
Il capo dello Stato chiede di accettare l'offerta del Patriarcato di Gerusalemme. Il no della missione: "Così si lascia agire illegalmente Israele". La portavoce italiana rientra per trattare
È arrivata all’ultima tappa, poi c’è Gaza: la Global Sumud Flotilla deve partire dalle coste di Creta per raggiungere le spiagge della Striscia, ma ritarda l’avvio della traversata per un guasto avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì. E in queste ore di attesa arriva l’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si rivolge con preoccupazione all’equipaggio. “Non mettete a rischio la vostra incolumità”, la vostra è una “iniziativa di valore”, dice il capo dello Stato, invitando ad “accogliere la disponibilità del patriarcato latino di Gerusalemme“, che si è offerto già nei giorni scorsi per ricevere gli aiuti a Cipro e distribuirli alla popolazione. Ma dalla Flotilla l’invito viene respinto: “Non possiamo accettare questa proposta perché arriva per evitare che le nostre barche navighino in acque internazionali con il rischio di essere attaccati”, ha dichiarato Maria Elena Delia, la portavoce per l’Italia. E qualche ora dopo un’altra rappresentante della missione, Simona Moscarelli, ha chiarito: “È vero che stiamo portando degli aiuti umanitari a Gaza ma non è l’obiettivo principale della nostra missione. Il nostro è un atto politico, noi vogliamo creare un corridoio umanitario stabile, rompere il blocco navale degli israeliani e vogliamo che questo genocidio cessi il prima possibile”.
L’appello – L’invito del capo dello Stato arriva dopo l’avvertimento del ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha chiarito l’impossibilità di garantire la sicurezza a chi è a bordo delle imbarcazioni una volta usciti dalle acque internazionali. Secondo l’agenzia Ansa, prima di lanciare l’appello Mattarella ha avuto un colloquio telefonico con la premier Giorgia Meloni, a cui ha spiegato il senso dell’iniziativa. “Al fine di salvaguardare il valore dell’iniziativa assunta” dalla Flotilla, “valore che si è espresso con ampia risonanza e significato, appare necessario preservare l’obiettivo di far pervenire gli aiuti raccolti alla popolazione in sofferenza. Mi permetto di rivolgere con particolare intensità un appello alle donne e agli uomini della Flotilla perché raccolgano la disponibilità offerta dal Patriarcato Latino di Gerusalemme – anch’esso impegnato con fermezza e coraggio nella vicinanza alla popolazione di Gaza – di svolgere il compito di consegnare in sicurezza quel che la solidarietà ha destinato a bambini, donne, uomini di Gaza”, ha detto il capo dello Stato. Poi ha aggiunto: “Il valore della vita umana, che sembra aver perso ogni significato a Gaza, dove viene gravemente calpestato con disumane sofferenze per la popolazione, richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona”. Un appello raccolto – con accenti diversi – da tutte le forze politiche, che fanno appello al senso di responsabilità degli attivisti.
Il no degli attivisti – Dalla spedizione, però, arriva un rifiuto motivato: “Abbiamo ricevuto la proposta di mediazione, da parte del presidente Mattarella, di accettare di deviare la nostra rotta e di portare gli aiuti a Cipro. Noi non possiamo accettare questa proposta perché arriva per evitare che le nostre barche navighino in acque internazionali con il rischio di essere attaccate”, ha spiegato in un videomessaggio la portavoce italiana Maria Elena Delia. “È come dire: se vi volete salvare non possiamo chiedere a chi vi attaccherà di non farlo, malgrado sia un reato, chiediamo a voi di scansarvi. Questo nodo legale non è solo una questione di principio ma è sostanziale”, afferma. Israele, denuncia, “sta commettendo un genocidio senza che nessuno dei nostri governi abbia ancora avuto il coraggio di porre delle sanzioni, porre un embargo sulle armi, chiudere almeno un parte dei rapporti commerciali. Se una di queste soluzioni potrebbero essere prese in considerazione ne saremmo ben felici però non stiamo facendo nulla di male. Perché non dobbiamo navigare in acque internazionali?”. Nel pomeriggio di venerdì la delegazione italiana della Flotilla ha annunciato di aver richiamato in patria la portavoce “al fine di condurre un dialogo diretto con le istituzioni per garantire l’incolumità dei membri italiani dell’equipaggio e il raggiungimento degli obiettivi della missione nel rispetto del diritto internazionale”.
Il guasto a una delle imbarcazioni – La scorsa notte, informano gli attivisti, “abbiamo subito un duro colpo a causa di un guasto meccanico alla Family, una delle imbarcazioni guida della nostra Flotilla. Nonostante ciò le persone a bordo restano impegnate a portare a termine la missione. Lo spirito di Sumud che ci guida non può essere scalfito da guasti meccanici, condizioni avverse o qualunque tentativo di ostacolare la nostra missione di pace. Noi salperemo uniti nel nostro impegno per il popolo palestinese”. La flotta che intende portare aiuti alla popolazione civile e rompere l’assedio che ha ridotto i gazawi alla fame e alla disperazione, prosegue nel suo viaggio, dopo giorni in cui non sono mancati anche attacchi notturni alle imbarcazioni. A mettersi a disposizione della missione anche la Chiesa Cattolica: il presidente della Cei Matteo Zuppi, parlando a Repubblica, insiste sulla necessità di “andare a scaricare i viveri a Cipro per farli arrivare alla popolazione”. “Io mi sto adoperando per la logistica, per fare in modo che quegli aiuti arrivino. Perché ce n’è un gran bisogno. Si può arrivare di fronte a Gaza, nel rispetto dei limiti delle acque internazionali naturalmente, come gesto simbolico”, ha continuato il cardinale. “Poi però resta necessario arrivare a portare gli aiuti, perché quello vuole fare la Flotilla, no? E allora dopo si devono andare a scaricare i viveri a Cipro per farli arrivare alla popolazione”.
