel dl che il governo varerà entro fine anno: non un centesimo di euro in meno di quello che le imprese e il paese avrebbero avuto da questo emendamento al 31 dicembre sarà dato al Paese”. Quando è ormai notte Giorgia Meloni, appena uscita dal Consiglio europeo Bruxelles, nega di aver avuto nel frattempo contatti con Roma: “Non ho avuto modo, come immaginerete, essendo uscita alle 4 del mattino, di parlare di niente riguardo ai temi italiani”.
Venerdì mattina in commissione arriva il nuovo emendamento, che contiene le misure sull’iperammortamento nella stessa formulazione precedente e la rimodulazione del Pnrr. Ma da cui sono sparite tutte le novità sulle pensioni, comprese le norme sul Tfr per i nuovi assunti, le misure per il finanziamento della Zes e le risorse per il credito di imposta Transizione 4.0.
Le opposizioni si scatenano. L’emendamento del governo salta “per una questione politica interna alla maggioranza e alla Lega”, attaccano Pd, M5s, Avs e Iv. “Non c’è più né l’emendamento né la Lega né il governo”, dice il capogruppo del Pd in commissione bilancio al Senato Daniele Manca. “Il ministro Giorgetti è stato platealmente delegittimato dal suo stesso partito, vittima del tentativo affannoso di Salvini di salvare la faccia disconoscendo la stretta pensionistica”, aggiunge il responsabile economia Antonio Misiani. “Il ministro dell’Economia è stato completamente smentito dal suo stesso partito”, rincara il capogruppo al Senato Francesco Boccia. “Chiediamo che il ministro dell’Economia venga immediatamente in Parlamento. Se non è più in grado di fare il ministro dell’Economia rassegni le dimissioni, se è ancora in grado venga in Commissione e ci dica come si va avanti perché la commissione è in gravissimo ritardo e in queste condizioni sarà difficilissimo essere in Aula lunedì mattina”.
“Ci hanno provato fino alla fine. Il governo si è dovuto rimangiare, per ora, alcune delle vergognose norme con cui uccideva, di fatto, il riscatto della laurea ai fini pensionistici e allungava pure i tempi per ricevere l’assegno”, scrive su Facebook il leader M5s Giuseppe Conte. “Ennesimo circo di una manovra evanescente, impalpabile. In tutto ciò sono scomparsi dalla legge di Bilancio, per finire chissà dove, gli sbandierati nuovi investimenti per le imprese. L’unica cosa che procede spedita è la corsa al riarmo”.
Anche per il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Peppe De Cristofaro, “quello che è successo questa notte in commissione bilancio certifica che la maggioranza non c’è più. Il ministro dell’Economia Giorgetti è stato prima smentito e poi commissariato dal suo stesso partito”. “Siamo di fronte a un clamoroso autogol politico di questo governo. Questa è l’implosione della maggioranza”, rincara la capogruppo di Iv Raffaella Paita. “Non esiste più l’emendamento Giorgetti e quindi non esiste più la maggioranza di questo governo: quando accade un fatto simile, che si viene e si porta un emendamento di questo genere e poi per contrasti interni viene ritirato, vuol dire che c’è un problema grosso. Se Giorgetti avesse un po’ di dignità si dimetterebbe“.
Secondo il segretario di Più Europa Riccardo Magi “la maggioranza e in particolare la Lega si sono trasformati in opposizione al loro stesso governo” ed è “chiaro che Giorgetti è stato dimesso da Ministro dell’Economia e relegato al ruolo di comparsa. Se ha ancora una dignità, dovrebbe prendere atto della realtà, salire al Colle oggi stesso e lasciare il Mef”.