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Abruzzo, i dati: così la destra ha respinto il Campo largo. I voti persi dalla Lega a Fdi e FI. La crescita del Pd non basta a coprire il flop M5s

Sono quasi trentamila i voti guadagnati da Marco Marsilio rispetto a cinque anni fa. Nel 2019 l’esponente di Fratelli d’Italia era stato eletto governatore con 299.949 preferenze, mentre oggi guadagna la riconferma con 327.660 voti. Sono quasi 43mila, dunque, gli abruzzesi che hanno decretato la vittoria dell’esponente di centrodestra, visto che lo sfidante Luciano D’Amico si è fermato a quota 284.748. Una sconfitta che è maturata soprattutto nei piccoli centri, mentre Marsilio è riuscito a ottenere la rielezione grazie soprattutto al massiccio sostegno della Marsica. Il governatore non è andato fortissimo nelle grandi città, dove D’Amico è riuscito a ridurre lo svantaggio e in certi casi – come a Pescara o a Teramo – ad arrivare primo.

I risultati del 2019 – Il candidato del centrosinistra ha preso quasi novantamila voti in più rispetto ai 195.394 ottenuti da Giovanni Legnini cinque anni fa. Tra i partiti principali, però, l’ex presidente del Csm era sostenuto solo dal Pd e da alcune liste civiche, visto che alle ultime elezioni erano quattro gli aspiranti presidenti in corsa. A questo giro, invece, D’Amico era l’unico sfidante di Marsilio, ed era il candidato dei dem, del M5s e di Azione, di Alleanza Verdi Sinistra e di Riformisti e civici, la lista che conteneva al suo interno Italia viva.

Il flop del M5s – Nel 2019 il Movimento 5 stelle correva da solo con Sara Marcozzi aspirante presidente, capace di ottenere 126.165 voti e il 20%. Cinque anni dopo l’affluenza è scesa leggermente (di quasi un punto) ma i 5 stelle hanno perso i due terzi degli elettori e cinque consiglieri regionali su sette. Dal 19,74% e dai 118.287 voti di lista delle ultime elezioni, infatti, Il Movimento di Giuseppe Conte è sceso a 40.629 preferenze pari al 7,01%.

La crescita del Pd – Probabilmente la stragrande maggioranza che nel 2019 aveva votato i 5 stelle a questo giro ha preferito il Pd. Il partito di Elly Schlein ha raddoppiato i voti ma pure la sua presenza in consiglio, passando da tre a sei seggi: con 117.497 voti i dem sfondano la soglia del venti percento, mentre nel 2019 si erano fermato all’11 con 66.769 preferenze. Se i 5 stelle hanno perso per strada il sostegno di quasi 80mila abruzzesi, quindi, il Pd ha un saldo positivo di poco più di 50mila voti.

Il travaso dalla Lega a Fdi – Un travaso che probabilmente si è verificato anche sul fronte opposto, dove Fratelli d’Italia quadruplica quasi i suoi voti: cinque anni fa il partito di Giorgia Meloni aveva preso 38.894 preferenze che erano pari al 6,49% con due posti in consiglio, mentre oggi ne ottiene 139.578 ed è il primo partito col 24,10 e 8 seggi. Voti che in stragrande maggioranza sono stati persi dalla Lega: ai tempi della prima elezione di Marsilio, infatti, il Carroccio era il primo partito con 165mila voti e il 27,5%, che avevano fatto eleggere dieci consiglieri. Adesso, invece, il partito di Matteo Salvini perde venti punti percentuali e otto posti in consiglio, fermandosi a quota 43.816 preferenze. Anche qui i freddi numeri raccontano più di cento analisi politiche: Fdi ha guadagnato 100.684 voti, la Lega ne ha persi 121.192.

