
Il racconto del patron di quella squadra capace prima di tornare in Serie A e poi di vincere la Coppa Italia: "Io ci credevo, scommisi anche una cifra con Guidolin. Quanto? Non glielo dico!"
Murgita, Murgita e ancora Murgita per il 4 a 1 contro il Perugia alla terz’ultima in casa. E Murgita ancora ad aprire le danze una settimana dopo a Verona contro il Chievo: un’altra vittoria per 4 a 1 che consegnerà la Serie A al Vicenza dopo sedici anni. “Cosa mi evoca il ricordo di quei giorni? Il tutto, semplicemente il tutto”. A dirlo è Pieraldo Dalle Carbonare, il presidente di quel Vicenza, che aveva rilevato la squadra nel 1989.
Quattro anni per arrivare in B, poi una buona stagione con Ulivieri alla guida che vale un decimo posto: “Io l’avrei confermato, ma lui non accettò il rinnovo: sapeva che avevo le casse vuote dopo quattro anni di Serie C e mi disse ‘Presidente, lei non ha la disponibilità per cambiare la squadra, perciò deve cambiare allenatore‘. E aveva ragione: non c’era l’ossessione per andare in A, l’obiettivo era consolidare e dar fiato alle mie casse con qualche anno in B, perché all’epoca la B lo consentiva, e poi puntare alla massima serie”. E allora decide di puntare su un emergente: “Guidolin lo stimavo tantissimo, innanzitutto perché mi aveva battuto con tutte le squadre che aveva allenato, dal Fano al Ravenna, poi perché mi piaceva il suo gioco. Dissi al mio direttore, Gasparin, di prenderlo per il dopo Ulivieri e ho fatto bene: eravamo in perfetta sintonia e l’ho sempre lasciato lavorare, non mi sono mai intromesso. Lui dava indicazioni e noi intervenivamo”.
Viene fuori una squadra tosta, non travolgente nelle prime battute in campionato, sebbene Dalle Carbonare ci credesse fin da subito: “Fin dal ritiro, tant’è che scommisi anche una cifra con Guidolin. Quanto? Non glielo dico! Ma quei ragazzi (Lopez, Di Carlo, Sartor, Murgita, Rossi, Viviani e gli altri) avevano fame: di vittorie e di soldi, che non guasta. E comunque con Guidolin scommisi anche sulla Coppa Italia sa? Dopo che passammo il turno col Genoa gli dissi che saremmo arrivati in finale, però la cifra era inferiore a quella per la Serie A, ma non dico quanto neppure in questo caso!”.
Qualche pareggio di troppo all’inizio, con la squadra che chiude il girone d’andata al decimo posto, suggerisce prudenza. Poi però il Vicenza ingrana: “Sì è vero che io ci credevo, però non bisogna dimenticare che conta solo la matematica, e quindi da un lato ero entusiasta, dall’altro anche col Chievo in quella giornata di giugno ero tesissimo. La verità è che facemmo un girone di ritorno stratosferico (25 punti nel girone d’andata, addirittura 43 in quello di ritorno, ndr) con Murgita che dei suoi diciannove gol ne farà diciassette nella seconda parte del campionato. Ricordo i miei giocatori che mi portarono in trionfo, ricordo la gioia, ricordo tutto: è stata un’emozione incredibile quella lì”.
Quel Vicenza poi stupirà in A, arrivando alla vittoria della Coppa Italia, sebbene Dalle Carbonare non perda l’occasione di scherzare: “Un giorno al Menti viene Arrigo Sacchi, all’epoca ct della nazionale. Negli spogliatoi dicono sia venuto per attenzionare Mimmo Di Carlo che stava facendo un campionato incredibile. E a quel punto il compianto Ernesto Galli nostro preparatore dei portieri si mette le mani nei capelli e dice ‘Mamma mia dov’è finito il calcio'”.
Oggi Pieraldo Dalle Carbonare è un semplice tifoso: “E ci mancherebbe, sono tifosissimo del Vicenza ma non vado più allo stadio, il Menti mi fa star male se penso a come mi è stato tolto ma vabbé, non ci penso”. Il gruppo biancorosso dell’epoca però è sempre unito: “Se li sento ancora? Fìo, il 29 siamo a cena con Di Carlo, Viviani, Ambrosetti, Lopez per ricordare la Coppa Italia del ’97 e Guidolin l’ho sentito stamattina, pensa un po’”.