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Parità salariale, la stretta Ue: le imprese dovranno dichiarare quanto pagano uomini e donne

Datori di lavoro pubblici e privati dovranno comunicare i livelli retributivi medi per sesso e categoria. Se il divario salariale supera il 5% scatteranno verifiche e possibili sanzioni. Prima rendicontazione obbligatoria il 7 giugno 2027

Maggiore trasparenza retributiva e riduzione del gender pay gap: sono questi gli obiettivi più importanti che si è posta l’Unione europea con la Direttiva n. 2023/970, che i paesi membri dovranno recepire entro il mese di giugno 2026. Nell’Ue le donne guadagnano mediamente il 12% i meno rispetto ai loro colleghi uomini: è prendendo spunto da questo dato che il Consiglio europeo ha deciso di di mettere in campo un pacchetto di iniziative rivolte ai datori di lavoro – sia quelli del pubblico che del privato – e che coinvolgono tutte le forme contrattuali. Anche se gli obblighi saranno adeguatamente calibrati alle dimensioni dell’azienda.

L’obiettivo è l’accessibilità di tutte le informazioni che riguardano diversi aspetti del rapporto di lavoro, come i criteri che sono stati adottati per determinare la retribuzione – che devono essere il più possibile obiettivi – e come viene organizzata la progressione economica dei lavoratori.

Trasparenza retributiva, cosa prevede la direttiva Ue

A tutti lavoratori – uomini e donne – deve essere garantita la trasparenza sulle somme che sono riconosciute in busta paga e, soprattutto, deve essere previsto un pari trattamento per quanto riguarda la retribuzione.

La normativa italiana dovrà recepire alcune disposizioni previste da quella europea, come la trasparenza salariale prima dell’assunzione e i criteri attraverso i quali viene deciso il suo ammontare. Oltre a quelli che vengono adottati per la progressione economica.

I lavoratori avranno il diritto ad accedere alle informazioni relative al livello salariale individuale e a quelli medi, che devono essere ripartiti per sesso e categoria di lavoro svolto. Ai lavoratori, inoltre, devono arrivare delle comunicazioni periodiche – la cadenza varierà a seconda della dimensione dell’azienda – nelle quali dovrà essere indicato quale sia il divario retributivo che c’è tra uomini e donne.

Come dovranno cambiare gli annunci di lavoro

Le novità andranno ad impattare anche sugli annunci di lavoro, nei quali i datori di lavoro sono tenuti ad indicare fin da subito la retribuzione o a dare una prospettiva economica chiara, fornendo indicazioni dettagliate su quella che sarà la retribuzione iniziale o indicando una fascia da attribuire alla posizione, che si deve basare su una serie di criteri oggettivi e neutri anche sotto il profilo di genere. Nelle fasi interlocutorie con il candidato non sarà possibile chiedere quale fosse lo stipendio erogato dalle altre imprese in cui lo stesso lavorava in precedenza, per evitare discriminazioni e promuovere equità.

Dovrà essere indicato, inoltre, il contratto di lavoro che verrà applicato dal datore di lavoro sulla base della posizione che dovrà essere coperta.

Dal punto di vista del genere, gli annunci dovranno essere neutri: questo aspetto, almeno in Italia, non è novità assoluta, dato che lo prevede la normativa attualmente in vigore.

I dati sugli stipendi devono essere accessibili

L’azienda deve fornire un quadro completo dei livelli retributivi. Questo non significa che un lavoratore conoscerà nel dettaglio quanto guadagna un suo collega, ma si limita alla possibilità di ottenere per iscritto informazioni sul proprio livello retributivo e per poterlo confrontare con quello medio dell’azienda: i dati dovranno essere ripartiti per settori e categorie che svolgono lo stesso lavoro o sono impegnati in mansioni che hanno un valore molto simile.

Nel momento in cui un lavoratore richiede informazioni per poter confrontare la propria posizione contributiva con quella dei colleghi, la risposta dell’azienda deve essere tempestiva e deve arrivare entro due mesi.

Già fissata la data entro la quale deve essere effettuata la prima comunicazione obbligatoria della situazione retributiva nell’azienda: il 7 giugno 2027. Ad ogni modo la tabella di marcia cambierà in base alle dimensioni dell’azienda e per le imprese con meno di 250 dipendenti dovrà essere fornita l’assistenza tecnica necessaria.

Cosa succede a chi non rispetta la parità retributiva

L’obiettivo della legge sulla trasparenza retributiva è quello di ridurre il più possibile il gender pay gap: per centrarlo non è sufficiente fotografare la situazione retributiva dei lavoratori, ma devono essere messi in campo una serie di strumenti per intervenire.

Questo è il motivo per il quale nel caso dal report periodico sulla retribuzione dovesse emergere un divario superiore al 5% tra uomo e donna, che non può essere giustificato basandosi su criteri oggettivi e neutri, le aziende dovranno effettuare una valutazione congiunta delle retribuzioni, che dovrà essere effettuata in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.

Se, a seguito di questa analisi, dovesse scaturire che qualcuno abbia subito un danno dalla violazione di un diritto o da un obbligo connesso alla parità di retribuzione, ha la facoltà di chiedere il risarcimento e la riparazione. Spetterà ad ogni singolo Stato prevedere, inoltre, delle sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per chi non si metterà in regola.