Salute

“Attenzione ai costumi in vendita a prezzi stracciati: rilasciano sostanze tossiche che penetrano nell’organismo, si rischiano infezioni e irritazioni intime”. L’allarme dei dermatologi

C’è un momento preciso, ogni estate, in cui compare ovunque la stessa scritta: “Costumi da bagno a 7,99 €“. Sui cartelloni dei centri commerciali, nei post sponsorizzati di Instagram, sulle vetrine luminose delle catene di abbigliamento low cost. E se parliamo di shopping online il prezzo può arrivare perfino a una manciata di euro: solo 4,99 € per un bikini completo. Chi non vorrebbe un costume nuovo, colorato, a meno del costo di un pranzo al fast food? Ma proprio come un pasto veloce e poco nutriente, anche quel bikini ha dietro un conto salato che non viene mostrato. Lo paga il pianeta. Lo paga il nostro corpo. E lo pagano, soprattutto, lavoratori e lavoratrici invisibili sparsi ai margini della filiera produttiva globale.

Il costo umano è l’altra faccia della medaglia. Per produrre un bikini da pochi euro servono mani veloci e sottopagate, in condizioni che spesso sfuggono al controllo degli standard internazionali. La Campagna italiana Abiti Puliti presenta un’esposizione curata dalla ong olandese Schone Kleren Campagne, membro della Clean Clothes Campaign, che racconta le storie di sette giovani sarte di Indonesia e Bangladesh. Dai loro vissuti emerge il lato nascosto della moda: ogni capo attraversa circa 172 mani prima di arrivare nei negozi, un percorso lungo e invisibile che contrasta con i prezzi stracciati a cui viene venduto, spesso pochi euro per un bikini o una maglietta.

C’è poi il problema dello smaltimento. I costumi low cost, fatti per durare poco, con cuciture deboli e decorazioni che mal reggono l’uso in acqua, vengono spesso gettati dopo una sola stagione, alimentando un ciclo infinito di spreco. Tra i tanti costi nascosti di un costume super economico c’è anche quello relativo alla salute intima. I tessuti utilizzati per confezionare bikini a pochi euro sono spesso trattati con coloranti e fissanti a basso costo. Se, sciacquandoli, rilasciano colore già al primo lavaggio, significa che quelle sostanze chimiche si trasferiscono facilmente anche sulla pelle. A lungo andare possono causare irritazioni, infiammazioni e alterazioni del pH, soprattutto nelle zone più delicate, dove un costume bagnato e aderente crea un microclima ideale per funghi e batteri. Il rischio aumenta se nei tessuti sono presenti ftalati o altre sostanze residue capaci di penetrare nell’organismo.

Un bikini super economico non è quindi una buona scelta da nessun punto di vista: può mettere a rischio la salute, danneggia l’ambiente ed è il prodotto di una filiera tessile iniqua che sfrutta la manodopera. Ma non per questo bisogna rinunciare al piacere di un nuovo costume: si tratta piuttosto di cambiare approccio. Vale la pena orientarsi verso materiali naturali o riciclati, brand trasparenti, produzioni locali o artigianali. Un costume di buona qualità può durare molte estati, essere riparato o scambiato con un’amica se non piace più. Meglio ancora se realizzato in tessuti certificati Oeko-Tex o GOTS, che garantiscono l’assenza di sostanze tossiche a contatto con la pelle. Durante i saldi è possibile trovare ottime alternative tra i piccoli marchi etici e artigianali, che spesso lavorano in serie limitate e curano ogni dettaglio, dal tessuto all’etichetta. Non è solo una questione estetica, ma di filosofia: ritmi di produzione umani, valorizzazione del lavoro locale, rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Dietro ogni pezzo c’è una storia, un volto, una scelta consapevole.

Un’altra strada è l’autoproduzione. Sempre più persone si cuciono da sé costumi e intimo, riscoprendo pratiche sartoriali e un rapporto più consapevole con ciò che indossano. Su Instagram, TikTok e Pinterest spopolano tutorial, cartamodelli gratuiti e mini corsi di cucito: dai reggiseni imbottiti ai bikini in cotone biologico, fino a modelli cuciti a mano con tessuti certificati o recuperati. Il trend dei #MeMadeSwimwear o #DIYBikini non è solo un fenomeno creativo, ma un modo per sottrarsi alla logica dell’usa e getta e per valorizzare tempo, manualità e rispetto per il proprio corpo.
Cucire un costume, oggi, può significare scegliere lentezza, cura e autodeterminazione. Perché la libertà di mettersi in costume in spiaggia dovrebbe essere anche libertà di stare bene, senza irritazioni, fastidi o retroscena di sfruttamento.