Guadagna anche Forza Italia – Che fine hanno fatto le ventimila preferenze di differenza? Sono andate a Forza Italia. Senza Silvio Berlusconi, infatti, il partito di Arcore riesce a guadagnare circa ventimila voti rispetto a cinque anni fa: nel 2019 ne aveva presi 54.223, pari al 9%, adesso ne prende 77.841, che corrispondono a quota 13,4 e a quattro seggi in consiglio (uno in più). Dunque la debacle del Carroccio non influisce sui risultati della coalizione, visto che i voti persi da Salvini finiscono quasi tutti a Meloni e in parte al partito guidato da Antonio Tajani. Il resto lo fa la lista Marsilio presidente, che prende due consiglieri col 5,7% e 33mila voti, che poi saranno probabilmente quelli guadagnate dal governatore rispetto a cinque anni fa.

I renziani restano fuori dal consiglio – Sempre nel campo delle liste civiche nel centrosinistra fa abbastanza bene Abruzzo Insieme, che con 44.353 voti e il 7,66% supera i 5 stelle e ottiene due consiglieri: in pratica lo stesso contributo portato nel 2019 a Legnini dalla lista del presidente e da Abruzzo in comune. Cinque anni fa, invece, non c’erano ancora Azione, Italia viva e l’Alleanza Verdi Sinistra. Il partito di Carlo Calenda (23.156 voti e il 4%) e il cartello di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (20.655 preferenze e il 3,57) eleggono un consigliere a testa, mentre la lista Riformisti e civici – nata col sostegno del partito di Matteo Renzi – resta fuori dal Consiglio visto che ha preso appena 16mila voti e il 2,81%.

Gli acchiappavoti spingono Marsilio – Un’altra chiave di lettura per interpretare le ragioni della vittoria del centrodestra è quella relativa ai signori delle preferenze. Nello schieramento di Marsilio sono ben 18 i candidati al consiglio che hanno raccolto più di cinquemila voti: solo in Fdi sono dieci. Insieme ai candidati più forti di Lega e Forza Italia hanno portato in totale più di 120mila voti. Il record appartiene al meloniano Mario Quaglieri (sostenuto da 11.748 cittadini della provincia di L’Aquila), seguito da Paolo Gatti (sempre di Fdi, votato da 10.867 abitanti nella zona di Teramo), mentre diversi candidati hanno fallito l’elezione nonostante abbiano preso più di cinquemila voti. Una soglia che nel centrosinistra hanno superato solo in cinque, tutti del Pd: il record è di Antonio Biasoli con 9.934 voti. In tutte le altre liste a sostegno di D’Amico, invece, nessun candidato si è avvicinato a quota cinquemila preferenze: la sconfitta, dunque, è passata anche dalla forza elettorale dei candidati nei territori.

I piccoli centri incoronano la destra – Dati ufficiali alla mano si può dire che la sconfitta del centrosinistra è maturata soprattutto nella provincia di L’Aquila, dove Marsilio ha ottenuto 32.903 voti in più rispetto all’ex rettore dell’Università di Teramo (89.154 voti a 56.251 il risultato finale). La provincia in cui guidava l’ateneo è l’unica a premiare D’Amico, che chiude in vantaggio di cinquecento voti (70.750 a 70.248) e vince nettamente nel capoluogo (53% a 46, 14.272 voti a 12.512). Nelle province di Pescara e Chieti, invece, trionfa Marsilio, che in ogni circoscrizione prende circa cinquemila voti e tre punti percentuali in più rispetto allo sconfitto. La vittoria del centrodestra, però, matura soprattutto nei piccoli centri. Nella città di Chieti, per esempio, il governatore vince di soli 400 voti e Fdi prende il 18,9%, appena pochi decimali più del Pd. A Pescara, invece, D’Amico vince di quasi cinque punti e tremila voti di vantaggio (finisce 29.507 a 26.919). Il Pd prende il 28%, pari a 14.557 voti, quasi il doppio di Fdi, fermo a settemila voti. Numeri rilevanti se pensiamo che la città di Gabriele D’Annunzio è amministrata dal centrodestra (il sindaco è Carlo Masci di Forza Italia) e tra tre mesi tornerà alle urne per le comunali.