Mafie

Non cadiamo nel ‘gioco’: Scarpinato e Natoli non hanno cercato di accordarsi per dire il falso

Trovo osceno il tentativo di adoperare queste conversazioni per esasperare contenuti offensivi, suggerire condotte illecite e delegittimare voci scomode in Commissione antimafia

Attenzione al “cambio di prospettiva” costruito ad arte dai campioni della destra e dai loro megafoni: da Charlie Kirk a Roberto Scarpinato senza soluzione di continuità. In generale il “gioco” prevede che si esasperi il significato di fatti marginali o che si stravolga la verità dei fatti stessi per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica altrove: come nei vecchi western quando il pistolero braccato faceva rotolare un sasso sul tetto per far credere che sarebbe sbucato da un’altra parte.

Reagire a questo “gioco” è una necessità democratica che non deve impedire, come invece qualcuno invita a fare, di riconoscere ciò che di inopportuno, di sbagliato, di odioso pure c’è dentro situazioni delle quali però si rivendica una lettura e quindi un giudizio diverso. Cioè, per fare un esempio da manuale, le manifestazioni svoltesi in tutta Italia ieri per denunciare il genocidio a Gaza e pretendere azioni concrete da parte del governo italiano sono state un fatto di straordinario valore civile e politico, capace di mettere ancora più in evidenza le colpevoli responsabilità di chi governa, mentre il “cambio di prospettiva” ha subito operato per oscurare questa verità inquadrando soltanto le (solite) azioni devastanti di alcuni, elevandole a rappresentazione del tutto, fino al parossismo “magistrale” di Maurizio Belpietro su La Verità che ha titolato: “per la pace a Gaza hanno fatto la guerra a chi va a lavorare”! Questo “cambio di prospettiva” va denunciato, come va denunciato chi pensa di imboccare o rischia di fatto di imboccare la strada dell’attacco violento ai “simboli-nemici”, perché questa è la strada che conduce alla disumanizzazione dell’altro premessa della violenza politica da sempre ancella dell’autoritarismo più orribile.

Su quello che è stato fatto e che verosimilmente accadrà negli Usa dopo l’assassinio di Charlie Kirk, sono già stati versati fiumi di inchiostro e ha sbagliato chi prima di tutto non ha riconosciuto nell’atto di sopprimere un essere umano per le sue idee, un crimine odioso, degno del peggior fanatismo ideologico comunque colorato.

Così, tornando a casa nostra, trovo osceno il tentativo di adoperare le intercettazioni delle conversazioni tra Scarpinato e Natoli, per esasperare contenuti offensivi, suggerire condotte illecite e così finalmente legittimare la volontà della destra di “imbavagliare” voci scomode in Commissione antimafia (per ora quelle di Scarpinato e Cafiero de Raho) e avvalorare letture certamente depistanti di quanto accadde in Italia tra il 1989 ed il 1994.

Feriscono eccome certe parole, perché la vicinanza rispettosa alla famiglia di Paolo Borsellino (tutta!) è una pre-condizione irrinunciabile e “a prescindere” come ha ribadito, molto più autorevolmente di me, lo stesso Gian Carlo Caselli nella sua audizione in Commissione antimafia del 31 luglio scorso. Ma guai a farsi trascinare dal “cambio di prospettiva”!

Guai a dimenticare che proprio quelle conversazioni certificano che Scarpinato e Natoli mai hanno cercato di accordarsi per dire il falso o omettere il vero, ma al contrario provano che si sforzavano di rimettere a fuoco ricordi vecchi di trent’anni per dire la verità, tutta la verità.
Guai a dimenticare che quelle intercettazioni erano illegittime nei confronti di un Senatore della Repubblica, che illegittimo è stato trasmetterle alla Commissione parlamentare antimafia, pur ritenendole processualmente irrilevanti, che illegittimo è stato, da pare di qualche commissario interessato passarle a giornalisti pur essendo coperte da segreto. Una montagna di violazioni per dimostrare l’indimostrabile.

Quando vedremo in prima serata Rai una puntata dedicata alla relazione di Gian Carlo Caselli in antimafia? Una relazione chiara, dura con la quale l’ex Procuratore di Palermo ha smontato, documenti alla mano, la versione “mafia-appalti” come causale scatenante della strage di Via D’Amelio, sottolineando piuttosto la necessità di considerare quella strage all’interno della unitaria strategia terroristico-mafiosa che ha condizionato la vita del nostro Paese tra il 1989 ed il 1994, ipotecandone il futuro.

Paradossale che tutto questo accada (e non accada) nella trasmissione di Massimo Giletti, che pure, avendo toccato con mano cosa succede a pestare certi “calli”, ebbe a dire “Questo Paese non è ancora pronto per certe verità!”. E non lo sarà mai, se lo si preferisce a bocca aperta davanti alle ombre cinesi.