
Meloni adotta un giochino al quale è a mio avviso sbagliato rispondere con l'indignazione e le levate di scudi...
di Gianmario Capponi
Sono passati circa quarant’anni dalla mia prima volta in un corso di comunicazione. Fu un corso abbastanza breve, una settimana in primavera, durante la quale si apprendevano le tecniche al tempo ritenute più efficaci per comunicare, comunicazione sia verbale che non verbale, e un follow up di un paio di giorni, nell’autunno successivo. Alla fine del corso primaverile ognuno dei partecipanti fu invitato a preparare un breve monologo su un argomento a piacere, applicando le tecniche apprese.
Affrontai quella prova in modo polemico e provocatorio, convinto com’ero che le tecniche di comunicazione servissero a fregare il prossimo, e anziché parlare serenamente di hobbies e vacanze parlai per tre minuti dei bambini africani che, anziché dedicarsi ai giochi e ai passatempo degli adolescenti, impugnavano e usavano armi vere, bambini ai quali veniva rubato uno dei periodi più belli della propria vita. Mi sentivo le orecchie calde, la voce aggressiva e persino mi vantai di dire quello che volevo fregandomene delle tecniche apprese: “Non si dovrebbe mai parlare con una mano in tasca? Beh, io lo faccio”.
Alla fine del mio monologo ricordo di aver visto diversi miei compagni di corso con gli occhi lucidi e pensai di aver vinto la mia battaglia contro le strategie del marketing. Non potrò mai dimenticare la delusione che provai tre mesi dopo, quando ci ritrovammo per il follow up.
Iniziammo il corso autunnale rispondendo a due semplici domande: chi in primavera ci aveva colpito di più con la sua esposizione e qual era l’argomento di quella esposizione. Tutti i partecipanti ricordavano di essere stati molto colpiti dal mio intervento ma nessuno (nessuno!!!) ne ricordava l’argomento. Solo una ragazza riuscì a dire che le sembrava di ricordare vagamente che si parlasse di bambini.
Questo lontano ricordo mi torna in mente tutte le volte che vedo qualcuno che usa una comunicazione costruita per esternare emotivamente ciò che sente ma che a me sembra assolutamente inadatta a chi ascolta. Penso, per esempio, all’ex presidente Conte, che si è guadagnato la fiducia di tanti cittadini in un momento delicatissimo della nostra vita, durante la pandemia, parlando con calma e trasmettendo così serenità e fiducia mentre adesso ce lo ritroviamo con le carotidi gonfie che urla “GIORGIA MELONI”. Presidente, non è questo il Conte che era in testa alle preferenze degli elettori ancora due anni dopo che era stato sfrattato da Palazzo Chigi.
Penso a Landini, un altro urlatore seriale: Maurizio, non c’è famiglia italiana che non abbia un figlio o un nipote precario, o emigrato, o a cui non hanno concesso un mutuo… non c’è da urlare, c’è da stimolare con tranquillità genitori e nonni: non ve lo devo dire io cosa fare nei giorni 8 e 9 giugno, chiedetelo ai vostri figli e nipoti.
Infine, Meloni. A Cutro ha imparato che non può permettersi l’impreparazione e lavora molto sulle armi di distrazione di massa: una polemica in arrivo? e io tiro fuori il 25 aprile, o Ventotene, o i referendum. E’ un giochino al quale è a mio avviso sbagliato rispondere con l’indignazione e le levate di scudi.
Dal punto di vista della comunicazione, ricordo un’accoppiata micidiale in azione alla fine degli anni 80, sul palcoscenico del Teatro Parioli: il mito Maurizio Costanzo e la sua spalla più performante, Vittorio Sgarbi. Il primo, la tecnica: tono di voce sempre modificato, lo sgabello spostato qua e là per avere l’attenzione di tutti, l’ironia e l’autoironia; il secondo, la passione irruenta, che si manifesta augurando la morte ad un critico d’arte, insultando il pubblico e con l’uso del politicamente scorretto. Un grande spettacolo, sempre. Beh, quasi sempre.
Una sera, seduto accanto a Sgarbi, c’era Lello Arena. Prima provocazione di Sgarbi, Lello lo smonta con una battuta; poco dopo, nuova provocazione del critico, Lello lo massacra sfottendolo con un’altra battuta. Tutto il teatro ride, Sgarbi in silenzio per tutta la sera. Meloni? Una risata potrebbe seppellirla.