
Le prove indicano che l’interruttore dei carburanti è stato attivato volontariamente, ma le indagini continuano tra opposizioni e richieste di coinvolgimento dei piloti. La discussione sulla possibilità di installare videocamere nelle cabine di pilotaggio riapre il dibattito sulla sicurezza e la privacy.
Atto deliberato o tragedia accidentale? È questo il dibattito sulle cause dell’incidente del Boeing 787 precipitato in India lo scorso 12 giugno. Uno scontro che contrappone Nuova Delhi al mondo occidentale. Le indagini proseguono sui due fronti, accertamenti tecnici da un lato e indagini sul privato dei piloti dall’altro. Il governo e i media indiani cercano di allontanare l’ipotesi di un gesto volontario, eppure, rivela il Corriere della Sera, chi è al lavoro ha idee precise: “La dinamica è chiara, lo confermano le scatole nere, lo schianto non è stato causato dall’aereo o dai propulsori”. Alla base dell’incidente l’interruzione dell’afflusso di carburante ai motori, governata da una levetta che è passata dalla posizione “Run” (avvio) a quella “Cut off” (interruzione).
Nelle scorse settimane un team investigativo occidentale, composto da americani ed europei, ha testato la possibilità di un movimento autonomo degli interruttori. Un tocco involontario, un oggetto fuori posto che scivola, un errore qualsiasi. Ma tutte le prove effettuate hanno dato esito negativo, racconta ancora il Corriere. “Ogni levetta richiede un’attivazione manuale e fisica da parte dei piloti. […] Non può muoversi autonomamente. È statisticamente improbabile che entrambe si siano spostate in sequenza senza un’azione deliberata”. Pochi giorni fa era arrivato il rapporto preliminare sullo schianto che è costato la vita a 260 persone, ma adesso il “Il rischio è che il rapporto finale non venga mai reso pubblico”, prosegue la dichiarazione al quotidiano milanese. Intanto continuano le analisi sulla cartella clinica del comandante Sumeet Sabharwal, che come si era appreso nei giorni scorsi soffriva di depressione ed era prossimo al pensionamento.
Resta dura la reazione della Airline Pilots’ Association of India (ALPA India), il sindacato dei piloti di linea indiano, che medita di fare ricorso per ottenere l’ingresso di alcuni suoi rappresentanti nel team investigativo. L’incidente del Boeing ha riaperto il dibattito anche su un altro punto, la possibilità di inserire videoregistrazioni nelle cabine di pilotaggio. Già nel 1989, dopo l’incidente di Kansas City, la National Transportation Safety Board (NTSB), l’agenzia americana che si occupa della sicurezza dei viaggiatori, aveva ventilato la proposta. Si tratterebbe di un elemento in più, capace di dare completezza alle registrazioni vocali già salvate nella scatola nera. In oltre 25 anni però non si è mai arrivati a una soluzione che bilanciasse l’utilità delle videocamere col rispetto della privacy dei piloti, e la proposta è sempre rimasta inascoltata.