Economia & Lobby

Bollette, ho provato a tornare dal mercato libero dell’energia a quello tutelato: un calvario

di Alessio Andreoli

All’incirca un paio d’anni fa, quando sembrava certo che sarebbe cessato il mercato tutelato dell’energia e abbagliato da tutte le notizie che invitavano/sollecitavano ad entrare nel mercato libero dell’energia, per l’energia elettrica feci un contratto di fornitura con un noto gestore del mercato libero. Successivamente, al contrario di quanto pubblicizzato, il governo fece una deroga all’obbligo di uscire dal mercato tutelato, ma oramai io avevo “abboccato”.

Nel frattempo la mia bolletta, causa i nuovi contratti che avevo stipulato, è aumentata anno dopo anno per arrivare ad oggi ad un buon 200% in più rispetto a quello che pagavo precedentemente. Piuttosto contrariato per dover pagare cifre quasi astronomiche, in questi ultimi giorni mi sono attivato sia per cercare fornitori più economici sia per capire le procedure per eventualmente tornare al servizio di maggior tutela, per restarci anche dopo il 30 giugno (termine ultimo del servizio tutelato) per usufruire del servizio a tutele graduali per clienti domestici. E’ stato un vero e proprio calvario. In queste poche righe vorrei condividere alcune considerazioni:

1) Posso confermare che quasi tutte le compagnie di gestione dell’energia ostacolano il rientro al mercato di maggior tutela, infatti tutti gli operatori/operatrici da me interpellati/e, alla domanda se potevo tornare al tutelato, hanno risposto di no. Solo una ragazza ha avuto l’onestà di dirmi “guardi, so che si può ma mi spiace doverle rispondere che non è possibile, perché questa è l’istruzione che ho ricevuto e alla quale devo attenermi se voglio continuare questo lavoro”.

2) Ho la netta impressione che tra le varie compagnie ci sia una specie di cartello o taciti accordi per cui spesso alla fine le differenze sulla spesa sono trascurabili o si riducano a poche decine di euro all’anno. Questo avviene perché, giocando sulla complessità del quasi infinito numero di voci che compongono i vari centri di costo di una bolletta a cui si aggiungono le variabili del prezzo indicizzato o fisso, i costi per fascia oraria F1 F2 F3, l’eventuale contributo per KW da aggiungere al Prezzo Unico Nazionale (PUN) e molto altro, ogni compagnia esalta ed espone chiaramente solo quegli aspetti che apparentemente rappresentano un contratto conveniente rispetto ai concorrenti.

Inoltre, da ciò che ho potuto evincere dialogando con molti operatori/operatrici, questi/e sono istruiti/e per eludere eventuali domande che evidenzierebbero i cosiddetti costi “occulti” e se vanno in difficoltà perché non sanno rispondere – mi è capitato – fanno cadere la linea o diventano scortesi e maleducati/e.

In conclusione, personalmente, penso che per le implicazioni di natura economica e sociale uno Stato dovrebbe farsi carico di gestire in modo equo e trasparente alcuni settori chiave che impattano enormemente sulla vita quotidiana dei suoi cittadini, cioè:

1) Costo e distribuzione dell’energia
2) Costo e distribuzione dell’acqua
3) Istruzione dei giovani
4) Sanità
e che nessuno di questi settori dovrebbe essere in mano ai privati, quindi praticamente appannaggio solo di chi se lo può permettere: comunque non è giusto pagare 10, 20, 30, 40 volte in più del normale costo di un servizio, compreso un giusto e lecito guadagno – anche se c’è chi si può permettere di pagare.

Purtroppo è oramai evidente che tutti questi settori chiave, in Italia, sono sempre più in mano ai privati il cui unico scopo è fare soldi e arricchirsi a scapito dei clienti o, nel caso della sanità, a scapito dei pazienti. E se qualcuno non può curarsi o scaldarsi d’inverno chi se ne frega, l’importante non è il bene pubblico, ma gonfiare il portafoglio e aumentare i dividendi.

Siamo diventati tutti “vacche da mungere”, ma gli allevatori sanno bene che se non dai da mangiare alla mucca del buon fieno prima o dopo non farà più latte, per arrivare a morire di stenti o scalciare pericolosamente il proprio padrone mentre questi si avvicina per mungerla.

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