Mondo

“Putin apre a un cessate il fuoco in Ucraina”: per il Nyt possibile svolta nel conflitto. Perché realpolitik ed elezioni spingono verso la tregua

Più dura lo stallo sul campo del conflitto ucraino più a Kiev e Mosca il dialogo diventa una possibilità concreta. Lo testimonia, come riporta il New York Times, anche la nuova apertura del presidente russo Vladimir Putin che in comunicazioni riservate non ufficiali con intermediari ha “segnalato silenziosamente” di essere aperto a un cessate il fuoco in Ucraina che congeli le attuali linee di confine tra i territori controllati dai due eserciti.

Non sarebbe una vittoria per Volodymyr Zelenski, che dal primo giorno di guerra promette la riconquista integrale del Donbass e della Crimea, ma nemmeno per Putin che aveva portato i suoi carri armati in territorio straniero con l’intento dichiarato di “denazificare l’Ucraina“. Ma dopo quasi due anni di conflitto, miliardi di dollari spesi, centinaia di migliaia di morti e, soprattutto, con le elezioni che nel 2024 si terranno nei due Paesi, ai quali si aggiungono anche gli Stati Uniti, è possibile che la realpolitik possa prevalere sulle promesse fatte nel 2022.

Il clima a Kiev è cambiato – Non è la prima volta che il capo del Cremlino manifesta la propria apertura a un cessate il fuoco. Come ricorda il Nyt, era già successo nell’autunno del 2022, quando la sua avanzata aveva portato ottimi risultati sul campo. La guerra, però, era iniziata solo da qualche mese, la Russia si sentiva forte e in grado di sbaragliare la resistenza nemica, mentre Kiev non aveva alcuna intenzione di capitolare e lasciare in mano a Mosca una fetta così ampia di territorio. Adesso, però, l’inerzia del conflitto è cambiata e da mesi si assiste a una fase di stallo che logora le economie e il sostegno politico dei due presidenti.

Come detto, il 2024 sarà un anno di elezioni nei tre principali Paesi protagonisti di questo conflitto. In Ucraina, dove il voto è previsto nella prossima primavera, nonostante il tentativo di Zelensky di ottenere un rinvio, la situazione è in rapida evoluzione. Il presidente non gode più del sostegno incondizionato e multipartisan del mondo politico. Alcuni esponenti dei partiti di opposizione, come l’ex presidente Poroshenko e il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, hanno già iniziato le proprie manovre per un passaggio di consegne a palazzo Mariinskij, mentre il capo delle Forze Armate di Kiev, il generale Valerij Zalužnyj, da molti indicato come possibile successore di Zelensky, manifesta sempre più spesso la propria contrarietà nei confronti di alcune decisioni del capo dello Stato. A questo si aggiungono le sempre maggiori difficoltà del presidente ucraino nell’ottenere appoggio incondizionato da parte dei propri alleati, concentrati sull’evoluzione del conflitto a Gaza e, nel caso degli Stati Uniti, sulla costante perdita di consensi del presidente uscente (e ricandidato) che ha nella gestione del dossier Ucraina un fattore non secondario.

Il clima a Mosca è cambiato – Anche al Cremlino, però, il contesto politico viene tenuto in considerazione. Alla fine di marzo sono in programma le Presidenziali e Putin ha annunciato solo nelle scorse settimane che si ricandiderà all’età di 71 anni. Anche perché il timore è quello di una lotta per il potere che rischierebbe di indebolire l’attuale leadership. Il Cremlino lo sa, come testimonia l’efferatezza con la quale, da quanto si apprende per volere del segretario del Consiglio di sicurezza, Nikolaj Patrušev, ha liquidato la grana Prigozhin, l’ex capo dei contractor Wagner. A questo si aggiunge la decisione di escludere la candidata anti-guerra alle elezioni, Ekaterina Duntsova, formalmente per un “errore nella presentazione dei documenti”. Arrivare al voto con un cessate il fuoco o, meglio ancora, con delle trattative in corso, potrebbe offrire a Putin un’arma importante da giocarsi alle elezioni.

