Giustizia

Garlasco, si allungano i tempi per il Dna sulle unghie di Chiara Poggi. Indagine biostatica su materiale parziale

I periti incaricati dal giudice di eseguire tutti gli accertamenti, ossia la genetista Denise Albani e l’esperto dattiloscopico Domenico Marchigiani hanno chiesto e ottenuto una proroga di 70 giorni, quindi fino al 18 dicembre, per completare le analisi

Le novità sull’inchiesta parallela a quella di Pavia sul delitto di Garlasco, con l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex procuratore capo Mario Venditti, si incrociano con l’attesa per il prosieguo dell’incidente probatorio. Resta l’analisi del Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi il cuore degli accertamenti. “Per questa analisi sul Dna dei margini ungueali – ha detto lo scorso venerdì Marzio Capra, storico consulente della famiglia Poggi – dovremo effettuare tutti gli eventuali confronti”.

Quindi riprende da una indagine “biostatistica” di un aplotipo Y, ossia un segmento di cromosoma eventualmente idoneo ad individuare la discendenza in linea paterna rintracciato sulle unghie di Chiara Poggi, “parziale, misto, non consolidato” l’incidente probatorio disposto dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia, Daniela Garlaschelli. Per questa analisi la perita Denise Albani ha chiesto e ottenuto una proroga di 70 giorni e che è forse la più importante tra quelle programmate nell’accertamento irripetibile ed è atteso a breve. Il termine ultimo è atteso per il 18 dicembre.

Per capire di cosa si tratta è necessario fare un passo indietro, ai tempi della perizia affidata nel 2014 al professor Francesco De Stefano dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano nel processo che ha aperto la strada alla condanna definitiva di Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara, a 16 anni di carcere. Allora i margini delle unghie della 26enne, che erano stati repertati 7 anni prima durante l’autopsia, vennero ‘sciolti’ con particolari reagenti. Il risultato di tale operazione furono tre provette contenenti il materiale biologico che venne esaurito nelle tre estrazioni effettuate, ognuna delle quali restituì un profilo maschile ma differente, non ripetitivo.

Per questo, come ha messo a verbale la genetista Albani, venerdì 26 settembre, durante l’udienza per la proroga dell’incidente probatorio, si tratta di un dato non consolidato oltreché misto – sono sovrapponibili più Dna, compreso quello di Chiara – e incompleto perchè il materiale su cui si era lavorato era degradato al punto da non consentire un risultato certo. In questo quadro, la parte più rappresentativa di tale materiale biologico che riguarda “Ignoto 1” – quella che per i consulenti della Procura pavese apparterrebbe a Sempio – verrà sottoposta a un confronto biostatistico grazie a un software di ultima generazione. L’esito di tale attività sarà fondamentale per cercare di mettere un punto nell’inchiesta dei pm pavesi.

Per la difesa di Alberto Stasi, per i pm e per i loro consulenti, uno dei due profili genetici presenti sulle unghie di Chiara è riconducibile proprio al nuovo indagato. I legali e i consulenti di Sempio e della famiglia Poggi, al contrario, hanno sempre sostenuto che il materiale genetico raccolto non fosse sufficiente per arrivare a un risultato attendibile. Un terzo perito, Giovanni Di Censo, è stato poi nominato per occuparsi delle impronte sulle paradesive e di quelle trovate sul pacco di cereali e sul sacchetto della spazzatura, se saranno ritenute utilizzabili. Come stabilito dalla gip durante l’ultima udienza, resta fuori dall’incidente probatorio l’ormai nota impronta 33, individuata su una parete delle scale che portano al seminterrato nella villetta dei Poggi e attribuita dagli inquirenti a Sempio, difeso dai legali Massimo Lovati e Angela Taccia.

Abbiamo insistito ancora una volta per chiedere che si accertasse la verità sull’impronta 33 che per noi non è attribuibile a Sempio”, ha detto l’avvocato Francesco Compagna. “Questo è motivo di grande amarezza, perché ci aspettavamo che l’incidente probatorio fosse il momento del chiarimento. Invece il paradosso è che si vanno ad analizzare delle impronte che sono totalmente irrilevanti e quella che si ritiene essere rilevante non viene analizzata perché ciascuno si vuole tenere nel cassetto la propria consulenza e impugnarla“.

Stasi “sconcertato”

L’inchiesta parallela di Brescia ha naturalmente innescato un commento da parte della difesa dell’uomo condannato in via definitiva. “Chiaramente, anche lui è rimasto sconcertato. Anche se in questi mesi ha scelto di non seguire troppo quello che sta avvenendo. Diciamo che apprende l’indispensabile, e per il resto va avanti con la sua vita” dice l’avvocata Giada Bocellari al Corriere della Sera. “Nel rispetto della presunzione di innocenza, è un’ipotesi accusatoria che, semmai dovesse arrivare a qualcosa di più certo – aggiunge l’avvocata -, ovviamente sarebbe gravissima. Per come è formulato adesso l’incolpazione, credo sia una delle peggiori accuse che possa essere mossa a un magistrato. Credo, quindi, abbia lasciato tutti abbastanza sconcertati. Ma lasciamo lavorare la Procura di Brescia” commenta la legale.

I genitori di Sempio e i suoi legali hanno giustificato l’appunto trovato in casa, che faceva riferimento a denaro e citava il nome di Venditti, con le ipotesi che fosse un preventivo per le spese legali, o soldi per la marca da bollo per la copia degli atti. “È mio costume non commentare mai le dichiarazioni delle persone coinvolte, e i genitori non sono indagati, quindi preferisco in questa fase non fare commenti”. Quel fascicolo nasceva da un esposto della madre di Stasi. Fu la procura generale di Milano a trasmettere gli atti a Pavia con una nota in cui i magistrati scrivevano che “Stasi” condizionava “gli investigatori” e che su Sempio c’era “un vuoto probatorio”. Le toghe milanesi evidenziavano che gli elementi erano stati già esplorati, di fatto sconsigliando l’apertura di un fascicolo che invece fu aperto il 23 dicembre 2016. Tre giorni dopo l’invio.

“Nella fase delle indagini preliminari, no. Eravamo in attesa di vedere che cosa sarebbe successo: avevamo portato informazioni che noi pensavamo necessitassero approfondimenti da parte della Procura. Diverso quando è avvenuta l’archiviazione, a distanza di tre mesi da quando era stata iscritta la notizia di reato: eravamo rimasti stupiti dalla velocità, non dal provvedimento in sé. “C’era una sentenza definitiva da sconfessare, cosa non semplice. E quindi la decisione non era sembrata anomala. Ma la tempistica, quella sì, ci era sembrata un p0′ veloce. E, soprattutto, ci aveva lasciato perplessi un fatto: dopo l’archiviazione avevamo chiesto di avere accesso al fascicolo, ma ci erano stati negati per due volte i file audio delle intercettazioni“.

Intanto la difesa dell’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, impugnerà il provvedimento di perquisizione e sequestro eseguito venerdì scorso. Secondo l’accusa, Venditti avrebbe ricevuto 20-30 mila euro per scagionare Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara Poggi la cui posizione è stata archiviata due volte negli anni scorsi e che oggi è di nuovo indagato dai pm pavesi nella inchiesta sul delitto di Garlasco. L’avvocato Domenico Aiello, che assiste Venditti, sta preparando il ricorso al Riesame contro il decreto. Venditti si è dichiarato estraneo, affermando di non avere mai preso denaro in tutta la sua carriera.