Lavoro

Rider al lavoro nonostante il caldo estremo, gli esiti dei controlli degli ispettori del lavoro

Verifiche anche sul "bonus" proposto da Glovo per pedalare e consegnare cibo anche con 40 gradi

Nonostante il caldo estremo dei giorni scorsi ed i rischi connessi, sono molti i rider rimasti al lavoro nel settore della consegna di cibi a domicilio. Sebbene molti se ne siano accorti di persona, ora c’è l’ufficialità degli esiti dei controlli straordinari effettuati da Ispettorato Nazionale del Lavoro e Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, in relazione al rispetto della relativa normativa.

L’attività ispettiva si è svolta lo scorso 4 luglio, anche a seguito della sottoscrizione tra le parti sociali del “Protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legati alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro”. Nelle città di Milano, Bologna, Firenze e Roma, dove si sono registrate temperature tra i 34 e i 38 gradi, sono state effettuate verifiche nei confronti di 105 rider, appartenenti a diversi operatori del settore.

“Tutti i lavoratori sono stati trovati in una situazione di potenziale esposizione” al rischio calore, “motivo per il quale sono in corso accertamenti per verificare le misure di prevenzione e protezione adottate dai datori di lavoro per mitigare tale rischio, conformemente a quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008, dalle ordinanze regionali o comunali”, si legge in una nota congiunta dell’Arma e dell’Ispettorato.

Gli accertamenti hanno riguardato anche il “bonus” proposto da Glovo ai rider determinato in percentuale per la prestazione resa in base alle temperature registrate nelle città (il 2% per temperature tra i 32 e i 36 gradi, il 4% tra i 36 e i 40 gradi e l’8% per temperature superiori ai 40 gradi), poi sospeso dalle stessa società.

In particolare, è stato accertato che ben 62 dei fattorini, sottoposti a controllo, sui propri device, avevano l’email con la quale si comunicava l’iniziativa aziendale di concedere gli incentivi ma non quella della sospensione degli stessi. Sono stati, infine, accertati due casi di cessioni di “account”, circostanza che configurerebbe l’ipotesi di caporalato digitale, per la quale sono necessari ulteriori approfondimenti. La forma di sfruttamento lavorativo consiste nella cessione degli account delle piattaforme di consegna: un “caporale” registra un account (spesso con documenti falsi) e lo cede a un altro lavoratore, trattenendo una parte significativa del guadagno.