Società

Intelligenza artificiale, alla tavola rotonda della Scuola del Fatto ho capito che non va temuta

di Giorgio Boratto

Quello che è emerso dalla interessante Tavola rotonda promossa dalla Scuola del Fatto è che non saper gestire questa intelligenza artificiale, non saperci rapportare con essa, vuol dire perdere, vuol dire essere condizionati da chi la saprà usare, gestire: questo sarà il nuovo potere che determinerà il prossimo futuro. Mercato, ricerca, impresa, scuola sono e saranno i campi in cui si misureranno le prossime sfide e senza l’Ia non andremo da nessuna parte.

Siamo alle porte di una grande transizione; un grande cambiamento in termini di tecnologia applicativa. Una trasformazione che investirà tutto e tutti per cui l’utilizzo sarà la prova di quanto questo strumento sarà utile e ci aiuterà a progredire tutti insieme.

Il Fatto ha preso coscienza che siamo sempre a rincorrere continuamente l’Ia; questo lo sta facendo anche la politica e l’unico campo che riesce a tenere il passo è quello della scienza, per cui quest’ultima diventa la forza di essere sempre più protagonista del nostro mondo. Oggi la verità è che nessuno riesce a stare dietro al sistema di Ia, per cui ne sfruttiamo la capacità solo al 33%. La Scienza dovrebbe e potrebbe esserci molto di aiuto, ma per paradosso trova opposizione e ostacoli in molte persone.

Non bisogna avere paura dell’Ia, ma deve essere vista come un potente supporto al nostro vivere professionale e quotidiano. Quindi uno strumento dell’uomo per l’uomo. Una tecnologia che può rendere il mondo un posto migliore. Per questo ci viene incontro una particolare Intelligenza che è definita Generativa e crea immagini, video, storie che espandono la nostra creatività… sì, quella rimarrà sempre nostra poiché l’Ia elaborerà una mole infinita di dati sempre e solo nostri.

Un appunto mio: ricordo che uno scienziato molti anni fa disse che finché un robot non si riconosce allo specchio non c’è da aver paura… oggi abbiamo anche quello, ma è frutto di un algoritmo immesso dall’uomo e questo non porta coscienza. Coscienza di sé.

Siamo abituati a vedere nei movimenti e nelle risposte frutto dell’Ia una sorta di vita autonoma e noi sviluppiamo per questo empatia… ma attenti, tutto è prodotto da una elaborazione di dati, che come il soffio di vita divino fa scoprire che dall’evoluzione darwiniana non si scappa.

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