
Anno su anno crescita per i prodotti farmaceutici (+21,7%), l’industria del legno, della carta e stampa (+6,2%) e la fabbricazione di prodotti chimici (+4,3%)
E siamo a due anni. Ventiquattro mesi consecutivi di calo tendenziale (cioè rispetto all’anno precedente) della produzione industriale. Nel silenzio del governo, l’Istat fa sapere che gennaio ha fatto segnare l’ennesima contrazione: -0,6% su base annua, al netto degli effetti di calendario. Non è il crollo drammatico di dicembre e rispetto al mese prima si vede una risalita (+3,2%), ma la fabbricazione di mezzi di trasporto continua a scendere a picco (-13,1%) affossata dall’auto, così come quella delle industrie tessili e di abbigliamento, pelli e accessori (-12,3%), seguiti dalla fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-6,2%). Bene invece i prodotti farmaceutici (+21,7%), l’industria del legno, della carta e stampa (+6,2%) e la fabbricazione di prodotti chimici (+4,3%).
“Una rilevazione che non ci stupisce, purtroppo, proprio come l’ennesimo silenzio del governo e del ministro Urso, che, invece di prendere atto del totale fallimento delle loro politiche industriali, continuano a raccontare che tutto va bene”, commenta il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo. “Il Paese, il suo sistema industriale e manufatturiero, il mondo del lavoro avrebbero bisogno ora e subito di una straordinaria presa d’atto e assunzione di responsabilità sullo stato di salute, ormai patologico, nel quale versa quella che era uno delle più grandi potenze industriali al mondo”.
Intanto la guerra commerciale scatenata da Donald Trump peggiora le prospettive per il futuro. La nota dell’Istat sull’economia italiana sottolinea che l’applicazione dei dazi preannunciati dall’amministrazione statunitense nei confronti dell’Ue “potrebbe avere effetti rilevanti sul nostro paese”. Nel 2024, oltre il 48% del valore dell’export italiano è stato indirizzato al di fuori dell’Ue e, tra i principali partner commerciali, gli Stati Uniti hanno assorbito circa il 10% delle vendite all’estero dell’Italia e più di un quinto di quelle di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei.