Scienza

Impiantato il primo chip wireless nel cervello umano da Neuralink, l’annuncio di Musk: “Pensate a Stephen Hawking”

Nel maggio del 2023 era arrivata l’autorizzazione e a novembre si cercavano volontari con meno di 40 anni e gli arti paralizzati. Oggi arriva la notizia che è stato impiantato il primo chip wireless nel cervello umano realizzato dall’azienda Neuralink di Elon Musk. Un traguardo inseguito da molto dal miliardario che nel dicembre del 2002 aveva “minacciato” i suoi dipendenti di velocizzare i test clinici. Musk ha fatto sapere che i risultati iniziali dell’intervento sono positivi: sono stati rilevati, infatti, picchi neuronali o impulsi nervosi “promettenti e il paziente sta bene”. L’obiettivo dell’azienda di Musk è connettere il cervello umano ai computer e aiutare le persone in condizioni neurologiche difficili. Non si tratta però di una prima assoluta perché diverse aziende rivali hanno già impiantato dispositivi simili.

L’azienda di Musk ha ottenuto il permesso di testare il chip sugli esseri umani dalla Food and drug administration dopo aver avuto, in passato, difficoltà per ottenere l’approvazione. L’ok dell’agenzia regolatoria statunitense ha dato il via libera all’inizio di uno studio che durerà sei anni durante il quale un robot inserirà chirurgicamente 64 fili flessibili, più sottili di un capello umano, su una parte del cervello che controlla “l’intenzione del movimento”, secondo Neuralink.

Questi fili consentono all’impianto sperimentale – alimentato da una batteria che può essere caricata in modalità wireless – di registrare e trasmettere segnali cerebrali a un’app che interviene sul modo in cui la persona vuole muoversi. Su X Musk ha anche annunciato che il primo prodotto di Neuralink si chiamerà Telepathy. La telepatia, ha detto Musk, consentirebbe “il controllo del telefono o del computer e, attraverso di essi, di quasi tutti i dispositivi, semplicemente pensando”. E “i primi utilizzatori saranno coloro che hanno perso l’uso degli arti. Immaginate se Stephen Hawking (il cosmologo morto nel 2018 e che era affetto da una malattia neurodegenerativa, ndr) potesse comunicare più velocemente di un dattilografo o di un banditore. Questo è l’obiettivo”.