Politica

Lo spezzatino dell’autonomia mostra il peggio degli alleati di governo: Meloni deve liberarsene

Non entro ovviamente sul piano tecnico della testé avviata “riforma sanitaria” (essendo io solo un utente), definita dai proponenti “autonomia differenziata”: un cambiamento che porterà allo smembramento a livello regionale di tutta l’organizzazione sanitaria nazionale, con la conseguenza inevitabile (anche se disponesse di sufficienti fondi) di produrre enormi differenze nei tempi e nella qualità delle cure offerte e probabili ignominiosi risultati discriminatori anche nell’efficacia del servizio offerto, già inadeguato ora che viene svolto col proposito di essere uguale per tutti a livello nazionale.

Di tutto questo ho già scritto circa un anno fa, sbagliando solo la tempistica, perché francamente, ancora adesso ritengo impossibile che una come la “Giorgia” nazionale, assurta con una abilità comunicativa di livello stellare al gradino esecutivo più alto d’Italia, si vada ad infilare in un cul de sac così buio e stretto come quello che gli si para davanti adesso che le tattiche temporeggiatrici avviate al tempo degli accordi elettorali sono arrivate al termine. Per quanto l’abilità seduttiva e produttiva della Meloni possa essere comparata con quella “micidiale” della Maga Circe, non credo che lei possa ancora sperare di prolungare a lungo la sfida col Calderoli, ora padre padrone dell’autonomia differenziata ma che nel recente passato ha fatto conoscere tutta la sua arte strategica mettendo la sua firma nelle varie versioni della legge elettorale meglio conosciuta come “Porcellum”.

Un vero campione, nel suo genere. Infatti all’uscita del voto al Senato riusciva persino a salutare gli amici allargando il suo miglior ghigno di soddisfazione per la vittoria ottenuta … Per qualche ragione inspiegabile, quel ghigno mi ha in un lampo ricordato la scena di quel film sulla Rivoluzione Francese dove l’incappucciato, che accompagnava Robespierre alla ghigliottina, lo confortava con un sibilo dalle labbra assicurando che tra poco anche lui avrebbe smesso di soffrire.

L’attuale vittoria sul provvedimento non è ancora definitiva, dovendo prima essere passare alla Camera (e magari tornare al Senato se modificata), però è paternità della Lega non di Fratelli d’Italia: credo che i seguaci della premier potrebbero gradire come un pugno nello stomaco quel capolavoro di “familismo territoriale” che marcia al contrario.

Non basterà nessuna propaganda sulle reti Rai unificate a far digerire questa riforma agli italiani e ai suoi “Fratelli”. Non basterà nemmeno la loquacità suadente del Donzelli a convincere i “Fratelli” che va tutto bene così. Ma anche chi segue le cose politiche solo dai telegiornali è impossibile che non si chieda quale demone ha potuto convincere la Meloni ad allearsi con quei due partiti eredi della miseria ideologica del Bossi separatista e del Berlusconi filocapitalista, per fare riforme che, da sempre, sono l’esatto contrario delle promesse sociali che lei stessa faceva alla sua base politica.

Ha messo insieme (sul piano mediatico) una efficiente squadretta di personaggi molto ben determinati ma ogni giorno c’è qualche suo “capoccia” che si fa conoscere per quel che realmente vale sul piano politico. Sperare che basti un po’ di determinazione (“Do io le carte!”) o finta noncuranza (“Non c’è verso di liberarsi di me!”) per risolvere tutti i problemi è decisamente illusorio.

Anche la “Madre di tutte le riforme”, affermazione usata nientemeno anche da Saddam Hussein (giustiziato mediante impiccagione dopo la sconfitta contro gli alleati nella seconda Guerra del Golfo), non è di buon auspicio ed è anche cafona verso il presidente Mattarella per il modo rude con il quale è stata diffusa.

Se invece di sollevare tutto questo riformismo, Meloni si liberasse di quell’inutile e dannoso fumo autoritario, fine a se stesso, ma senza reale costrutto, se pensasse seriamente a lavorare da quella poltrona nell’unico modo utile e costruttivo per l’Italia e per i veri fratelli d’Italia (inclusi quelli all’estero), potrebbe sondare con i moderati del 5 Stelle (più abbordabili che l’attuale Pd) la costruzione di una vera alleanza di “Centro-Destra”, moderata e proiettata a risolvere i veri problemi sociali del paese. Non quelli di chi pensa a come evadere agevolmente le tasse che tutti gli onesti pagano.