
Con la motivazione della lotta alla pedopornografia on line, il Vecchio Continente vuole costruire una casa di vetro al contrario: le comunicazioni private sotto la lente, ai potenti il privilegio della riservatezza
Nell’Europa alla rovescia, le élite comunicano in chat per decidere nell’ombra, al riparo da ogni sguardo, negando la trasparenza ai cittadini. I comuni mortali invece potrebbero dire presto addio alla privacy: tutti i “messaggini” verrebbero scansionati da un algoritmo, grazie alla proposta di regolamento della Commissione europea ribattezzata Chat control. Con la motivazione della lotta alla pedopornografia on line, il Vecchio Continente vuole costruire una casa di vetro al contrario: le comunicazioni private sotto la lente, ai potenti il privilegio della riservatezza.
La proposta di Palazzo Berlaymont risale al 2022 ma si è arenata al Consiglio Ue, priva della maggioranza qualificata necessaria per l’approvazione. Dall’anno scorso, Chat control ha attraversato i semestri della presidenza belga, ungherese e polacca senza il disco verde. Ora la premier danese Mette Frederiksen (socialdemocratica) vuole imporre “alta priorità”: così recita il programma presentato il primo luglio. I governi dovranno esporre le loro valutazioni sul nuovo testo entro il 12 settembre, al prossimo incontro ufficiale. Ma la proposta di Copenaghen, nella sostanza, ricalca quella belga e ungherese: resta la scansione automatica dei messaggi. Il 14 ottobre dunque potrebbe arrivare il via libera del Consiglio. Poi si apriranno i triloghi, i negoziati informali con il Parlamento e la Commissione Ue.
Al Consiglio il pallino è in mano alla Germania. Nella riunione informale dell’11 luglio sono emerse le posizioni di 20 Stati su 27. Il sito tedesco Netzpolitik.org, specializzato sui temi digitali, ha pubblicato i verbali riservati. Chat control è sostenuta da Italia, Spagna e Ungheria. Anche la Francia ha dichiarato che “potrebbe sostanzialmente appoggiare la proposta”. Al momento, Belgio, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Slovenia, Lussemburgo e Romania risultano indecisi. Se Berlino approvasse, una maggioranza qualificata (55% degli Stati membri – 15 su 27 – e almeno il 65% della popolazione Ue) potrebbe approvare il regolamento.
In tal caso tutte le comunicazioni sui servizi di messaggistica istantanea – come Whatsapp, Signal, Telegram, Messenger, Instagram o X – saranno setacciati automaticamente da un algoritmo, a caccia di indizi su molestie e abusi contro i minori. Le attività sospette saranno inviate alle autorità di pubblica sicurezza. Ma il rischio è la “sorveglianza di massa”, ha ammonito il Parlamento europeo. L’Eurocamera ha approvato la sua posizione il 14 novembre 2023, ammorbidendo il regolamento di Palazzo Berlaymont: il controllo sui messaggi sarebbe solo su individui già sospettati e non sui contenuti criptati.
Da anni le forze dell’ordine, come l’Europol, chiedono di allargare le maglie della crittografia end-to-end per consentire di perseguire i criminali. Al riparo della privacy, lamentano le agenzie di sicurezza, si celano i delinquenti ma le piattaforme digitali non aiutano a identificarli. I fornitori di servizi replicano di non avere accesso ai contenuti degli utenti perché sono memorizzati solo sugli smartphone senza approdare sui server aziendali: è il tratto distintivo della crittografia end-to-end.
Colossi come Signal e Meta hanno minacciato di lasciare l’Europa se Chat control venisse approvato. Per le piattaforme, aprire un varco nella crittografia sarebbe inaccettabile per due ragioni: la privacy sarebbe azzerata e i criminali informatici potrebbero intrufolarsi più agevolmente. Il servizio legale del Consiglio dell’Unione Europea già nel 2023 ha dato loro ragione: il regolamento “imporrebbe il controllo generale e indiscriminato (…) e si applicherebbe indistintamente a tutte le persone che utilizzano quel servizio specifico, senza che tali persone si trovino, nemmeno indirettamente, in una situazione suscettibile di dare luogo a un’azione penale”. Una stroncatura rivelata dal Guardian a maggio 2023. Il servizio giuridico ha bocciato anche la nuova proposta danese. “Nulla di nuovo”, scrivono gli esperti, perché la scansione è di per sé “una violazione dei diritti umani e non dipende dalla tecnologia”. I giuristi citano una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo datata 13 febbraio 2024: secondo i giudici, “un indebolimento della crittografia end-to-end che colpirebbe tutti gli utenti” viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ma Ursula von der Leyen tira dritto: nell’agenda della nuova strategia di sicurezza interna, battezzata il 3 aprile Protect Eu, spicca l’indebolimento della crittografia per consentire l’accesso legale delle forze dell’ordine ai messaggi dei cittadini.
Anche l’Italia è al lavoro. Il 18 luglio, su Rai1, Matteo Piantedosi ha annunciato una nuova autorità pubblica “per vigilare sui servizi di messaggistica crittografata come WhatsApp, Signal e Telegram” . Il 26 maggio il capo della polizia Vittorio Pisani aveva lanciato il monito sui servizi digitali: “Non vi è un obbligo per questi provider di conservare dati sull’identità reale degli utenti o di fornire accesso alle comunicazioni criptate, nemmeno in casi di reati gravissimi”.