
Gianfranco Fini, durante l'ospitata a Otto e Mezzo, ha alzato i toni definendo offensive le domande dei giornalisti per evitare argomenti scomodi
di Giovanni Muraca
Mercoledì, “Otto e Mezzo”, da Lilli Gruber era ospite Gianfranco Fini, leader storico della destra italiana. L’unico politico che negli ultimi 30 anni ha lasciato il segno sia come spessore personale sia come storia. Dalla svolta di Fiuggi del 1995 dove tracciò un prima e un dopo nel percorso di Alleanza Nazionale, alla “sfida” a viso scoperto al leader del fu “Popolo delle Libertà”, Silvio Berlusconi.
In molti ricorderanno il congresso del PdL del 22 aprile 2010. La frase “Che fai, mi cacci?”, fu la ciliegina sulla torta di uno scenario pieno di incompatibilità che serpeggiavano fin dall’inizio della fusione tra i due partiti e che in quel giorno salirono a galla.
In molti, ancora oggi, preferiscono dimenticare queste divergenze. Una tra questi è il tema giustizia del quale AN si è sempre schierata a favore. Non la pensava allo stesso modo il leader di FI, che non aveva grandi simpatie per il terzo potere dello stato.
Dopo il congresso di Roma, arrivò per Fini l’allontanamento e il conseguente attacco sistematico da parte di B. e la sua uscita qualche anno dopo dalla politica.
Tornando alla puntata di ieri su La 7, al fu leader di AN deve essere successo qualcosa. Posto che sia lontano anni luce dai suoi ideali, ieri sera ha dichiarato dei punti condivisibili dopo un monologo di 12 minuti sulla situazione in Medio Oriente (tema utilizzato successivamente anche per bypassare altre domande poste dalla conduttrice Lilli Gruber, la stessa che poi lo ha richiamato più volte per riportarlo sulle risposte attese).
Per la prima volta, dopo anni, ho visto un leader in difficoltà. Non tanto per le domande di Gruber e Giannini, ma per il fatto che è effettivo il cambiamento subito da un personaggio di quel calibro che sembra essersi appiattito alla modalità attuale dei politici a non affrontare un contraddittorio. Sì, proprio colui che sfidò 30 anni fa, in piena folla e faccia a faccia, il personaggio che teneva sotto scacco la quasi totalità dell’attuale maggioranza si trovava ad alzare i toni in studio, definendo le domande dei giornalisti “offensive” o “gossip”.
Così Otto e Mezzo, secondo Fini, da programma che il più delle volte cerca di essere super-partes (anche se a volte non ci riesce), viene declassato a programmino di cronaca rosa. Un declassamento che il leader ha utilizzato più volte per evitare risposte scomode circa il pensiero che ha sull’attuale classe dirigente (e quindi anche su colei a cui fece da scuola, Giorgia Meloni). E, alzando i toni in trasmissione, non ha fatto altro che confermarlo.
C’è fortunatamente un fatto che ancora discosta la persona di Fini e il suo spessore di uomo prima ancora che di politico: le scuse che alla fine ha posto alla conduttrice per i toni utilizzati. Non una cosa comune alla stragrande maggioranza dell’attuale classe politica – di cui, a mio avviso, si vergogna.
Non so se con l’andare del tempo anche la tempra politica di Fini si sia affievolita. Non tanto per il tempo che passa, quanto per il fatto che, seppur fuori dallo scenario politico attuale, si è sdraiato sul modus operandi di una sistema che lui stesso contesta. Denigrare delle domande fatte dai giornalisti, proiettare pensieri faziosi su di essi e mistificarne l’intento sono comportamenti che portano il dibattito a essere sempre più sterile.
Se oggi gli stessi pontieri tra la prima e la seconda repubblica rivendicano la loro consistenza rispetto all’attuale, perché ridursi in questo modo? La propaganda tanto odiata dall’ex leader bolognese è quindi per lui oggi un’opzione da tenere nel taschino o abbiamo ancora degli argomenti seri su cui discutere?
In sostanza ieri è stato cristallizzato lo stato attuale del livello della disputa. E quando lo fa una persona seppur diametralmente opposta alle mie idee, che reputo un buon politico – se non determinante per la storia della destra italiana – è ancora più desolante.