
Il marketing di Silvia Salis ha abbagliato gli elettori disillusi. Delle due banalità in campo nelle Comunali genovesi, uguali e contrapposte, vince quella meglio confezionata
Delle due banalità in campo nelle elezioni comunali genovesi, uguali e contrapposte, vince quella meglio confezionata: rispetto all’incolore gregario Pietro Piciocchi, Silvia Salis ha potuto fruire delle luminarie iridescenti di un marketing in grado di abbagliare elettori disillusi e facilmente manipolabili o spregiudicati conversi allo spirito dei tempi (i vecchi militanti rosso antico, che nel voto ricercano conferme di appartenenza, come se ci fosse un filo di continuità tra il Pci e il Pd; i nuovi sinistri entristi, convinti che il massimo del progressismo sia essere cooptati nel salotto buono).
Del resto i programmi dei due antagonisti erano assolutamente sovrapponibili, tanto che l’agenda Salis incontrava il placet di Calenda e Renzi (oltre che – sotto, sotto – di Marco Bucci): le grandi opere megalomani che intercettano l’apprezzamento affaristico di investitori e impresari, l’illusionismo per cui una città come Genova, in declino socio-economico dagli anni Ottanta (crisi della cantieristica, della siderurgia e dell’elettromeccanica), tornerà a essere attrattiva semplicemente migliorando le infrastrutture di collegamento con una domanda a cui non viene indicata ragione alcuna per farlo. Dunque, un grande successo della Ditta in carriera Silvia Salis e Fausto Brizzi (l’onnipresente consorte, regista cinematografico già all’opera nelle Leopolde renziane) che nei momenti di relax dichiarava tranquillamente le proprie velleità di scalata al ciel dei cieli della politica, utilizzando la poltrona di sindaco come trampolino di lancio.
Difatti la Verità di Belpietro del 24 maggio scorso, sotto il titolo “Silvia Salis candidata double face” pubblicava una confidenza di Francesco Berti Riboli, boss della sanità padronale genovese e grande amico della neo-sindaca, secondo cui costei ha maturato il proprio impegno in politica avendo come punto di riferimento Forza Italia e il lascito berlusconiano. Scelta di campo ribadita da tutta la serie di prese di posizione destrorse esplicitate in campagna elettorale – di cui si diceva; buona ultima l’opzione nuclearista. In effetti, dopo i Renzi, i Calenda o le Paita, il partito dei sindaci della sinistra che piace alla gente che piace, da Gori a Sala, la Salis appare l’ennesimo uovo mutante in questi anni dal cuculo retroverso nel nido della covata progressista.
Nella migliore tradizione dei Tony Blair, a cui – si diceva – “non piacciono le privatizzazioni, piacciono i ricchi”. Il mantra di questa epoca, che la nostra traduceva in pubblico dichiarando che “bisogna aiutare i primi senza scordarsi gli ultimi” (bontà sua: sinistra compassionevole, come la destra di Bush?). E i primi a Genova chi sarebbero? Aldo Spinelli? Gianluigi Aponte? Gli elemosinieri del Totigate, totalmente rimosso dal dibattito politico locale. Anche perché alcuni dei più plateali sinistri collusi con la destra (sotto forma di ben remunerati incarichi professionali) oggi sono anelli della catena che ha sostenuto Salis; ora immediatamente beatificata dalla Gruber quale realizzatrice del mitico campo larghissimo con cui avrebbe vinto la poltrona di sindaco.
A detta dei più accreditati semplificatori dell’analisi politica – la condizione necessaria e sufficiente perché la sinistra possa tornare a vincere.
Non sfiora l’idea che – in effetti – la salvifica sommatoria di sigle non ha prodotto nulla di ascrivibile ad aggregato politico. Semmai una selva oscura in cui si sono mimetizzate le fregole di vantaggi personali di tanto ceto politico genovese intristito nella marginalizzazione decennale e voglioso di tornare a contare, ritornare in sella. Difatti il presunto marchingegno con cui si sarebbe creata l’aggregazione – il mitico programma – nessuno l’ha mai visto. Una sorta di fantomatica “agenda Draghi” come l’araba fenice, “che ci sia ciascun lo dice/ dove sia nessun lo sa”. Operazione di pura facciata che reca con sé un piccolo mistero non chiarito: come mai Giuseppe Conte ha bloccato la presenza dei renziani nelle liste per le elezioni regionali, per poi accreditare una renziana come candidata sindaco? Qualche volta a sonnecchiare non c’è solo Omero.
Insomma, la beatificata del momento come ennesima incarnazione della tipologia che una rocciosa tedesca – Sara Wagenknecht – definisce “sinistra alla moda”: “Ciò che rende i rappresentanti di questa sinistra alla moda così antipatici gli occhi dei meno fortunati è la loro innata tendenza a giudicare i propri privilegi come virtù personali e a presentare il proprio stile di vita come la quintessenza della responsabilità e del progressismo”.
Ultima questione: questa sinistra alla moda potrebbe risultare un autogol per chi ha promosso l’operazione “candidata di destra per battere la destra”. Insomma una Nemesi per gli apprendisti stregoni della politica locale, che pensavano di preservarsi le poltrone ambite scatenando sturm und drang Salis, quando costei ha già predisposto un’infornata di personale sostitutivo dei fiancheggiatori genovesi (PD in testa e vari cespugli) guidata dal suo portavoce Lorenzo Cecioni; un impiegato Mediaset figlio della giornalista “birignao” Concita De Gregorio (quella che all’avvento di Giorgia Meloni dichiarò: “una fuoriclasse, avercene così”).
Foto tratta dalla pagina Facebook di Silvia Salis sindaca