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Una volta andava di moda la ‘pace giusta’: ma per Gaza non vale

Quando si parlava del conflitto tra Russia e Ucraina e di possibili soluzioni diplomatiche alla guerra, la “pace giusta” andava fortissimo. Si portava su tutto come il nero

di Cristian Giaracuni

Ma quanto andava di moda la “pace giusta”? Quando si parlava del conflitto tra Russia e Ucraina e di possibili soluzioni diplomatiche alla guerra, la “pace giusta” andava fortissimo. Si portava su tutto come il nero. E soprattutto era l’argomento prêt-à-porter preferito dai rappresentanti del nostro governo quando Trump, con la sua pachidermica e sprezzante “diplomazia”, provava ad intavolare qualche azione che mirasse alla conclusione del conflitto. La “pace giusta” era il capo buono per tutte le occasioni, perfetto per non prendere posizione e per acquattarsi dietro ai puntuali sabotaggi di Nato e Ue.

Quando a febbraio il presidente americano tentò di avviare unilateralmente una trattativa con Putin trovò pronto il fiero ostacolo di un gruppo di intrepidi leader guidati da E. Macron a sbarrare la strada a qualsiasi accordo che potesse far uscire l’Ucraina sconfitta da una guerra già persa facendole risparmiare migliaia di morti.

Al cosiddetto gruppo dei volenterosi il governo italiano in un primo momento non aderì, fingendosi morto, ma poi le circostanze imposero a Giorgia Meloni di farsi carico della lotta comune a sostegno dell’Ucraina, sempre in nome della “pace giusta”. “Lavoriamo per gettare le basi per una pace giusta e duratura in Ucraina”, disse la premier dopo l’incontro di fine febbraio con il primo ministro svedese Kristersson. All’Ucraina bisognava dare garanzie di sicurezza “per una pace che non sia né fragile né temporanea. Altre soluzioni sono più complesse e meno efficaci”.

Le soluzioni più complesse e meno efficaci erano evidentemente il cessate il fuoco, la cessione di territori come la Crimea di fatto già conquistati da Putin e la fine di un conflitto tra eserciti che stava (e sta) dissanguando l’Europa. Ma anche secondo Giorgia Meloni l’Ucraina non doveva perdere una guerra già persa e quindi avanti pure con i bombardamenti. “Pace giusta” o niente.

Un Tajani tetragono aveva già indicato la strada a settembre 2023 parlando al Consiglio di Sicurezza dell’Onu: “Vogliamo una pace giusta per l’Ucraina” e “dobbiamo tutelare due principi essenziali della Carta delle Nazioni Unite: sovranità e integrità territoriale”.
All’epoca il diritto internazionale non valeva fino ad un certo punto. Nemmeno per Guido Crosetto, che all’inizio dell’anno a margine della riunione del Gruppo di Contatto per la Difesa dell’Ucraina, ribadiva l’auspicio di “una pace giusta, che veda il ripristino della legalità internazionale”. Gli ideali prima di tutto. Prima della vita di Ucraini e Russi, autorizzati a scannarsi fino alla “pace giusta”.

Poi è arrivato il genocidio di Gaza e la “pace giusta” è passata di moda come una zampa di elefante qualsiasi. Niente più idealismo. La legalità internazionale all’improvviso è cominciata a valere fino ad un certo punto, cioè fino a che non ha incontrato Israele e le armi americane.

Così gli stessi che hanno contribuito a boicottare qualsiasi tentativo di tregua sul fronte est oggi esultano per quest’accordo di sottomissione del popolo palestinese che spudoratamente chiamano pace. Per carità, se quest’accordo servirà a risparmiare la vita ai palestinesi rimasti ancora vivi dopo due anni di mattanza, ben venga l’accordo, per quanto ingiusto sia e per quanto instabile sia l’equilibrio di cristallo che instaura.

Quello che disgusta è il solito doppio standard con cui i due teatri di guerra che hanno tenuto banco in questi anni vengono trattati dai rappresentanti del nostro governo, ma anche dalla cosiddetta grande stampa. Tutti così pervicacemente ostili ad un compromesso in Ucraina ma altrettanto benevoli verso la riduzione di Gaza a colonia americana, sottomessa ad un tizio che minacciava di consentire a Israele di finire il lavoro e che si vanta di aver venduto ogni genere di arma al suo compare Netanyahu. Quello che disgusta è che il popolo palestinese sembra non aver diritto alla “pace giusta” e forse a nessuna vera pace.

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