Cronaca

Cannabis light, la ghigliottina del dl sicurezza sulla fiera a Bologna: 100 imprenditori sfidano il governo Meloni

Indica sativa trade è l'evento più importante dell'anno, per la filiera. Paura di sequestri e denunce per droga. E il desiderio della disobbedienza civile per vincere in Corte costituzionale

Rischiano l’imputazione per droga, dopo il dl sicurezza, eppure cento imprenditori della cannabis light sono pronti a sfoggiare la loro merce negli stand bolognesi della fiera Indica sativa trade, all’Unipol arena di Bologna. È l’evento più importante dell’anno, per la galassia canapa, sconvolta dal decreto del governo Meloni. La fiera si apre oggi 11 aprile e chiude i battenti il 13, in un clima surreale.

Rischio sequestro e denuncia per droga – Venerdì 4 aprile il Consiglio dei ministri ha licenziato lo schema del decreto che mette al bando le infiorescenze della canapa legale e i suoi derivati, come fossero sostanze stupefacenti. Entrerà in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta, con la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Da quel momento, chiunque verrà trovato con una bustina di cannabis light è suscettibile di incriminazione. Anche l’olio e i prodotti a base di cannabidiolo (cbd) sono equiparati agli stupefacenti. Il fiore e i prodotti collaterali sono il piatto forte di Indica sativa trade. Dunque la fiera, a Bologna, debutta con la mannaia sul capo: cosa accadrà non appena il decreto entrerà in vigore, magari a manifestazione in corso?

Gli imprenditori tirano dritto, compatti – Il fuggi-fuggi dalla fiera, nel timore dei sequestri e dell’accusa per droga, è scongiurato. Anzi gli imprenditori sono compatti: tutti decisi e restare, qualunque cosa accada e alla faccia del governo. Non sappiamo come risponderà il Viminale e il dipartimento antidroga di palazzo Chigi. Sono in cento, ad esporre la loro merce in fiera: hanno pagato lo stand, i viaggi e l’alloggio, lavorato sodo per prepararsi all’evento ed esibire le primizie della canapa. Malgrado il panico, venerdì scorso appena approvato il decreto, nessuno vuole gettare al vento i denari e i frutti del sacrificio. Dunque gli imprenditori sono pronti a resistere, confortati dagli avvocati più esperti del settore: lo studio Miglio-Simonetti, i legali Giacomo Bulleri e Carlo Alberto Zaina.

Gli avvocati: si vince in tribunale – Secondo loro, il quadro legale non cambia: i sequestri di cannabis light e le incriminazioni per droga avvenivano prima e proseguiranno dopo il decreto. Ma in tribunale arrivano le assoluzioni, per lo più. “Secondo costante e granitico diritto giurisprudenziale, la commercializzazione delle infiorescenze di canapa industriale non è una condotta penalmente rilevante se la ‘sostanza’ non è offensiva, ovvero se non reca efficacia drogante”: è scritto nel documento intitolato L’illusione dell’illegalità, firmato dallo studio Miglio-Simonetti. È rivolto agli imprenditori canapicoli con la lista delle domande più frequenti: “Oggi come ieri, secondo il nostro parere, la detenzione e la vendita delle infiorescenze prive di efficacia drogante non costituiscono reato ai sensi della Legge Stupefacenti”, recita la nota, richiamando la sentenza della Cassazione n. 30475 del 2019.

L’obiettivo: arrivare alla Corte Costituzionale – Gli ermellini imponevano un principio: senza effetto drogante non c’è reato. Nessuna prova scientifica dimostra reazioni psicotrope all’assunzione del cannabidiolo nel fiore della cannabis light. Ecco perché, secondo Zaina, la legge poggia su un pilastro fallato: l’equivalenza tra la canapa con Thc entro lo 0,5% e la cannabis stupefacente. Dunque presenta profili di illogicità, consegnando alla filiera la speranza di una bocciatura alla Consulta. “Se gli imprenditori non vogliono chiudere bottega dopo aver speso i loro soldi, possono prendersi un rischio calcolato e andare avanti con un atto di disobbedienza civile”, dice Carlo Alberto Zaina. “Qualcuno cadrà nella tagliola e sarà incriminato, ma la filiera dovrà sostenerlo per portare il divieto delle infiorescenze fino al giudizio della Corte costituzionale”, suggerisce Zaina. Insieme a Giacomo Bulleri ha pubblicato online un commento sul decreto che vuole uccide la canapa. I due legali sono ottimisti sulle chance di sopravvivenza della filiera. Ma servirà una battaglia legale. “Abbiamo sempre vinto – dice Zaina a ilfattoquotidiano.it – nel 2008 c’era il divieto sui semi e nel 2016 è iniziata la lotta per la cannabis light, l’importante è restare uniti senza andare in ordine sparso”.

Il bluff del governo sulla pelle di 30 mila lavoratori – Alcune associazioni sono già alleate nella tutela degli operatori, con un fondo comune per i contenziosi e polizze assicurative per il rimborso delle spese legali. È scritto nel comunicato firmato Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis, Resilienza Italia Onlus, Imprenditori Canapa Italia. Allo studio ci sono ricorsi al Tar, al tribunale civile, richieste di risarcimento, interventi in Europa. Il testo si chiude con le note dello studio legale Miglio-Simonetti: “Il Decreto non stravolge la disciplina penale già esistente, bensì amplifica la percezione di rischio”. Un bluff del governo Meloni, per spaventare le imprese e indurle alla chiusura. Le aziende hanno rilanciato, presenziando compatti la fiera Indica sativa trade, a costo di sequestri e denunce. Ora la mano torna al governo, in una partita a poker sulla pelle di 30 mila lavoratori a rischio disoccupazione. Su di loro, Giorgia Meloni ha chiuso gli occhi.