
Il ministro deve assumersi la responsabilità di dire cosa il servizio sanitario è in grado di erogare aumentando il personale se necessario
Nei giorni scorsi il ministro della Sanità Orazio Schillaci ha espresso un ragionamento molto denigratorio rispetto alla classe medica (di cui lui per inciso fa parte). Mi domando come si sentiranno i pazienti che oggi si recano dal medico, che dovrebbe essere un loro riferimento di fiducia, sapendo che il ministro li considera dei debosciati che sono disposti a mettere a repentaglio la salute dei loro assistiti per guadagnare di più? In sintesi il ministro ha detto, seguendo i ragionamenti più populisti, che per diminuire le liste d’attesa per le prestazioni specialistiche del servizio sanitario sta pensando di impedire la libera professione dei medici all’interno dell’ospedale. In questo modo ha implicitamente avvallato l’idea che i medici ospedalieri non effettuino appositamente visite, che dovrebbero attuare per dovere istituzionale, per favorire la loro stessa libera professione. Fannulloni durante l’orario di lavoro, pagato dal servizio sanitario, in modo che il paziente, esasperato dai tempi d’attesa, accetti l’idea di sborsare del denaro per avere l’agognata visita.
Il ministro dovrebbe sapere che nella stragrande maggioranza i medici ospedalieri durante le 38 ore di orario lavorativo svolgono per lo più attività di reparto per cui accudiscono ai pazienti ricoverati, effettuano interventi, e cercano di salvare la loro vita riportandoli a una condizione accettabile per la dimissione. A parte qualche caso sporadico, la mela marcia che certo ci potrà essere, la mia esperienza mi porta a ritenere che il lavoro in ospedale sia molto gravoso e impegnativo. Se finito l’orario ospedaliero i medici, per poter seguire più accuratamente alcuni pazienti che hanno con loro un rapporto di fiducia, svolgono libera professione lo fanno in ore che sottraggono alla vita privata e alle loro famiglie.
Spesso durante qualche cena conviviale di un circolo medico parlo con mogli o mariti di colleghi che si lamentano perché il loro caro è sempre assente da casa. La professione medica tende ad assorbire psicologicamente e umanamente per cui non è raro trovare colleghi che vi si dedicano completamente.
Il ministro dovrebbe sapere che se deciderà di impedire la libera professione succederanno due cose. La prima che non vi sarà alcuna variazione nelle liste d’attesa per le visite visto che il medico ospedaliero continuerà a svolgere le sue 38 ore. La seconda che i medici più in vista, presumibilmente i più bravi e con esperienza, si licenzieranno visto che sarà loro impedita la libera professione e il servizio sanitario si depaupererà di professionisti molto preparati.
La libera professione intra-ospedaliera per alcuni medici è stata in questi anni il modo per ovviare al deprezzamento molto rilevante del loro reddito determinato dall’inflazione e non compensato in alcun modo dal servizio sanitario. Si tratta, inoltre, di attività in cui ancora si può instaurare una relazione medico paziente di fiducia che negli ingranaggi del servizio sanitario tende a essere difficile per diverse ragioni: il fatto che quasi sempre il paziente non possa scegliere il medico da cui andare per effettuare una visita e i tempi contingentati per la prestazione. Se io paziente vado in una visita da un oculista, dopo un anno da un suo collega e nel terzo anno da un terzo oculista non mi sentirò preso in carico da nessuno e dubiterò delle prestazioni in quanto ognuno di loro non mi conosce come persona e non può, in una visita di 15 minuti, capire tutta la complessità del mio caso.
Non voglio difendere a spada tratta una categoria perché all’interno, come in ogni gruppo sociale ci sono i buoni e i cattivi. Denigrare però a prescindere, senza proporre nulla di concreto in alternativa, la classe medica provoca giustamente nei pazienti diffidenza, scetticismo sulle cure proposte, sfiducia nei farmaci somministrati e quindi, conseguentemente, allarme sociale a discapito della salute. Il ministro dovrebbe sapere che se si distrugge l’immagine della classe medica succederà che gli interventi proposti non verranno attuati e le terapie non eseguite. Il suo ragionamento populista provoca, quindi, peggioramento nella condizione di salute della popolazione che non avrà fiducia nei medici.
Il ministro dovrebbe assumersi delle responsabilità. Non può fare campagne per favorire la prevenzione oncologica consigliando, per individuare precocemente i melanomi, visite periodiche dai dermatologici per poi non aumentare il numero delle visite ambulatoriali del servizio sanitario. Non può farsi bello consigliando la prevenzione del tumore alla prostata senza aumentare le visite urologiche. Io non lavoro nel servizio sanitario nazionale e quindi non sono direttamente interessato a queste sparate del ministro. Se però vi operassi mi sentirei molto offeso ad essere descritto come un medico che appositamente non lavora al meglio durante l’orario di servizio per costringere i pazienti a recarsi in libera professione.
Negli ultimi anni ho visitato come psicoterapeuta parecchi colleghi medici che lavorano in ospedale. Al di là delle singole situazioni personali emerge in loro molta amarezza per come la politica li sta trattando, per la rabbia che monta nella popolazione che non si sente curata adeguatamente e per lo stress che si determina a operare sempre in situazioni emergenziali. Soprattutto i più giovani tendono a lavorare molte più ore di quelle per cui sono pagati per ovviare alle carenze dei loro reparti o servizi. Parlavo recentemente con una giovane collega che mediamente opera per 50 ore la settimana (12 in più di quelle che sarebbero nel suo contratto) senza alcuna remunerazione aggiuntiva.
La domanda di salute è molto elevata e giustamente ora la popolazione attua molti interventi preventivi che in passato non venivano neppure proposti. Il ministro deve assumersi la responsabilità di dire cosa il servizio sanitario è in grado di erogare aumentando il personale se necessario. A mio avviso dovrebbe avere il senso di responsabilità per affermare anche che certe prestazioni il servizio sanitario, per carenza di finanziamento, non è in grado di erogare. Assumersi le responsabilità è un suo compito. Non glielo ha ordinato il dottore di fare il ministro. Rifugiarsi dietro alle sparate populiste può attirare qualche apprezzamento temporaneo ma denigra tutta la categoria dei medici provocando peggioramento della salute pubblica.