Salute

L’aviaria “raddoppia”: dopo il ceppo H5N1 ora anche l’H5N5 contagia gli umani: primo decesso negli Usa. Epidemie “senza precedenti” nei volatili

Il caso rappresenta una nuova evoluzione dell’ecosistema influenzale globale, in un momento segnato da una circolazione estremamente intensa dei virus H5 altamente patogeni tra uccelli selvatici, pollame e, più recentemente, mammiferi

I virologi da anni spiegavano che l’influenza aviaria (con i suoi diversi ceppi) correva il rischio di diventare un problema di salute globale. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato il primo caso umano al mondo di infezione da virus dell’influenza aviaria A(H5N5), identificato negli Stati Uniti in un adulto con patologie pregresse residente nello […]

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I virologi da anni spiegavano che l’influenza aviaria (con i suoi diversi ceppi) correva il rischio di diventare un problema di salute globale. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato il primo caso umano al mondo di infezione da virus dell’influenza aviaria A(H5N5), identificato negli Stati Uniti in un adulto con patologie pregresse residente nello Stato di Washington. L’uomo, ricoverato all’inizio di novembre per una malattia severa, è morto il 21 dello stesso mese.

Il caso rappresenta una nuova evoluzione dell’ecosistema influenzale globale, in un momento segnato da una circolazione estremamente intensa dei virus H5 altamente patogeni tra uccelli selvatici, pollame e, più recentemente, mammiferi. Mentre l’anno scorso era stato il ceppo H5N1 a impensierire dopo i numerosissimi contagi nelle fattorie di bovini, che poi avevano contagiato i lavoratori. Ed era proprio negli Stati Uniti che i contagi dalle mucche agli uomini si erano diffusi a macchia d’olio in diversi Stati.

Il caso clinico e la diagnosi di laboratorio

Secondo quanto riferito dall’Oms, il paziente “deteneva pollame da cortile e uccelli domestici”, un elemento che ha guidato immediatamente le indagini epidemiologiche verso l’esposizione animale diretta. Dopo l’esordio dei sintomi — febbre e malessere sistemico — nella settimana del 25 ottobre, l’uomo ha rapidamente sviluppato una forma grave di infezione respiratoria.

I primi campioni respiratori sono risultati positivi all’influenza; successivamente, l’Università di Washington ha indicato una probabile influenza A(H5). La conferma è arrivata dal Washington State Public Health Laboratory tramite il test specifico dei Centers for Disease Control and Prevention. Il 20 novembre, il sequenziamento condotto sia dall’università sia dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) ha identificato un virus appartenente al sottotipo A(H5N5). Si tratta del primo caso umano mai confermato al mondo di infezione da A(H5N5), aggiunto ai 71 casi umani di influenza A(H5N1) segnalati negli Stati Uniti dall’inizio del 2024.

Rischio per la salute pubblica: da basso a moderato per gli esposti

Al momento, tutti i test condotti sui contatti stretti del paziente sono risultati negativi e non vi sono evidenze di trasmissione da uomo a uomo. L’Oms mantiene pertanto una valutazione di rischio basso per la popolazione generale, ma da basso a moderato per le persone esposte professionalmente a volatili o animali potenzialmente infetti. L’agenzia ribadisce “l’importanza della sorveglianza globale per rilevare e monitorare i cambiamenti virologici (inclusa la genomica), epidemiologici e clinici dei virus influenzali emergenti” e sottolinea la necessità di condividere tempestivamente dati e campioni virali.

Le voci degli esperti: scongiurare trasmissione interumana

Nei giorni scorsi diversi esperti avevano cercato di porre l’attenzione. “L’ipotesi che ci sarà una prossima pandemia è nella storia dell’umanità, non sappiamo di cosa e quando. L’influenza aviaria preoccupa – aveva osservato Massimo Ciccozzi, epidemiologo -perché troviamo tanto virus negli uccelli selvatici e nel pollame. In Usa abbiamo assistito poi al salto di specie nelle mucche e non è una cosa buona. Noi dobbiamo evitare che il virus infetti così tanti animali, perché ogni volta fa delle mutazioni e nessuno ci assicura che un giorno non faccia un salto nell’uomo e poi si inneschi la trasmissione interumana: con il tasso di letalità alto dell’influenza aviaria, è un’ipotesi da scongiurare assolutamente. Serve quindi tanta sorveglianza veterinaria, e in Italia siamo tra i migliori con la rete degli istituti zooprofilattici, e poi si devono fare le analisi degli animali. Sarebbero anche da evitare gli allevamenti intensivi dove il virus passa un animale all’altro. Al momento, grazie al cielo, non è stata provata la trasmissione interumana, ma dobbiamo assolutamente evitarla”.

Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, aveva commentato il comunicato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. “L’alert dell’Ecdc sull’aviaria non è nulla di nuovo all’orizzonte, l’avevamo ampiamente previsto. Il mondo scientifico non ha nessun dubbio che l’aviaria sarà la prossima pandemia, si tratta solo di stabilire quando. Manca pochissimo e questo virus sarà trasmissibile da uomo a uomo. Il fatto che gli uccelli siano così ‘carichi’ di H5N1 dimostra che il virus si sta sempre di più avvicinando a noi. Per chi è capace di predire ci sarà tempo di organizzarsi, per chi nega ci saranno problemi. Spero l’Italia si adegui a questo alert dell’Ecdc e si organizzi di conseguenza”.

Edoardo Colzani, responsabile del Dipartimento Virus respiratori dell’Ecdc, sottolineava: “Sebbene il rischio attuale per la popolazione europea sia basso, l’influenza aviaria rappresenta ancora una grave minaccia per la salute pubblica a causa delle diffuse epidemie tra gli animali in tutta Europa. Dobbiamo assicurarci che i segnali di allarme precoce non passino inosservati e che le azioni di sanità pubblica siano tempestive, coordinate ed efficaci. Questo documento fornisce ai Paesi un quadro chiaro e adattabile per prepararsi e rispondere alla trasmissione dell’influenza dall’animale all’uomo”.

Europa in allerta: epidemie “senza precedenti” nei volatili

Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) parla di epidemie di aviaria “senza precedenti” tra uccelli selvatici e pollame, e ha pubblicato una guida per aiutare gli Stati membri a rispondere a potenziali minacce zoonotiche. Le raccomandazioni includono: sorveglianza intensiva e test di laboratorio mirati; potenziamento della capacità di sequenziamento genomico; disponibilità di dispositivi di protezione individuale per gli operatori a rischio; comunicazione trasparente e tempestiva al pubblico; approccio One Health, basato sull’integrazione tra salute animale, umana e ambientale. Nel periodo 6 settembre – 14 novembre 2025 l’Efsa (L’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha registrato 1.443 casi di influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5) in uccelli selvatici in 26 Paesi europei, quattro volte più del 2024 e il numero più elevato almeno dal 2016.

La strategia italiana: biosicurezza, gestione degli allevamenti e vaccini

L’Italia ha approvato ufficialmente nei giorni scorsi il nuovo piano nazionale di contrasto all’aviaria, elaborato con ministeri, Regioni, associazioni di filiera e istituti scientifici. Il programma introduce misure strutturali e preventive come il rafforzamento della biosicurezza limitazione degli accessi agli allevamenti; miglioramento dei sistemi di barriera fisica contro fauna selvatica;
monitoraggio degli accasamenti in aree a rischio (zone umide attraversate da fauna migratoria). Particolare attenzione sarà dedicata a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, dove la densità avicola è più elevata. Ci sono poi la gestione del territorio e sostegni agli allevatori

Per ridurre il rischio di ingresso del virus negli allevamenti: sarà possibile diminuire il numero di animali nelle aree maggiormente esposte; sono previsti fondi per compensare il mancato reddito degli allevatori coinvolti. Infine la campagna vaccinale negli animali (tacchini e galline ovaiole): per la prima volta in Italia, è stata programmata l’introduzione della vaccinazione sistematica contro l’influenza aviaria ad alta patogenicità nelle specie più sensibili e ad alto impatto economico. L’avvio è previsto entro la fine della primavera 2026, dopo la conclusione degli studi tecnici su: scelta dei vaccini più efficaci contro i cladi virali circolanti; definizione delle tempistiche di somministrazione; protocolli di monitoraggio post-vaccinale per distinguere animali infetti da animali immunizzati (test DIVA — Differentiating Infected from Vaccinated Animals). L’obiettivo della vaccinazione è duplice: proteggere gli animali riducendo mortalità e sintomi, limitare la carica virale ambientale, diminuendo il rischio di spillover verso l’uomo.