
Lei è stato da questa parte della barricata e “dovrebbe sapere” le tematiche, le criticità che affliggono da anni la nostra professione
di Angelo Bianco
Egregio signor ministro della Salute,
Mi permetterà l’uso del condizionale reiterato di questa lettera: non è solo necessità grammaticale dovuta, ma ne rende anche la sostanza che è voluta, infatti “caro ministro, Lei dovrebbe sapere!”.
Sì, Lei è stato da questa parte della barricata e “dovrebbe sapere” le tematiche, le criticità che affliggono da anni la nostra professione e i mulini a vento contro cui sempre si infrangono. Lei “dovrebbe sapere” che le aggressioni ai medici rischiano di diventare paradossalmente una notizia che ha stufato l’opinione pubblica perché sono di cronaca ormai quotidiana, è come la guerra in Ucraina: a chi interessa più? Uno più, uno meno!
La stessa equazione illogica vale per le denunce legali in ragione di una spirale di presunta malasanità che è, ormai, senza più controllo:
un medico in più condannato è un medico disonesto in meno!!!
Lei “dovrebbe sapere” che la sanità è diventata un bancomat, lo zelo degli avvocati è attraente: “se vinciamo, mi paghi, se perdiamo mi offri un caffè!”. Anche le Asl hanno imparato la lezione del facile profitto: prima paga, poi passa la palla alla corte dei Conti e prende anche gli interessi! Sono i casi dei dottori Paolo Oneda, Carlo Mosca, arrestati e poi assolti, di PierFrancesco Bonfante e Stefano Berti, condannati a risarcire centinaia di migliaia d’euro per essere stati giudicati chirurghi “avventati” da prima pagina e di altri e troppi ancora in attesa di giudizio (300.000 casi), è una fila di cui non si vede la fine.
Siamo medici in attesa di essere assolti perché il fatto non sussiste nel 98% dei casi ma per il 100% siamo già tutti tritati dalla gogna mediatica, cui nessuno rimedierà, nemmeno il trafiletto assolutorio: lei lo “dovrebbe sapere”. Lei “dovrebbe sapere” che più di qualcuno di noi non ha saputo sopportare il peso della pubblica vergogna: è il caso drammatico del suicidio del ginecologo bresciano. Si può sprofondare in vortici depressivi, in dimissioni anticipate, in un burnout senza fine. Ne è paradigma amaro la battuta di una collega che, all’ennesima richiesta-beffa di risarcimento (all’epoca dei fatti non era ancora assunta in quella Asl), ha detto “spero di diventare diabetica così chiedo l’esonero dalle reperibilità”!
Ogni anno in Italia vengono intentate più di 35.000 azioni legali contro medici e siamo con la Polonia e il Messico i soli Stati dove c’è la colpa medica, sia nel penale che nel civile: lei li dovrebbe sapere. I concorsi nelle specialità più esposte al rischio vanno deserti, quando prima erano le più ambite perché era affascinante provare a vincere la morte. Adesso, invece, purtroppo, si muore di questo lavoro – ricorderà il dott. Giovanni Buccoliero, morto di infarto mentre lavorava in reparto da 24 h.
Il privato bussa insistentemente alla nostra porta: è aperta tutto l’anno la caccia ai medici pensionati per colmare le carenze d’organico, il turn over è una porta che gira solo in un verso, l’uscita. Lei lo “dovrebbe sapere”.
Lei “dovrebbe sapere” che questa deriva decadente della nostra professionalità ha generato una nuova specializzazione, è “il gettonista” e bene fanno i colleghi a riciclare, con più guadagno e minor stress un titolo di studio il cui rispetto è richiesto solo per quanto attiene al nostro dovere, e i nostri diritti?
Sia chiaro la colpa non è solo sua, al sacco del Ssn hanno partecipato destra e sinistra, tutti avete abusato della nostra “vocazione”, refrattaria allo sciopero per un male inguaribile di coscienza, la nostra!
Caro ministro, se ha avuto cortesia e attenzione di lettura, comprenderà che il modo condizionale non voleva essere irrispettoso del suo tempo istituzionale ma era necessario per tracciare, nella forma, la distinzione dei ruoli – io medico, lei ministro – affermandone, però, identità e sostanza comune perché lei medico lo è stato e queste istanze sono state anche le sue e si sono infrante contro quegli stessi mulini a vento, di cui lei, però, adesso, è il Mugnaio: “lei lo dovrebbe sapere”.