Politica

Schlein “al fianco di Sala”: “L’inchiesta non lascia indifferenti”. Il Pd vede il sindaco e chiede “cambiamenti concreti”. Tancredi si dimetterà

La segretaria ribadisce il sostegno al primo cittadino indagato per le "grandi sfide della città". Ma cita transizione ambientale e inclusione sociale. La Russa sfida la giunta: "Dimostrino di avere la maggioranza sull'urbanistica, fondamentale per Milano"

Alla fine, dopo 48 ore di sisma giudiziario che ha sbatacchiato la giunta di Milano sulle questioni urbanistiche, anche la segretaria del Pd Elly Schlein mette il suo pensiero nero su bianco. Lo fa per ribadire tutto ciò che il Pd ha detto, a spizzichi e bocconi, ha detto in questi due giorni: si resta al fianco del sindaco Beppe Sala, sostegno al lavoro che farà per i prossimi due anni per affrontare – sottolinea in una nota – “le grandi sfide che ha di fronte la città, dall’abitare alla transizione ambientale che va tenuta sempre insieme all’inclusione sociale e all’accessibilità“. Abitare, transizione ambientale, inclusione sociale, accessibilità: non proprio le stelle polari dei progetti urbanistici al centro delle inchieste della Procura di Milano e che dalla giunta di Milano sono state indicate come fondamentali per la trasformazione della città. “Anche per noi è importante capire bene i contorni precisi di questa vicenda. Abbiamo fiducia nel lavoro della magistratura, che dovrà accertare se ci sono state delle responsabilità penali individuali. Noi seguiremo con attenzione gli sviluppi”. Giovedì Schlein aveva fatto sapere di aver telefonato a Sala per esprimergli “solidarietà e vicinanza”. Ma “le notizie sull’indagine di Milano non ci lasciano indifferenti e chiedono attenzione”, spiega. Il primo a cadere potrebbe essere l’assessore alla “Rigenerazione urbana” Giancarlo Tancredi, per il quale la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari e che mercoledì è atteso davanti al gip per l’interrogatorio preventivo. La decisione sulle sue dimissioni sembra ad ogni modo imminente, su pressing della dirigenza del Pd. Sarà poi Sala – col fardello non indifferente di essere pure lui indagato – a spiegare nell’aula del consiglio comunale le prossime mosse dell’amministrazione.

Ci sarà da capire se quelle parole di Schlein – che nel giro di poche parole tiene insieme il sostegno a Sala a concetti come inclusione sociale e transizione ecologica – siano solo una verniciata per non incrinare il quadro già fragile nel campo delle opposizioni o se daranno concretezza a una “svolta” richiesta ieri per esempio dal capogruppo democratico in Regione Lombardia Pierfrancesco Majorino (che nella segreteria nazionale del partito ha proprio la delega alla Casa) ma che viene ribadita oggi in un incontro faccia a faccia tra lo stesso sindaco e una delegazione democratica formata da dirigenti lombardi e in particolare milanesi. Tra loro il segretario cittadino Alessandro Capelli, che è espressione della maggioranza interna al partito che sostiene la segretaria. E’ il secondo confronto tra i dirigenti democratici e Sala. E oltre all’argomento dimissioni dell’assessore Tancredi, si è parlato anche del percorso da qui a ottobre 2026, quando scadrà il mandato di Sala, il secondo e ultimo. “E’ stato un incontro positivo – è il commento di Capelli ovattato dal linguaggio poltiico – Noi abbiamo espresso al sindaco la necessità di cambiamenti concreti, e siamo rimasti d’accordo che ci rivedremo nel fine settimana”. Sala ha visto anche i consiglieri dei Verdi, Tommaso Gorini e Francesca Cucchiara, da tempo critici su alcuni progetti urbanistici portati avanti dalla giunta. I passi dei dem sono accompagnati almeno per il momento da un silenzio degli alleati del centrosinistra.

Dall’altra parte il quadro nel centrodestra appare un po’ caotico. Gli eletti locali di Fratelli d’Italia e Lega chiedono le dimissioni del sindaco, un consigliere di Fdi a Palazzo Marino – per non lasciare niente all’incertezza – pubblica sui social una foto creata dall’intelligenza artificiale che ritrae Sala seduto su una poltrona con la tuta da carcerato, a strisce bianche e nere, e la palla al piede. Ma i dirigenti nazionali sono più cauti. Il presidente del Senato Ignazio La Russa – essendo l’Aula di Palazzo Madama chiusa fino a martedì – si dedica generosamente all’argomento per il secondo giorno di fila rilanciando un concetto che aveva espresso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Io non chiedo le dimissioni per l’azione giudiziaria” ma “la giunta Sala dimostri di avere la maggioranza sull’urbanistica. Se non ha la maggioranza su una linea che per Milano è fondamentale, tragga le conseguenze“. Insomma, La Russa suggerisce che la giunta possa non essere più in grado di portare avanti la linea di “sviluppo” incontrollato di cui, peraltro, il centrodestra è il primo sponsor: “Una maggioranza che non è tale su temi come l’urbanistica a Milano non ha motivo d’esistere“.

Situazione simile nella Lega. “Per noi la richiesta di dimissioni del sindaco è unicamente orientata all’impossibilità di far ripartire la città se non ridando la parola ai cittadini – spiega il segretario cittadino Samuele Piscina -. Essere garantisti non significa chiudere gli occhi e fare finta di non essere in un tornado che sta travolgendo la città”. Non la pensa così il presidente di Regione Attilio Fontana che stigmatizza tra l’altro il fatto che la notizia dell’iscrizione di Sala nel registro degli indagati sia stata data in anteprima dai giornali: “Anch’io sono stato indagato e ho scoperto dai giornali certe cose che riguardavano la mia vicenda che io non sapevo, e che sono dovuto andare a ricostruire, non è sicuramente qualcosa di molto corretto. Avrei dovuto forse prima sapere io le cose, poi potermi difendere e a quel punto la gente poteva sapere l’accusa”, dice a Radio anch’io su Radio 1. Giovedì Fontana aveva a sua volta “protetto” Sala dalle richieste di dimissioni: “Io sono garantista ma non lo sono a giorni alterni, lo sono per tutte le persone che incorrono in questioni di questo genere. Quello che valeva per me deve valere per gli altri. Io sono stato indagato e poi archiviato, ma se facessimo questo ragionamento avrei dovuto dimettermi il giorno dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia”.