Diritti

Rocco Siffredi, sono solidale con la giornalista che l’ha denunciato. Un commento mi ha deluso

Alisa Toaff, è la giornalista di Adnkronos che ha denunciato per molestie Rocco Siffredi, attore del porno oggi in pensione. La denuncia è stata presentata dopo un’intervista avvenuta lo scorso mese di marzo, in occasione dell’uscita su Netflix della serie Supersex.

L’attore porno avrebbe contestato alla giornalista alcuni passaggi dell’intervista inviandole numerosi messaggi e due audio (pubblicati da Repubblica) dal contenuto greve e sessista (qui una ricostruzione dei fatti). Desidero esprimere la mia solidarietà ad Alisa Toaff attaccata pubblicamente da colleghi e leoni da tastiera. Ogniqualvolta una donna trasgredisce la regola del silenzio e svela comportamenti maschili inappropriati o molestie si trova a fronteggiare risposte reazionarie. Astio, risentimento, denigrazione, ridicolizzazione e isolamento sono il prezzo che molte pagano quando non abbozzano lasciandosi alle spalle offese e prevaricazioni. La percezione delle donne, il loro vissuto sono stigmatizzati come esagerazioni isteriche: “fatti una risata”, “si è trattato di una battuta ironica” .

In questo caso si è trattato di una giornalista e quindi la vicenda è finita sulla pagine di molti quotidiani nazionali. In principio il nome di Toaff non era stato fatto per tutelarla dalle reazioni di pancia della canea social ma ci ha pensato Alberto Dandolo, giornalista di Dagospia, a farne il nome, garantendo che il suo amico Rocco Siffredi rispetta le donne (se lo dice lui). Durante la trasmissione La Zanzara Giuseppe Cruciani e David Parenzo hanno dedicato spazio alla vicenda tra risatine e battute da osteria. Parenzo ha rispolverato il vecchio adagio del “Se l’è andata a cercare” spiegando la sua ovvero “se si va a intervistare Rocco Siffredi”. ci si deve aspettare quello e altro? Nel programma radiofonico tra i più misogini d’Italia non poteva mancare il commento dell’avvocata Bernardini De Pace che ha snocciolato un lungo rosario di stereotipi e pregiudizi contro le donne che denunciano violenze.

In realtà non mi hanno stupito le reazioni scomposte e urticanti, i commenti beceri di portatori sani o insani di una sottocultura misogina che resiste come il germoglio maligno di un bigottismo a lungo radicato in questo Paese. Niente di nuovo sotto il sole, sia prima che dopo il Me Too, prontamente estinto al di qua delle Alpi. Ma il commento di Michele Serra su l’Amaca, pubblicato il 21 marzo scorso mi ha delusa. Serra in passato ha scritto delle buone riflessioni sul tema della violenza contro le donne e sulla mascolinità tossica ma questa volta mi pare essersi addormentato sull’Amaca.

In un commento opaco ha sminuito la professionalità di una collega: “L’intervistatore ha libero accesso alle tue parole, quello che gli metti a disposizione è tanto. E l’intervista è un’arte difficile, richiede rispetto, un grado di confidenza molto sorvegliato, una capacità prima di ascolto, poi di scrittura non comune”. Poi ha ignorato o forse peggio, ha diffidato della denuncia della collega: “La giornalista che l’ha denunciato per molestie sessuali (il suo nome non è noto: l’autotutela, in questo caso, è ben garantita) può avere ragione e può avere torto. Ma lui ha avuto sicuramente torto a farsi intervistare “senza rete”. Tanto più se ammette di avere usato, nel colloquio, ‘ironia e divertimento'”. Ed ha anche consigliato a Rocco Siffredi di “proteggersi concedendo solo interviste scritte”. Era quindi l’attore che si doveva proteggere e che andava protetto?

Che cosa ci dice questa vicenda spiacevole? Ne faccio questa lettura: Rocco Siffredi è stato l’attore di una pornografia che interpreta la sessualità maschile come onanismo compulsivo e strumento di dominio e umiliazione dei corpi delle donne e che mette in scena l’umiliazione sessuale come strumento di gratificazione femminile. Non si può pensare che il contesto in cui Rocco Siffredi ha vissuto tutta la vita e il modo in cui si sia relazionato alle donne non abbia determinato il suo pessimo comportamento nell’occasione dell’intervista.

Rivolgendosi alla giornalista con messaggi invadenti e audio volgari ha dimostrato di essere stato immerso in quell’immaginario messo in scena decine di volte tanto da non comprendere il contesto in cui si trova quando è fuori dal set e rilascia un’intervista. Tanto confuso quanto rozzo e impacciato da apostrofare volgarmente la donna e la giornalista che mettendo nero su bianco le parole dette durante l’intervista, probabilmente lo ha messo in contatto con un insostenibile senso di inadeguatezza.

Non è il primo uomo che sentendosi insicuro e non leggendo nella restituzione di una donna un’immagine di se stesso che lo rassicuri, reagisce svilendola e umiliandola sessualmente. Ci siamo passate in tante. E no, caro Michele Serra, l’ironia e il divertimento qua c’entrano poco, soprattutto quando le donne vengono offese e si sentono umiliate.

@nadiesdaa