Giustizia

Caso Equalize, respinta la richiesta di arresti domiciliari per Pazzali

Gravità indiziaria riconosciuta anche dai giudici del Riesame, senza esigenza di misura cautelare

Il Tribunale del Riesame di Milano, nel caso Equalize, decidendo sui ricorsi della Procura, ha disposto gli arresti domiciliari solo per l’immobiliarista romano Lorenzo Sbraccia, già ai domiciliari in un altro filone dell’inchiesta. Respinte, invece, le altre richieste, tra cui quella per Enrico Pazzali. I giudici hanno, comunque, riconosciuto il “grave quadro indiziario” prospettato dai pm per tutti gli indagati, tra cui lo stesso Pazzali. Non necessarie, però, le misure cautelari.

I giudici hanno “ravvisato la sussistenza di un grave quadro indiziario” – Il Riesame, si legge in una nota firmata dal presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, “ha depositato in data 30 luglio 2025 tutte le 12 ordinanze relative agli appelli presentati dal Pubblico Ministro nella vicenda giudiziaria connessa alla società Equalize”. In precedenza, “erano state depositate altre 4 ordinanze con declaratoria di inammissibilità”.

I giudici, si legge ancora, “hanno ravvisato la sussistenza di un grave quadro indiziario in relazione alla prospettazione accusatoria per tutti gli indagati”. Soltanto relativamente alla posizione di Sbraccia, “in stato di detenzione per altra causa”, sono state ravvisate “anche esigenze di tipo cautelare con conseguente adozione della misura degli arresti domiciliari che ovviamente risulta sospesa dovendosi attendere l’eventuale giudizio di legittimità”. Ovvero Sbraccia potrà fare ricorso in Cassazione e nel frattempo la decisione dei giudici resta sospesa.

“Tutte le ordinanze sono già state comunicate in mattinata alle parti”, si legge ancora. Proprio ieri, nel frattempo, è stato chiuso il primo filone della maxi inchiesta, condotta dal Ros dei carabinieri e coordinata dal pm Francesco De Tommasi della Procura diretta da Marcello Viola e dai colleghi della Dna Antonello Ardituro e Barbara Sargenti, dopo i quattro arresti e le due misure interdittive del 25 ottobre. Erano stati arrestati, tra gli altri, Nunzio Samuele Calamucci, esperto informatico del gruppo, e l’ex superpoliziotto Carmine Gallo, morto lo scorso marzo.

Per i pm, al “vertice” dell’associazione per delinquere per i presunti spionaggi, con accessi abusivi alle banche dati ai danni di centinaia di persone, anche vip e personaggi noti, e dossieraggi illegali ci sarebbe stato Pazzali. Gravità indiziaria riconosciuta anche dai giudici del Riesame, senza esigenza di misura cautelare. Per cinque anni, tra il 2019 e il 2024, il gruppo delle presunte cyber-spie di Equalize avrebbe agito “per finalità di profitto“, vendendo “informazioni illecitamente acquisite, oppure a scopo estorsivo e ricattatorio, per condizionare e influenzare” settori “della politica e dell’imprenditoria”.

“Pazzali chiese report anche per conto della politica” – Enrico Pazzali, scrive ancora il Tribunale del Riesame, “era solerte richiedente” di “report reputazionali (non quelli leciti pubblicizzati sul sito di Equalize, ma quelli redatti e predisposti con informazioni tratte da banche dati riservate) il più delle volte (quando non domandati in nome e per conto di influenti personalità politiche o appartenenti alle istituzioni) per ‘gestire’ antagonismi professionali o per acquisire conoscenze su soggetti interessati da vicende pubbliche che potessero tornare utili a lui o ai suoi sponsor”. I giudici scrivono quindi che, sulla base del quadro ricostruito dalla Dda milanese e dalla Dna, “non pare dubitabile la partecipazione di Pazzali” all’associazione “per delinquere: il manager pubblico di successo, che rivestiva incarichi importanti, ambiva a mantenerli e a sponsorizzare la sua professionalità in direzioni più prestigiose, coglieva immediatamente le potenzialità del gruppo e le sfruttava a proprio vantaggio”.

E Pazzali, scrivono i giudici Savoia-Ambrosino-Nosenzo, “non era solo questo” in Equalize, “perché egli, al di là del pure rilevante dato formale dell’essere di fatto il proprietario”, ne seguiva, “per quanto privo di mansioni specificatamente operative (ciò che spiega perché Cornelli, Abbadessa e Camponovo ne abbiano descritto la figura in termini di prestigiosa rappresentanza), attraverso la relazione privilegiata con Gallo“, l’ex superpoliziotto, “tutte le attività: dalla gestione della clientela e dei servizi alla stessa resi (come già visto nella vicenda Erg ma che avveniva sistematicamente secondo le risultanze investigative) al lancio di Beyond”, piattaforma di aggregazione dati. E ancora “dalla ristrutturazione del gruppo con il progetto di internalizzazione degli informatici significativamente emergente in rapporto ai profili illeciti dei servizi resi da Equalize alla programmazione dell’attività in funzione dell’ottimizzazione dei profitti”. La difesa di Pazzali, con l’avvocato Federico Cecconi, che si era opposta alla richiesta d’arresto nell’udienza del marzo scorso, ha sempre ribadito che Pazzali era tenuto “all’oscuro” da Gallo e Calamucci delle attività illecite e che mai chiese report illegali, men che meno su figure politiche e istituzionali.

“Pazzali non ha abilità tecniche per proseguire illeciti” – Il Riesame di Milano, condividendo la linea del gip Fabrizio Filice che disse no all’arresto, ritiene che non sia necessaria la misura cautelare dei domiciliari per Enrico Pazzali, nel caso Equalize, perché, sebbene fosse assieme all’ex superpoliziotto Carmine Gallo (morto a marzo) la “mente illecita” dell’associazione per delinquere, “non possiede alcuna competenza informatica o investigativa“, pur essendo in grado “di incrementare i profitti derivanti dall’attività da altri svolta”. Da qui la mancanza del pericolo di reiterazione del reato, così come non ci sono quelli di inquinamento probatorio e fuga. Ad ogni modo, i giudici lo qualificano come un “uomo scaltro” che ha spinto al massimo “una realtà illecita” e che “conosce politici, imprenditori, appartenenti alle Forze dell’ordine” e che ha intrecciato “questa sua rete di conoscenze con le attività delittuose” del gruppo delle presunte cyber-spie.

Dalle carte e dalle intercettazioni erano venuti fuori anche altri possibili obiettivi dei presunti spionaggi, come Matteo Renzi, Matteo Salvini, Daniela Santanchè e soprattutto Ignazio La Russa e figli, ma non ci sono imputazioni in merito nella chiusura indagini di ieri. Pazzali si era difeso spiegando che quelle erano solo ricerche dimostrative, per “verificare” il “funzionamento e l’efficienza del software”, la piattaforma Beyond, un aggregatore di dati.