
L'ex presidente di Confindustria Sicilia si è costituito per scontare 4 anni e 5 mesi. La rete di potere e i misteri irrisolti
di Gionata Borin
Cala definitivamente il sipario sulla vicenda di Calogero Antonio Montante, detto Antonello. L’ex presidente di Confindustria Sicilia ed ex paladino dell’antimafia si è costituito in carcere, dove dovrà scontare una condanna a 4 anni, 5 mesi e 23 giorni di carcere, che gli è stata inflitta per corruzione e accesso abusivo a sistemi informatici, reati commessi dal 2014 in poi. I reati precedenti. invece, sono finiti in prescrizione.
La Cassazione lo aveva assolto dall’accusa di “associazione a delinquere finalizzata alla corruzione”, facendo cadere totalmente quello che era conosciuto come il “sistema Montante”. Per i giudici della suprema corte, Montante non era a capo di una banda di spioni e ricattatori. Resta un dato di fatto: Montante aveva messo in piedi una rete di contatti illegali per raccogliere informazioni riservate su personalità politiche e istituzionali.
Non è stato mai chiarito fino in fondo quale fosse il fine dei corposi dossier compilati dall’industriale. Di sicuro Montante è stato “Un uomo che ha creato dal nulla un’allarmante e pervasiva rete illecita (…) ponendo le premesse per il dispiegarsi della propria azione corruttiva” (Corte di Cassazione).
Cadendo l’accusa di associazione a delinquere, l’impressione è che (seppur in minima parte), Montante stia pagando anche per conto di tanti altri nei confronti dei quali la macchina della giustizia non ha quantomeno funzionato a dovere, compresi quelli che all’interno delle istituzioni hanno tratto vantaggi dal rapporto privilegiato con colui che per una decina di anni è stato uno degli uomini più potenti d’Italia. Nella relazione della commissione regionale di inchiesta – ARS VVII legislatura – presieduta da Claudio Fava si legge: “Una sorta di cerchio magico – chiuso, aggressivo e sinergico – che ha accompagnato il presidente di Confindustria Sicilia nella progressiva erosione di legittimità delle istituzioni regionali, accentrando su di sé i compiti di decidere, premiare o punire”. Eppure, come ha ricordato l’Associazione Antimafie Rita Atria: “Montante non era però l’apice: i vertici sono rimasti nell’ombra. È comunque accertato che abbia creato una rete che, con la complicità di apparati dello Stato:
• ricattava i soggetti imprenditoriali sgraditi,
• confezionava dossier su figure istituzionali o imprenditori,
• li eliminava dal mercato politico ed economico.”
Una vicenda, quella del Montante, che ha toccato anche il mio territorio, l’Astigiano: è attualmente imputato per bancarotta fraudolenta per il fallimento della Msa, la fabbrica di ammortizzatori di Asti di sua proprietà, fallita nel gennaio 2020.
Ma, sulla vicenda Montante – tra le più opache degli ultimi anni della storia politico-giudiziaria del nostro Paese – tra corruzioni, dossieraggi, presunti ricatti e favoritismi all’interno delle istituzioni; la politica e soprattutto l’informazione avrebbero dovuto mantenere i fari puntati. Invece, a tale vicenda, è sempre stato dedicato poco spazio (salvo rare, lodevoli e coraggiose eccezioni), sia negli organi d’informazione che nel dibattito politico.
Mi chiedo: non è che tale silenzio – forse – caduta la testa di Montante, serviva comunque a salvaguardare il presunto sistema, il presunto cerchio magico di potere? Chissà se nell’Italia dei segreti lo scopriremo mai.