
Il fischio finale è un boato e un flusso continuo. Tutti si spostano senza una meta ben precisa, l'importante è godersela
Sussurato a bassa voce e smorzato scaramanticamente senza pronunciarlo del tutto. Per la smorfia napoletana il numero 4 è ‘O puorco (il maiale); da oggi è anche “Lo scudetto della sofferenza”. Bandiere, sciarpe, magliette, parrucche e anche gli spritz: Napoli vibra e la città si dipinge di azzurro. Prima l’attesa poi il delirio: queste le due facce di una città che vive per momenti unici.
“Siamo qui per lo scudet…la partita”
A 24 ore dagli ultimi 90′ del campionato, la tensione è palpabile. Tutti vogliono vivere la partita, nessuno la nomina. Quasi come se non esistesse. Poi arriva il giorno tanto atteso. Via Toledo, Piazza Plebiscito e il lungomare sono un fiume in piena dalle prime ore del mattino: c’è chi già esulta e chi invece sa che è il momento di aspettare almeno un gol. L’inquietudine del calcio d’inizio viene scandita dai primi cori che accendono le vie di Napoli e sui balconi appaiono i primi tricolori. Dopo 20′ la situazione si sblocca, ma a Como: l’Inter segna e la piazza si spegne per qualche secondo. Ma il pensiero comune rimane sempre lo stesso: “Ci serve solo una rete“. E chi se non l’idolo di Napoli? McTominay, ormai diventato McFratm, stappa l’entusiasmo e la consapevolezza. Poi Lukaku segna il raddoppio e la città si trasforma completamente. Sono le 22.48 del 23 maggio, il Napoli è campione.
Un’unica direzione
Il fischio finale è un boato e un flusso continuo. Tutti si spostano senza una meta ben precisa, l’importante è godersela. La festa va avanti tutta la notte e il centro di Napoli si trasforma in un’area pedonale senza direzioni. Alcuni corrono e cantano, altri piangono e si abbracciano. Nessuno ha voglia di fermarsi e tornare a casa perché il delirio è appena iniziato. Il risveglio è di quelli speciali. Fumogeni e trombette lasciano spazio a un’apparente calma destinata a durare solo poche ore. “‘Na cosa grande” titolano i giornali. È l’inizio del primo giorno da campioni d’Italia. Cambiano gli interpreti ma non le abitudini e la grande festa. Spaccanapoli è in delirio, i quartieri spagnoli cantano nel nome di Maradona. Prima il silenzio dell’attesa, poi l’urlo liberatorio in ogni vicolo della città. Napoli ha sperato e sognato. Quel numero 4 è ora realtà.