Speciale legge di bilancio

Il governo aumenta la flat tax sui ricchi stranieri ma rinuncia a chiedere che in cambio investano in Italia

La Lega aveva annunciato correttivi per assicurare che chi beneficia del regime di favore dia un contributo all'economia italiana. Stando alle anticipazioni sulla manovra, invece, ci si limiterà a far cassa portando a 300mila euro la tassa forfettaria

Secondo il Financial Times “rappresenterebbe un duro colpo per i ricchi espatriati che cercano di sfuggire alle imposte più elevate applicate altrove in Europa”. Di sicuro l’aumento da 200mila a 300mila euro della flat tax per i super ricchi che spostano la residenza in Italia, destinato a entrare nella legge di Bilancio per il 2026 insieme al raddoppio a 50mila euro del dell’importo dovuto dai famigliari, è una comoda scorciatoia per fare cassa senza metter mano ai peggiori difetti della tassa piatta su tutti i redditi prodotti all’estero. Una misura voluta dal governo Renzi che consente ad alcune migliaia di contribuenti stranieri – 3.983 dal 2018 al 2023, secondo l’ultima ricognizione della Corte dei Conti, anche se la la stessa persona potrebbe aver aderito per più anni – di non dichiarare al fisco i propri dividendi e guadagni da investimenti in azioni e cavarsela versando un forfait. È un generoso regalo a manager, imprenditori e sportivi professionisti, che ne godono senza dover “restituire” nulla al Paese sotto forma di investimenti produttivi.

Proprio quest’ultima falla, più volte evidenziata dai magistrati contabili perché in contrasto con l’obiettivo dichiarato della norma al momento della sua introduzione, è finita nei mesi scorsi nel mirino della Lega. A settembre Giulio Centemero, capogruppo del Carroccio in Commissione Finanze alla Camera, ha dichiarato a Milano Finanza che sarebbero arrivati dei correttivi: l’accesso al beneficio sarebbe stato subordinato al requisito che il contribuente investa in Italia e che i soldi siano indirizzati verso “impieghi economicamente e socialmente virtuosi per il Paese”. Per esempio azioni di gruppi italiani, quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (fondi comuni, ndr)” oppure “Btp almeno decennali”, partecipazioni in startup innovative, contributi a fondazioni e associazioni impegnate nella ricerca scientifica. Da Cristina Tajani (Pd) era poi arrivata la richiesta di introdurre una sovraimposta il cui gettito sarebbe rimasto al Comune in cui il “Paperone” va a risiedere.

Nulla di tutto questo si è materializzato nelle bozze del ddl di Bilancio. Il governo Meloni, che lo scorso anno aveva raddoppiato la cifra dovuta da 100mila a 200mila euro, ora si limita a ritoccarla all’insù del 50%. Senza mettere nuovi paletti, nonostante secondo l’Osservatorio fiscale europeo guidato da Gabriel Zucman l’imposta forfettaria regime di favore più dannoso tra quelli adottati nella Ue perché permette a pochi individui estremamente ricchi di godere – per la bellezza di 15 anni – di enormi benefici. Peraltro senza che l’Agenzia delle Entrate conosca il reale ammontare dei loro redditi esteri né le imposte ordinarie che avrebbero dovuto pagare senza flat tax. Per cui non è dato sapere a quali cifre potenziali l’erario abbia rinunciato a fronte di un incasso dal regime opzionale che tra 2018 e 2023 è stato di soli 380 milioni di euro.

Ora, osserva il quotidiano finanziario britannico, “con una crescita del Pil prevista debole – inferiore all’1% per i prossimi tre anni – Roma è alla ricerca di fonti di entrate per mantenere il deficit fiscale al di sotto della soglia Ue del 3%”. Così Palazzo Chigi e via XX Settembre preferiscono incassare un po’ di più senza scoraggiare il trasferimento in Italia di chi comunque continuerà a risparmiare cifre ingenti. Poco importa se la misura “è stata controversa”, come ricorda il Ft, “soprattutto a Milano, tra i cittadini comuni che l’hanno ritenuta responsabile dell’aumento dei prezzi degli immobili e della crescente carenza di alloggi”.