
"Si sedeva in pubblico e consentiva a chiunque di sfidarlo" dice la premier di Kirk. In patria lei sceglie la via opposta
di Paolo Gallo
“Si sedeva in pubblico e consentiva a chiunque di sfidarlo in un dibattito su qualsiasi tema”. Così la Presidente Meloni, alla festa nazionale dell’UDC, ha voluto ricordare Charlie Kirk, ucciso brutalmente a sangue freddo da un americano, repubblicano, bianco, eterosessuale, sottolineandone la disponibilità al confronto e la capacità di accettare lo sguardo e le domande di chiunque.
Eppure, proprio quelle parole, oggi, sembrano rivolgersi a Meloni come un contrappunto amaro. Perché ciò che la Premier riconosce come virtù a un ‘leader’ straniero è esattamente ciò che lei stessa nega quotidianamente alla stampa italiana e, attraverso di essa, ai cittadini.
Il coraggio, per chi governa, non consiste nell’affidarsi a monologhi registrati o in interviste compiacenti. Non si misura con i post sui social o con le dichiarazioni lette davanti a telecamere silenziose. Il coraggio, in democrazia, è accettare domande non filtrate, reggere il peso di critiche legittime, confrontarsi con l’imprevisto. È lì che si distingue la statura di un leader.
La Presidente, invece, da questo confronto fugge. Le conferenze stampa sono rare, le domande spesso limitate e rigidamente controllate. La stampa italiana viene tenuta a distanza, (a meno di qualche fedelissimo) quasi fosse un fastidio da gestire e non un diritto da garantire. Così facendo non priva i giornalisti di un’occasione: priva i cittadini della trasparenza che spetta loro.
Ogni domanda rivolta da un cronista non appartiene a una redazione o a un singolo giornale: appartiene all’intera comunità democratica. Evitarla significa sottrarre un pezzo di verità pubblica, lasciare un vuoto dove dovrebbe esserci chiarezza.
Il paradosso è evidente: ammira chi accettava il confronto aperto, ma in patria sceglie la via opposta. Esalta il dibattito come prova di forza, ma preferisce sottrarsi. Proclama coerenza e determinazione, ma non accetta la fatica del contraddittorio.
In una democrazia, però, non basta governare: bisogna anche rendere conto. E questo non è un favore concesso, ma un dovere imprescindibile. Non confrontarsi con la stampa significa impoverire il dibattito pubblico, trasformare il dialogo politico in monologo, ridurre la vita democratica a un flusso di slogan senza verifica.
Se davvero si crede nella forza delle proprie idee, Presidente, si abbia il coraggio di fare ciò che Lei stessa ha celebrato: si sieda in pubblico, permetta alle domande di arrivare senza filtri, accetti il contraddittorio come regola e non come eccezione. Non sarebbe un atto di debolezza, ma di rispetto. Non un favore ai giornalisti, ma un dovere verso gli italiani.
Fino a quando questo non accadrà, resterà un’immagine difficile da ignorare: quella di una premier che parla di coraggio, ma dal coraggio del confronto continua a fuggire.