Diritti

Contro il natalismo a tutti i costi: il governo confonde il fine con i mezzi

di Alessandra Minello*

Sono di pochi giorni fa le ultime esternazioni di Giorgia Meloni e Eugenia Roccella sulla denatalità. A un evento sul tema la prima ha dichiarato che “Il governo ha la responsabilità di garantire un futuro alla propria nazione”, la seconda che “in Italia il problema della denatalità è stato a lungo sottovalutato e trascurato” proponendosi addirittura di portarlo in Europa.

Qualche anno fa qualcuno mi ha chiesto se la denatalità fosse davvero un problema. Non ho capito la domanda, ma mi è rimasta attaccata addosso, come un tarlo. Ho fatto l’unica cosa che so fare in questi casi, ci ho pensato tanto, e alla fine sono arrivata alla conclusione che no, non lo è, e che se la denatalità è un problema perché con pochi nati non c’è modo di pagare le pensioni, vanno cambiate le pensioni. Sono stata attaccata per questo, ma, di nuovo, ho fatto l’unica cosa che so fare in questi casi: ho studiato. E adesso non temo le altre posizioni.

La denatalità non è un problema perché la decisione di avere o no dei figli e quanti figli avere è totalmente, completamente, individuale/di coppia e non può in nessun modo essere determinata se non individualmente/in coppia.
Non lo è perché sempre più persone all’estero scelgono di non avere figli.
Non lo è perché in Italia la vita senza figli è sempre più accettata come opzione, soprattutto tra le nuove generazioni.
Non lo è perché dare strumenti e risorse a chi di figli ne desidera non deve essere fatto con l’obiettivo finale di aumentare il numero di bambini in circolazione, ma con quello di creare benessere.

Ma soprattutto non lo è perché c’è qualcosa di estremamente patriarcale e paternalista nel pensare che si possa davvero alzare la fecondità con delle politiche mirate esclusivamente a questo e non al benessere delle famiglie tutte, e senza mettere come priorità l’estensione del riconoscimento della genitorialità.

Per i pro-natalisti, invece, la denatalità è un problema. E, infatti, non è un caso che la prima ministra della denatalità si abbia sotto questo governo, nonostante mi pare che la questione sia trasversale. E lo dico ora, dopo aver studiato e riflettuto tanto, dopo non aver capito per anni la domanda iniziale, ma avendo sempre avuto ben chiaro in mente che non esiste politica che possa convincere ad avere figli chi non ne desidera o chi ha altri obiettivi nella vita.

La riduzione della denatalità sarà una conseguenza, non può essere un fine. L’ideologia che fa della nascita un obiettivo confonde il fine con i mezzi. Magari aumentare il benessere aumenterà la natalità (agendo su chi ha già quel desiderio frustrato dalla mancanza di servizi/precarietà/cura sbilanciata/mancato sostegno ai neo genitori), ma forse no.

Altrove le politiche si fanno con l’obiettivo di aumentare il benessere di tutte le famiglie o con quello della ricerca della parità di genere. Qui con l’obiettivo di far (fare) più figli. Chiediamoci perché.

* Ricercatrice in Demografia al Dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova. Studia le differenze di genere in Italia e in Europa negli ambiti della scuola, della famiglia e del lavoro