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Israele, il leader dell’opposizione Lapid: “Netanyahu una minaccia alla nostra stessa esistenza. Gantz ci aiuti far cadere il governo”

Dopo l’annunciato attacco dell’Iran a Israele – risposta al raid in Siria che aveva colpito l’ambasciata di Teheran il 2 aprile – proseguono i gabinetti di guerra guidati dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, dai quali non è per ora emersa nessuna decisione, rendendo evidente la spaccatura all’interno del governo: da un lato la componente oltranzista, guidata dalla destra di governo che con il ministro della Sicurezza Ben Gvir chiede un “contrattacco schiacciante”; dall’altro il leader centrista Benny Gantz, che domenica ha proposto la formazione di “una coalizione regionale” sul modello di quella che sabato notte ha aiutato Israele a intercettare l’attacco di Teheran. Intanto il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid ha fatto appello proprio al centrista Gantz e a Gadi Eisenkot (entrambi del partito di Unità nazionale) chiedendo loro di lasciare il governo di emergenza nazionale e il Gabinetto di guerra e di “rovesciare l’esecutivo” guidato da Netanyahu. Secondo Lapid il premier e il suo governo sono “diventati una minaccia esistenziale per Israele”. Sia Gantz sia Eisenkot fino all’inizio degli attacchi a Gaza facevano parte dell’opposizione, poi hanno deciso – pur non condividendo la politica di Netanyahu – di entrare nell’attuale governo.

Come riporta il Times of Israel, Lapid, rivolgendosi alla stampa prima dell’incontro settimanale del suo partito Yesh Atid alla Knesset, il parlamento israeliano, ha affermato che sia gli amici sia i nemici di Israele “sentono l’odore di debolezza” dell’attuale governo. “La settimana scorsa ero a Washington per riunioni con l’intera amministrazione statunitense”, ha aggiunto, “sono scioccati da questo governo: dalla mancanza di responsabilità, dalla mancanza di professionalità, dalla cattiva gestione“. “La maniera migliore per influenzare la politica è di aiutarci – ha spiegato Lapid, rivolgendosi ai due – ad abbattere questo esecutivo. E formarne uno nuovo in cui Gantz possa essere primo ministro. Ogni cittadino – ha poi aggiunto, citato dai media – sarebbe contento di avere Eisenkot come ministro della Difesa”.

Un rimpasto che probabilmente si allineerebbe anche all’opinione pubblica israeliana, se si considera che agli ultimi sondaggi – effettuati dalle emittenti israeliane Canale 11 e Canale 12 a 6 mesi di distanza dall’attacco di Hamas – è emerso che, se si votasse oggi, l’attuale coalizione non avrebbe più la maggioranza. E il primo partito nel Paese e nella Knesset sarebbe proprio quello del centrista Benny Gantz. Inoltre un recente sondaggio ha rilevato che quasi i tre quarti degli israeliani vogliono le dimissioni di Netanyahu, con metà del Paese che chiede elezioni anticipate per la Knesset. Attualmente però, anche se il Partito di Unità Nazionale togliesse il suo sostegno a Netanyahu come auspicato da Lapid e come ha recentemente fatto il loro alleato Nuova Speranza, il premier avrebbe ancora voti sufficienti alla Knesset per rimanere in carica. Nei giorni scorsi Gantz ha chiesto a Netanyahu di “accettare di fissare una data per le elezioni a settembre”, una richiesta che è stata bocciata dal premier.

Non è la prima volta che Netanyahu si trova in una situazione politica delicata all’interno della sua stessa coalizione. Già a gennaio 2024 il partito di Gantz aveva iniziato a pungere il governo. A nemmeno 24 ore dalle dichiarazioni con le quali Netanyahu aveva respinto l’ipotesi di trattative per la nascita di uno Stato di Palestina e annunciato ancora “molti mesi di guerra”, il ministro del gabinetto di guerra Eisenkot lo aveva smentito in un’intervista televisiva: “È necessario, entro qualche mese, riportare l’elettore israeliano alle urne e indire elezioni per rinnovare la fiducia perché in questo momento non c’è fiducia”. Detto questo, non sarebbe semplice per Gantz e Eisenkot prendere le distanze dalle precedenti operazioni militari di Israele, sempre che abbiano intenzione di farlo, avendo accettato, a differenza di Lapid, di entrare nel gabinetto di guerra.