
La ricerca, pubblicata sulla rivista Neurology e condotta nell’ambito del progetto ELSA-Brasil, ha seguito per quasi dieci anni oltre 12.700 adulti, monitorando il loro consumo di dolcificanti e le performance cognitive
Per anni sono stati presentati come alleati della linea e della salute: bibite “zero”, dolci senza zuccheri, caramelle light. Ma un nuovo studio brasiliano, tra i più solidi finora condotti, lancia un messaggio netto: i dolcificanti artificiali non sono affatto innocui e, oltre ad alterare il metabolismo e il rischio di diabete, potrebbero accelerare il declino cognitivo. La ricerca, pubblicata sulla rivista Neurology e condotta nell’ambito del progetto ELSA-Brasil, ha seguito per quasi dieci anni oltre 12.700 adulti (dipendenti pubblici di sei università), suddivisi in tre gruppi, monitorando il loro consumo di dolcificanti e le performance cognitive. Periodicamente i partecipanti sono stati sottoposti a questionari alimentari dettagliati e a test standardizzati per memoria, linguaggio, attenzione e funzioni esecutive.
I ricercatori hanno considerato sia i cosiddetti edulcoranti “intensi” (come aspartame, saccarina, acesulfame K) centinaia di volte più dolci dello zucchero, sia i polioli – come eritritolo, sorbitolo e xilitolo – dolci quanto o poco meno del saccarosio, spesso proposti come alternativa “naturale”. I risultati parlano chiaro: chi si collocava nel terzo più alto dei consumatori (oltre 100 mg al giorno) mostrava un declino significativo delle capacità cognitive rispetto a chi ne usava pochissimi. In particolare, peggioravano la memoria e la fluenza verbale – due funzioni chiave per la vita quotidiana – equivalenti a un invecchiamento cerebrale accelerato di circa un anno e mezzo ogni otto anni di follow up. Non si tratta di piccoli dettagli statistici, ma di un impatto concreto sulla salute cerebrale.
Non tutti gli edulcoranti hanno mostrato lo stesso profilo: aspartame, saccarina, acesulfame K, eritritolo, sorbitolo e xilitolo risultano associati a peggioramento cognitivo, mentre il tagatosio sembra non avere effetti negativi. Colpisce il fatto che le conseguenze peggiori siano state osservate negli adulti sotto i 60 anni, suggerendo che l’esposizione prolungata anticipi processi degenerativi. Lo studio, pur essendo osservazionale e quindi non dimostrando una relazione di causa-effetto, ha corretto per numerosi fattori confondenti: età, sesso, livello di istruzione, stile alimentare complessivo, peso corporeo, presenza di malattie croniche. Questo rende i risultati particolarmente solidi.
Abbiamo chiesto un commento al professor Franco Berrino, epidemiologo e già Direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto dei Tumori di Milano, che da anni mette in guardia sui rischi legati ai dolcificanti. “Questo studio brasiliano è molto ben fatto e conferma quello che sospettavamo da tempo. Già sapevamo che i dolcificanti intensi come aspartame e sucralosio, oltre ad alterare la glicemia, possono favorire il diabete e in esperimenti sugli animali sono risultati cancerogeni. Adesso si aggiunge la prova che anche i polioli, considerati più ‘innocui’, non lo sono affatto. Eritritolo e sorbitolo, e perfino lo xilitolo, risultano associati a difetti di memoria e linguaggio”. Il richiamo allo xilitolo è particolarmente significativo: “In alcuni Paesi, come l’Australia, era già stato vietato nei prodotti per bambini perché causava diarrea. Eppure lo troviamo ancora in dolciumi, gomme da masticare e perfino nei dentifrici. Ora che emergono anche possibili effetti sul cervello, l’allarme è ancora più forte”.
Uno degli aspetti più convincenti della ricerca è la relazione dose-dipendente. “Nello studio è emerso che il terzo di popolazione che consuma più dolcificanti ha un rischio di declino cognitivo superiore di circa un terzo rispetto a chi ne usa meno – sottolinea Berrino -. Non è una soglia: più ne mangi, più ti fanno male”. E aggiunge: “Il problema non è solo nella bustina di dolcificante che aggiungiamo al caffè, ma nell’enorme quantità nascosta nei prodotti ultraprocessati. Bevande light, merendine ‘senza zuccheri’, yogurt dietetici: spesso contengono più edulcoranti combinati. Finisce che li consumiamo senza accorgercene”.
Alla domanda se esista una quantità “tollerabile”, l’epidemiologo è netto: “Non dobbiamo cadere nella trappola di cercare una dose sicura. Il messaggio è semplice: meglio non usarli. Tanto più che non offrono alcun reale beneficio. Gli studi dimostrano che non aiutano a dimagrire e possono addirittura stimolare di più la glicemia rispetto allo zucchero. E non manca pure un appunto al mondo bio: “È grave che sostanze come l’eritritolo siano state perfino proposte da aziende del biologico come alternativa salutare allo zucchero – conclude Berrino -. Oggi sappiamo che può aumentare rischio cardiovascolare e trombosi, e ora vediamo che danneggia anche memoria e linguaggio. Insomma, non vale davvero la pena. Piuttosto, abituiamoci a educare il gusto con cibi meno dolci”.