Arretra l’ipotesi Cipro: le altre strade in campo – In queste ore però l’ipotesi Cipro e la mediazione del Patriarcato sembrano arretrare: gli attivisti si dicono comunque pronti a valutare altre mediazioni, a condizione di “non cambiare rotta“. Per questo si fa strada l’idea di arrivare in Egitto sfiorando le acque territoriali israeliane, dunque raggiungendo la costa a poca distanza dalla Striscia. A quel punto gli aiuti verrebbero scaricati a terra per essere trasportati dai camion verso Gaza, con altre organizzazioni che già operano sul territorio palestinese: questo comporterebbe un’apertura almeno temporanea di uno dei corridoi umanitari attraverso il valico di Rafah. Su questa opzione potrebbe comunque non esserci una convergenza tra le parti, dunque il groviglio diplomatico non si scioglierebbe subito, anche perché all’interno dell’equipaggio ci sono varie anime e attivisti di diversi Stati, ognuno con una diversa sensibilità culturale. Per alcune persone dell’equipaggio, un’idea sarebbe anche quella di costeggiare la Turchia per poi scendere verso le coste di Israele da Nord, in quel caso forzando il blocco, ma ciò porterebbe al rischio di uno scontro frontale degli attivisti con Israele, visto che l’Italia – che li segue a distanza con la fregata Alpino – può garantire la sicurezza della nave solo in acque internazionali.
La mobilitazione permanente – La missione umanitaria resta al centro del dibattito politico italiano. Sull’avanzamento delle navi interviene ancora una volta il leader della Lega Matteo Salvini, riferendosi ai partecipanti alla missione come ai “ragazzi in barca a vela”. “È il momento di abbassare i toni anche in politica. Dopo l’omicidio di Charlie Kirk, conto che non ci sia nessun abbattimento di aerei” e “conto che i ragazzi che sono in barca a vela si fermino e consegnino alla Chiesa cattolica” i viveri per Gaza, ha detto il vicepremier a Mattino Cinque News su Canale 5. Resta anche il timore che le navi subiscano attacchi: dopo l’avvertimento di Crosetto arriva l’annuncio di Usb, il sindacato che ha promosso gli scioperi per Gaza di lunedì 22 settembre e che da oggi ha annunciato una mobilitazione permanente che riguarderà cento piazze italiane e che culminerà nella manifestazione nazionale di sabato 4 ottobre. “Se la Flotilla venisse attaccata in modo drammatico proclameremo lo sciopero generale”, si legge in una nota di Guido Lutrario, membro dell’esecutivo confederale dell’Usb, rivolta alla premier Meloni. “Non dobbiamo entrare in guerra con Israele ma esercitare il massimo della pressione su un paese che sta minacciando i nostri concittadini che stanno portando aiuti umanitari. Al governo italiano chiediamo di interrompere ogni relazione diplomatica ed economica e di isolare Israele e di assicurare agli equipaggi tutta la protezione possibile”, afferma. Sulla mobilitazione interviene il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “C’è l’intenzione da parte di alcuni di trasformare questa causa, questa vicenda in qualcosa che potrà riflettersi nelle nostre piazze. I tempi previsti per l’arrivo della Flotilla in zona critica sono pochi giorni. Oggi ho incontrato i miei collaboratori più stretti per stringere i ranghi e vedere come organizzarci nelle principali piazze italiane”.
Sánchez invia una nave in aiuto – La nave “Furor” della Marina spagnola è salpata all’alba di oggi dal porto di Cartagena (Murcia) verso il Mediterraneo orientale per “assistere” e fornire protezione, in caso di aggressione, alla Flotilla. Fonti militari chiariscono che la missione è esclusivamente di salvataggio e soccorso e non di scorta militare. La nave, di conseguenza, non ha l’autorità di respingere alcun attacco delle forze di difesa israeliana contro le imbarcazioni civili. Il suo ruolo è limitato all’assistenza in caso di necessità, mantenendo una distanza di sicurezza (12-14 miglia) per una funzione di pura deterrenza. Le recenti aggressioni contro la cinquantina di imbarcazioni della spedizione umanitaria hanno spinto i governi di Italia e Spagna a inviare navi militari per proteggere i propri connazionali in caso di bisogno. Il ‘Furor’ assisterà anche cittadini belgi, su richiesta del governo dei Bruxelles. Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha evidenziato che gli attivisti della Global Sumud Flotilla “sono persone pacifiche, con un obiettivo umanitario e non costituiscono una minaccia per nessuno, né per Israele, né per il popolo israeliano, tantomeno per la sicurezza di Israele”. Albares ha ricordato che gli spagnoli a bordo hanno piena protezione diplomatica e consolare. Il ‘Furor’, un pattugliatore di altura specializzato in scenari a bassa intensità, equipaggiato con due cannoni e una mitragliatrice, ha a bordo, oltre all’equipaggio, una decina di fanti di marina, un team medico, uno legale e di intelligence. Il ministero della Difesa sta ultimando le regole di ingaggio, che saranno “molto limitate”, per restringere qualsiasi azione offensiva e gesto che possa essere considerato ostile una volta che la nave arriverà nell’area operativa.