
Israele ha sempre agito così: colpendo anche obiettivi internazionali per dimostrare che può farlo, sapendo di restare impunito. Normale che poi veda una contraddizione nel fatto che oggi qualcuno si scandalizzi
L’attacco israeliano alla Freedom Flotilla, avvenuto in acque internazionali vicino a Malta, non è né un’eccezione, né un fatto più grave di ciò che è successo finora. È una continuazione. È semplicemente l’ennesima dimostrazione di una strategia che Israele persegue da sempre: colpire obiettivi civili, umanitari e internazionali non solo per fare la guerra a palestinesi, libanesi, siriani, yemeniti e iraniani, ma per mandare un messaggio preciso alla comunità internazionale. Sta dicendo: “Possiamo colpire chi vogliamo, ovunque, e non ci sarà alcuna conseguenza”.
Non è mai stata solo una guerra contro chi vuole aiutare i palestinesi. È sempre stata anche una guerra contro la legge internazionale.
Questa volta è stata la Freedom Flotilla. Ieri l’ospedale battista Al Ahli a Gaza. Come ha spiegato il dottor Ghassan Abu Sitta in un’intervista in arabo a Legal Agenda, quell’attacco, il primo – contro una struttura britannica – è stato un test: un modo per capire quanto il mondo gli avrebbe permesso. La risposta è arrivata subito, con i media mainstream occidentali che hanno rilanciato la prima versione dell’esercito israeliano senza neanche pensare di effettuare verifiche. E così Israele ha capito di poter andare avanti. Ha potuto colpire tutti gli altri ospedali, le agenzie Onu, le Ong, gli operatori umanitari e gli attivisti internazionali.
E tutto ciò non è nuovo. Israele lo ha sempre fatto.
Quando, nel 2003, Israele ha ucciso brutalmente Rachel Corrie, cittadina statunitense travolta da un bulldozer mentre cercava di impedire la demolizione di case palestinesi a Rafah, cosa hanno fatto gli Stati Uniti? Nulla. Quando operatori di Medici Senza Frontiere o della World Central Kitchen sono stati assassinati mentre svolgevano il loro lavoro, qual è stata la risposta degli Stati di cui erano cittadini? Nessuna azione concreta.
La verità è che Israele, prima del 7 ottobre 2023 e anche dopo, ha sempre agito così: colpendo anche obiettivi internazionali per dimostrare che può farlo, che le leggi non si applicano a lui. E nel momento in cui queste violazioni non vengono mai punite, è perfino logico – dal punto di vista israeliano – considerare assurde le critiche. È normale che Tel Aviv veda una contraddizione nel fatto che oggi qualcuno si scandalizzi. Non è forse stato tollerato tutto finora?
La Freedom Flotilla si trovava vicino a Malta. Secondo il diritto marittimo e le convenzioni internazionali, Malta avrebbe avuto l’obbligo di intervenire per garantire la sicurezza dell’equipaggio civile. L’ha fatto? No.
Se finora ogni crimine è rimasto impunito, cosa ci aspettiamo esattamente che cambi? L’impunità non è una conseguenza, ma una causa. È parte integrante della strategia israeliana.