Tennis

Sinner è il tennista più forte? No, io dico Alcaraz. Un patriota? Dai, non scherziamo

È italiano? Formalmente sì, perché ha la cittadinanza. Sostanzialmente no; perché parla, pensa e sogna in tedesco

di Eugenio Lanza

Stavolta ha vinto lui. Gianni il Peccatore lo avremmo chiamato, se ci fossimo trovati in tardo medioevo. E invece no. Oggi è per tutti Jannik Sinner. Ha trionfato a Wimbledon, edizione 2025, rompendo il biennale dominio di Carlos Alcaraz, proprio in finale contro di lui.

Beh, che dire della partita? Il murciano si è incaponito con drop shot a volte eseguiti male e a volte inefficaci, e ha cercato di vincere il match giocando sul terreno dell’avversario. Cioè la solidità in battuta. Scelta esiziale. E allora l’altoatesino se lo è mangiato, con un punteggio e in generale una tenzone piuttosto noiosa: 4/6 6/4 6/4 6/4. Quasi senza sudare.

E allora mi viene un dubbio, di quelli che a noi guardoni e grafomani maliziosi non mancano mai: e se al braccio non avesse mai avuto un problema serio? Mmh. In tal caso, Jannik prenda questa illazione come un complimento: la pretattica fa parte dello sport. Bravo lui a creare un po’ di caos, dopo lo schiaffone indolore ricevuto dal povero Dimitrov, a cui auguriamo una prontissima guarigione; sia in quanto essere umano, sia perché uno degli ultimi grandi rovesci monomani e slicer compulsivi del circuito. Detto ciò, di Carlos ho parlato poche settimane fa, quindi ora è il momento di parlare di Sinner. Telegraficamente.

È il tennista più continuo? Sì. Parla il ranking. È il più forte? No. Quello è Alcaraz.

È italiano? Formalmente sì, perché ha la cittadinanza. Sostanzialmente no; perché parla, pensa e sogna in tedesco. È la lingua che fa l’etnia, nient’altro. Beh, a parte il credo religioso naturalmente, ma quello sarebbe stato lo stesso anche al di là delle Alpi Carniche. Di certo nel 21mo Secolo non penso nemmeno che i tratti somatici possano determinare la nazionalità di una persona. Che me ne faccio io del fenotipo di un mister ics? Cosa posso dedurne? Mica sono Lombroso o Paolo Sizzi. L’etnia è un costrutto sociale, e a volte la verità è controintuitiva. Balotelli è italiano quanto me, il buon Jannik no. Stateci.

Poi c’è il discorso ipocrisia da portafoglio. Tasse irrisorie pagate a Montecarlo, dove ha piazzato una strategica residenza, ma questo non gli impedisce di sfoggiare la bandiera italiana dopo certi trionfi. Ma a me piace la sostanza, son sincero. Chi ama il proprio Paese contribuisce a combatterne la sperequazione interna, punto. In poche parole: tedescofono e contribuente monegasco. Quindi, come si direbbe qui a Roma: ma italiano de che?

Capitolo Clostebol. Ha avuto problemi di doping? Assolutamente no. Lo ripeto per maggior chiarezza: no, no e no. E qui sono serio (una volta ogni tanto). Accusarlo di questo sarebbe vile e diffamatorio. A volte la giustizia, anche quella sportiva, può essere severa. E poi se ne esce con sentenze un po’ originali (cit.), pavide e cerchiobottiste. Ma la realtà è che è sempre stato pulito fino al midollo. Ve lo ripeto: mi piace la sostanza. Il Clostebol ce l’ha nel cervello chi gli rompe le scatole per questa storia, a distanza di mesi.

Chiudiamo con una rapida disamina dell’idolatria personale costruita intorno al garzone. È un bravo ragazzo? Non lo conosco di persona, ma mi sembra proprio di sì. Sempre corretto in campo e fuori, ben educato e rispettoso di avversari, pubblico e giornalisti. Non è da tutti: il tennis è lo sport narciso ed isterico per eccellenza (e anche per questo divertente). Un plauso.

Però c’è da osservare da vicino una sua caratteristica curiosa. Jannik rifugge social network ed esultanze smodate perché teme l’effetto boomerang, che forse non saprebbe gestire. Ma accetta la sovraesposizione mediatica di tipo televisivo, perché rende molti sesterzi. E non distrae quanto questi cribbio di telefonini, da cui non ci riusciamo a staccare. Insomma: un tipo sveglio, gentile e fortissimo. Questo assolutamente sì. Un patriota e un esempio per i giovani? Dai, non scherziamo. Lo sapete che la retorica mi dà la gastrite. Ed è quasi ora di cena.

Poi oh, ognuno la pensi come vuole. Ci si rivede a Flushing Meadows.
Pace e viva il tennis.

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