
Lo schema di disegno di legge, approvato il 4 agosto in Consiglio dei ministri, prevede una stretta senza precedenti sui percorsi di affermazione di genere
Un registro nazionale dei minori transgender, il passaggio obbligato da un comitato etico, diagnosi e autorizzazioni centralizzate. È questo il cuore del disegno di legge per introdurre “disposizioni per l’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere”, approvato il 4 agosto dal governo Meloni e firmato dai ministri della Salute e della Famiglia Orazio Schillaci ed Eugenia Roccella: una stretta senza precedenti sui percorsi di affermazione di genere per i minori. Un provvedimento che non è ancora stato depositato in Parlamento ma che ha già fatto insorgere attivisti e associazioni che da anni si occupano di diritti di persone trans e che quindi conoscono bene quali sono le problematiche. Secondo queste realtà, il ddl somiglia più a una forma di controllo ideologico che a una reale tutela sanitaria.
Nella sostanza, la norma introduce un percorso più rigido: diagnosi obbligatoria da parte di una équipe multidisciplinare, documentazione dei percorsi psicologici e psichiatrici svolti, attesa di nuovi protocolli clinici del Ministero e, nel frattempo, via libera solo con l’assenso del Comitato etico nazionale pediatrico. Tutto ciò per poter somministrare bloccanti della pubertà e ormoni mascolinizzanti o femminilizzanti. In più, prevede un registro nazionale dell’Aifa, con prescrizione e dispensazione dei farmaci in farmacia ospedaliera. Un dossier ogni sei mesi al ministero della Salute, con informazioni cliniche, diagnosi, comorbilità e follow-up. Il tutto sotto la lente di un tavolo tecnico che ha il compito di valutare l’analisi semestrale dell’Aifa e, ogni tre anni, trasmettere una relazione al Parlamento.
Per le associazioni che si occupano di diritti di persone trans è un punto di non ritorno. Già il 17 maggio, durante la mobilitazione per la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia, lo denunciavano: la comunità trans è diventata bersaglio politico e culturale, colpita su ogni fronte. Christian Leonardo Cristalli, responsabile nazionale politiche trans di Arcigay, non usa mezzi termini: “Onestamente non vedo le ragioni di fare un registro nazionale. Non voglio parlare di schedature, perché si usa per altro, ma questo registro è una schedatura di fatto”. Cristalli denuncia un impianto che – più che tutelare – controlla e limita. “Non capisco il senso di questa lista. Potevano fare studi, raccolte dati anonime. Invece no: un comitato etico nazionale da convincere caso per caso. Un gatekeeping molto forte. E la cosa inquietante è che non si capisce nemmeno se questo varrà anche per i percorsi privati: si parla solo di dispensazione ospedaliera”.
“Quello che mi spaventa di più – continua – è che viene meno il concetto di fiducia tra medico e paziente. Si delegittima il consenso informato, si medicalizza e si patologizza una condizione che già oggi è accompagnata da una sofferenza sociale enorme. Se devi passare un comitato etico nazionale per avere un farmaco che può salvarti la salute mentale, non sei più libero. Sei schedato, monitorato, messo sotto osservazione. E intanto il tempo passa, il corpo cambia, e le conseguenze psicologiche possono essere devastanti: crisi d’ansia, depressione, disturbi alimentari, autolesionismo. Noi queste situazioni le vediamo ogni giorno”, spiega Cristalli. Il cuore della questione, secondo Cristalli, è ideologico: “Non si parla mai di benessere, ma solo di contenimento. Questo governo non vuole prendersi cura, vuole limitare. Sta togliendo la fase di sospensione, quella che serviva proprio per dare tempo, per aiutare le persone a capire se quel percorso è davvero il loro. Senza quella fase intermedia, tutto si trasforma in un ‘sì’ o un ‘no’ definitivo, senza sfumature. E poi c’è un giudizio implicito, un’idea per cui essere transgender sia qualcosa da evitare, un problema da gestire. Ma non è così. La nostra campagna si chiama ‘Chiedimi se sono felice’, e parte proprio da qui: nessuno sembra più interessato a capire se queste ragazze e questi ragazzi stiano bene. Il resto sono solo ostacoli”.
Sulla stessa linea Anna Maria Fisichella, vicepresidente di Agedo, associazione di genitori e amici di persone Lgbtqia+: “È una follia. È tutto ideologico. Vogliono svuotare di senso le tutele esistenti, facendo passare il messaggio che essere transgender sia qualcosa da contenere, evitare e silenziare”. Fisichella punta il dito soprattutto contro il registro Aifa. “Non è un registro sul farmaco, è una schedatura sulle persone. Parliamo di minorenni. E non solo prepuberi: anche diciassettenni pronti per la maggiore età, accomunati tutti in un unico calderone. Si patologizza, si impone la psichiatria. E si ignora completamente il vissuto delle persone”. E ancora: “Tutti i passaggi burocratici rendono impossibile avere accesso ai trattamenti nei tempi giusti. Non è un dettaglio. Se non dai un bloccante quando serve, non serve più. È lo stesso modello dell’obiezione di coscienza sull’aborto: non ti vietano, ma rendono impossibile ottenere. Così si nega un diritto”.
Il provvedimento affonda le sue radici a fine 2024, quando Maurizio Gasparri di Forza Italia presenta un’interrogazione sull’uso della triptorelina all’ospedale Careggi di Firenze. Parte un’ispezione, poi un tavolo tecnico, infine la richiesta del Comitato nazionale per la Bioetica: “Serve un registro”. Nasce così il ddl, ufficialmente “per monitorare i dati e tutelare la salute dei minori”. Ma per Fisichella, “di tutela non c’è niente. Solo ostacoli, silenzi, esclusione. Le associazioni non sono state coinvolte, non c’è stato confronto. Parlano di etica, ma cos’è etico in tutto questo? Etico è ascoltare i bisogni. Etico è dare accesso ai trattamenti in modo consapevole. Etico è non mettere ostacoli ideologici alla salute mentale e fisica delle persone”.
Il rischio, secondo Fisichella, è quello di un arretramento culturale senza precedenti. “Stanno mettendo ostacoli ovunque: alla carriera alias, ai percorsi scolastici, alle diagnosi, alla possibilità di fare sport o usare il bagno giusto. Se sei un minore, se vuoi iniziare un percorso di affermazione sociale, oggi ti viene impedito. E se non inizi da piccolo, quando arrivi a 18 anni è troppo tardi. Questa legge è un modo per prendere tempo, per guadagnare anni, per spingere le persone a rinunciare. Ma le persone trans non si nasconderanno più. E devono fare i conti con questo”. Le associazioni annunciano battaglia. “Ci aspetta un autunno intenso. Stanno colpendo tutti gli aspetti: i bloccanti, la carriera alias e l’educazione affettiva. C’è un filo rosso in tutto questo: limitare diritti, chiudere spazi, silenziare identità. Nessuna urgenza, solo un’agenda politica. Ma noi non staremo zitti” conclude Fisichella.