
Ormai ci si è emancipati da Grillo e l'emorragia di voti continua: è ovvio che molte delle colpe attribuite al fondatore, forse non erano che una lunga coperta sulle colpe altrui
di Paolo Ghion
Dimettersi è un arte perduta e se in alcuni partiti è una leggenda da tramandarsi seduti attorno al fuoco, in altri è una convenzione rara ma più praticabile. Se parliamo di autocritica, in politica tocca far propria l’analisi del carbonio-14 per poter risalire all’età della seppur minima ammissione. Eppure, politicamente parlando, esistono delle chimere ed una di questa è Chiara Appendino, che ha scelto di dimettersi dalla posizione di vicepresidente del Movimento Cinque Stelle.
Si poteva evitare? Sì e no. Si poteva evitare non commettendo una miriade di scelte sbagliate: se qualcuno ai piani alti avesse deciso di ascoltare altre persone, compresi e soprattutto, vecchi elettori pur sempre del Movimento; se il Movimento non avesse imbarcato persone (per bene) con idee più consone a svuotare la cellula del fu M5S, inoculandovi il nucleo di qualcosa di estinto o a rischio estinzione; se ci fosse quel tanto di onestà che basti ad ammettere che spesso si soffoca ciò che c’è di buono, sulla strada per proteggerlo e se chi dice di mettersi in gioco, poi lo dimostra. Certo, in sintesi è come dire che se la fantascienza fosse scienza, se la numerologia fosse matematica e se l’astrologia fosse astronomia…
Non si poteva evitare, perché troppe cose sono andate male, e poche di queste se pur pesantissime, sono a causa di forza maggiore.
Tutti dovrebbero mettersi in discussione, a partire da gran parte degli elettori che via via hanno confermato scelte suicide (anche ingenuamente) perché il leader e i parlamentari l’hanno sibilate, e lo dico senza voler generalizzare. Sono criticabili Grillo, Conte e gran parte di quelli che ci sono in mezzo, in primis gli ex che hanno palesemente tradito i propri elettori. Il punto è che ormai ci si è emancipati da Grillo e l’emorragia di voti continua, quindi è ovvio che molte delle colpe attribuite al fondatore, forse non erano che una lunga coperta sulle colpe altrui e sui guai organizzativi e decisivi del Movimento.
Giuseppe Conte ha salvato il Movimento o ne ha semplicemente rallentato il declino? Credo che l’esito delle recenti elezioni siano una risposta.
Magari sarebbe ora di smetterla di accettare consigli da chi ha più da guadagnare dalla dipartita del M5S che dalla sua rinascita, ma anche se qualcun altro decidesse di dimettersi bisognerebbe ammettere che è tardi e se anche tutto il Movimento domani fosse folgorato sulla via di Damasco, forse si potrebbe recuperare qualche voto, ma non di più. Perché tutti i partiti denigravano il Movimento e allo stesso tempo caldeggiavano accordi? Per benevolenza e per il sincero proposito di fare ciò che è giusto per il paese o perché, rimuovendolo dalla sua posizione estranea, sarebbe stato più semplice impoverirlo nell’accorparlo?
Magari da solo M5S non sarebbe mai cresciuto oltre il 25%, ma non avrebbe dovuto ingurgitare nomi impresentabili, abiurare principi sacrosanti e farsi un selfie con chi ti tiene le mani al collo. Un gruppo politico de facto è stato fondato con il precetto di non alleanza con i vecchi partiti. Non importa se si è concordi o meno, ma che a tre quarti della strada si è deciso non di fare saltuari accordi di governo, ma di girare col cartellino d’appartenenza sul petto, in un negozio di ninnoli come ce ne sono tanti.
Nel frattempo tutte le radici che chiamiamo base e che fornivano linfa a tutto il fusto, si è deciso di reciderle, perché erano nel campo con la gramigna, anziché in quello col prato inglese. Si era coltivato un elettorato critico per prima cosa con chi si è votato: tutti ne parlano come buona pratica della democrazia, ma poi lo si inserisce come nota di demerito e a giustificazione degli scarsi risultati. Così facendo si vogliono aumentare consensi facendo a meno del proprio elettorato, sostituendolo con quello di un altro partito, il che è pura follia.
Quando M5S lo si massacrava sui giornali con il curioso refrain “ormai è un partito come gli altri”, sapevo che ancora non lo era. Oggi non lo scrive più nessuno.