Il clima a Washington è cambiato – A fine 2024 si voterà anche negli Stati Uniti e il dossier Ucraina sta diventando sempre più una clava con la quale l’opposizione repubblicana tenta di colpire l’attuale amministrazione. Joe Biden non vuole arrivare alle urne con due guerre in corso, dopo aver ereditato un Paese coinvolto, seppur in uscita, solo nel conflitto in Afghanistan. Sa però di non poter semplicemente scaricare l’alleato ucraino che, però, è stato più volte avvertito in questi mesi che il vento sta cambiando e una guerra senza fine con Mosca non è sostenibile. Soprattutto politicamente. Portare Kiev a prendere in considerazione un cessate il fuoco che apra un canale di dialogo, anche mediato, disinnescherebbe la narrativa repubblicana dello “stop agli assegni in bianco all’Ucraina” e indebolirebbe le promesse di quello che, a oggi, sembra essere il principale candidato a correre contro Biden alle elezioni, Donald Trump, pronto a “far terminare la guerra in un giorno“.

Il clima a Bruxelles sta cambiando – Dove il sostegno a Kiev è ancora forte è tra le istituzioni europee. Von der Leyen, Michel, Borrell e Metsola hanno tutti espresso, con gradi diversi di coinvolgimento, pieno e incrollabile appoggio alla causa ucraina. Tra le cancellerie europee, però, qualche dubbio inizia a emergere. Capofila di questo ancora piccolo gruppo di Paesi che chiede una minore aggressività nei confronti di Mosca è senza dubbio il primo ministro ungherese, Viktor Orban. Nel corso dell’ultimo Consiglio europeo si è opposto all’avvio ufficiale dei negoziati per l’adesione del Paese di Zelensky all’Ue, permettendoli solo uscendo dalla sala senza votare. Inoltre, ha bloccato fino all’anno prossimo la discussione sul bilancio pluriennale proprio sul tema dei finanziamenti a Kiev. Una posizione ancora più netta rispetto a quella del passato, quando si era opposto, ad esempio, all’approvazione di diversi pacchetti di sanzioni nei confronti di Mosca, motivando la propria decisione con gli interessi nazionali ungheresi.

Se alle perplessità sulle trattative per l’adesione si era inizialmente aggregata anche l’Austria, adesso è la Slovacchia, con il premier Robert Fico, che esprime perplessità sulle possibilità di Kiev di ottenere risultati positivi dal conflitto in corso. “Dobbiamo affrontare la verità e dire che l’Ucraina non ha abbastanza forze per ribaltare militarmente la situazione e non è in grado di fare alcuna controffensiva – ha dichiarato – Possiamo riversare lì tutte le armi del mondo, tutti i soldi, e la Russia non sarà mai sconfitta militarmente. A cavallo tra il 2023 e il 2024 vedrete la Russia iniziare a dettare i termini della risoluzione di questo conflitto”.

La Nato ci crede ancora – Chi invece rimane fermo sulle sue posizioni è il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. La guerra in Ucraina, che a detta di Putin doveva provocare la distruzione dell’Alleanza, l’ha invece ricompattata come mai negli anni recenti. Al momento, quindi, il politico norvegese non ha alcuna intenzione di cambiare le carte in tavola, col rischio di creare malumori tra i membri del Patto Atlantico, anche se la posizione americana inciderà molto sulla sua postura. La Russia, ha detto, “ha perso l’Ucraina per sempre” e non è più in grado di raggiungere i suoi obiettivi: “Tutto il proposito dell’invasione era di impedire che l’Ucraina si avvicinasse all’Alleanza Atlantica e all’Unione europea. Ora l’Ucraina è più vicina che mai a Nato e Ue“. Questa, secondo Stoltenberg, “è una grande sconfitta strategica per la Russia”. Intavolare trattative, però, potrebbe stravolgere gli equilibri.

Twitter: @GianniRosini