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Davanti alle bombe su Gaza, come si può definire Israele un faro di democrazia?

In queste settimane di bombardamenti su Gaza da parte di Israele, che hanno portato a migliaia di vittime civili, tra cui troppi bambini innocenti (e portato l’ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale a parlare di “genocidio”), si è sentito parlare di “esercito più morale del mondo”, di “stato democratico”, di “faro democratico nel Medio Oriente” in un coro quasi unanime di politica e mezzi di informazione italiani, europei ed occidentali, che sembrano usare due pesi e due misure a seconda della nazionalità del carnefice e delle vittime.

Ma si può parlare di stato di diritto quando questo è oggetto di denunce su violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da decenni, e usa quella che chiama “detenzione amministrativa” per arrestare qualsiasi palestinese, senza accuse, senza un processo e senza durata prestabilita? Siamo sicuri che questi palestinesi non si sentano anche loro “ostaggi” di Israele?

Se si pensa poi che Israele non si fa scrupoli ad arrestare anche donne e bambini (come ci ricordano quelli rilasciati in questi giorni in cambio degli ostaggi israeliani), la domanda è, a mio avviso, ancora più lecita.

Questi ultimi raccontano di essere stati trattati con metodi che nulla hanno di uno stato di diritto, ma che ricordano più quelli usati dalla democrazia a stelle e strisce a Guantanamo o nelle prigioni di Abu Ghraib: tenuti in celle al freddo affinché non potessero dormire più di qualche ora, spray con gas lacrimogeno, percosse, divieto di vedere un dottore o farsi visitare, divieto di ricevere visite, restrizioni alle visite dell’avvocato, bambini giudicati da corti marziali invece che da tribunali civili etc etc.

Recentemente il gruppo israeliano Hamoked e Amnesty International hanno denunciato un aumento degli arresti arbitrari, nonché le condizioni dei detenuti oggetto di torture, umiliazioni fisiche e morali: Le percosse al resto del corpo non si sono fermate, a un certo punto ha iniziato a saltarmi sulla schiena – tre o quattro volte – mentre gridava ‘muori, muori spazzatura’… alla fine, prima che tutto questo cessasse, un altro ufficiale ha urinato sul mio viso e sul mio corpo mentre ci urlava anche lui ‘muori’ – Una vittima aggredita da coloni e militari israeliani a Ramallah Est.

Oltre ad Amnesty, anche Save the Children, l’estate scorsa, aveva pubblicato un rapporto che ha rilevato che la maggior parte dei bambini intervistati aveva subito, nelle carceri israeliane, abusi fisici ed emotivi, perquisizioni corporali e la negazione dei servizi di base. Sempre secondo Amnesty, sarebbero oltre duemila i palestinesi detenuti in “detenzione amministrativa”. Le denunce non arrivano dalle autorevoli Ong che si occupano di diritti umani, ma anche da mezzi di informazione che sicuramente non possono essere accusati di simpatia con i palestinesi o vicinanza con Hamas, come le americane NBC e CNN. Qui uno dei tanti episodi di maltrattamento nei confronti di un palestinese, che viene bendato e obbligato a ballare una canzone israeliana.

“Le uccisioni sommarie e la presa di ostaggi da parte di Hamas e di altri gruppi armati il 7 ottobre sono crimini di guerra e devono essere condannati come tali – dichiara Amnesty – ma le autorità israeliane non devono usare questi attacchi per giustificare i propri attacchi illegali e la punizione collettiva dei civili nella Striscia di Gaza assediata e l’uso della tortura, della detenzione arbitraria e di altre violazioni dei diritti dei prigionieri palestinesi”. Il divieto di tortura non può mai essere sospeso o derogato, anche e soprattutto in momenti come questi.

Il quadro descritto evidenzia chiaramente gravi violazioni dei diritti umani. La situazione nei territori occupati solleva importanti interrogativi sulla legittimità dell’uso della detenzione amministrativa, in particolare quando coinvolge civili, donne e bambini, e sull’effettiva pratica di tortura e maltrattamenti.

Gli esempi concreti di come la vita dei palestinesi sia resa un inferno dalle politiche segregazioniste e discriminatorie di Israele sono infiniti. Recentemente ne ho letti alcuni davvero assurdi: pensate che i palestinesi non possono neanche raccogliere l’acqua piovana che cade sulla loro terra. Perché? Stando ad Israele anche quest’acqua, che cade dal cielo, apparterrebbe a loro.

O ancora, vietato gioire per la famiglia che ritrova un proprio caro che torna a casa dopo anni passati nelle carceri israeliane nelle condizioni di cui sopra: questa pratica è vietata da Israele nei territori occupati della Cisgiordania, perché considerati “espressione di sostegno al terrorismo” come racconta la Cnn.

I paesi che hanno a cuore il rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani (seriamente e non solo quando gli fa comodo, vedi in Ucraina) dovrebbero esercitare pressioni affinché si ponga fine a tali abusi. Finché ci saranno arresti e uccisioni arbitrarie, occupazione illegale dei territori palestinesi e continue violazioni al diritto internazionale, non ci sarà giustizia, e senza giustizia purtroppo non ci può essere pace. “Eliminare Hamas” senza andare a comprendere quali sono le cause che hanno portato ad Hamas significa essere ciechi, come ha ricordato il segretario generale dell’Onu Guterres. Un po’ come curare una malattia con un farmaco che fa scomparire solo i sintomi invece di andarne a eliminare le cause.