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Cina, serve sempre più dialogo e cooperazione. Soprattutto sui diritti umani

Come giustamente affermato da Romano Prodi, che si conferma uno dei politici italiani più lungimiranti degli ultimi quarant’anni, per giungere alla pace in Ucraina sarà necessario un accordo complessivo tra Stati Uniti e Cina. Ciò peraltro sottintende l’accettazione piena, da parte statunitense, del nuovo ordine mondiale multipolare in fieri, che vede proprio nella Cina uno dei principali pilastri. Tale ordine deve significare la liquidazione totale e definitiva del sistema di oppressione e sfruttamento coloniale di stampo occidentale che ha malgovernato il pianeta per oltre cinque secoli e ci lascia oggi in eredità fenomeni assolutamente negativi come per l’appunto le guerre, il cambiamento climatico e il degrado ambientale in genere, la povertà e miseria diffuse, lo strapotere della finanza parassitaria.

Nell’ambito di tale nuovo ordine multipolare emergono del resto, accanto alla Cina, altri protagonisti come l’India, i Paesi africani e quelli latinoamericani e altri ancora. Si tratta, com’è evidente, di situazioni tra loro diverse, che presentano ciascuna le proprie caratteristiche culturali. Proprio per questo, quindi, è necessario approfondire il confronto e il dialogo alla ricerca dei valori comuni che devono costituire la base assiologica comune del futuro condiviso dell’umanità.

Fra di essi occupano un posto fondamentale i diritti umani. Nulla di più sbagliato che considerare tali diritti un patrimonio esclusivo dell’Occidente, che anzi se ne è servito strumentalmente per tutelare i propri interessi materiali e consolidare il proprio dominio, determinandone in tal modo un profondo snaturamento. Esempi in tal senso non mancano: guerre combattute in nome dei diritti umani sono state quelle degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq e Libia, disastrose sia per i loro danni immediati che per le devastazioni che hanno provocato a lungo termine. Così come in nome dei diritti umani e della democrazia sono state comminate sanzioni illegittime a carico di Stati come Cuba, Venezuela, Nicaragua ed altri che si traducono a loro volta nella violazione massiccia dei diritti umani di milioni di abitanti di tali Paesi.

I diritti umani, invece, vanno intesi seriamente e in buona fede come base del dialogo interculturale oggi più che mai necessario. A tale intento ha risposto la Conferenza eurocinese sui diritti umani che abbiamo organizzato mercoledì scorso 20 settembre a Roma, all’interno della quale si è verificato un intenso scambio di informazioni e prospettive tra studiosi cinesi, italiani e di altri Paesi europei. Si tratta della necessaria cornice ideologica e programmatica per l’altrettanto necessario sviluppo della cooperazione concreta tra Italia, Europa e Cina su tutti i temi che sono all’ordine del giorno: pace, disarmo, salvaguardia ambientale, sviluppo sostenibile ed equilibrato del pianeta.

Nonostante gli isterici attacchi e le critiche infondate ricevute da taluni organi informativi di rilievo marginale, come il Foglio, o da politici di quart’ordine, tale Conferenza ha pienamente raggiunto i suoi scopi e chi volesse approfondirne i contenuti potrà farlo colla pubblicazione degli arti o ascoltando nel frattempo la registrazione a cura di Radio Radicale. Numerosi sono stati del resto, nel corso del mese di settembre, gli incontri italo-cinesi avvenuti nel nostro Paese sui temi più disparati e ve ne saranno di sempre più frequenti in futuro, nell’ambito di quello che lo stesso governo Meloni, pur non procedendo, malauguratamente, a rinnovare l’accordo sulla Nuova via della seta, continua a definire un
partenariato strategico.

Sempre nell’ambito di questo sforzo congiunto e di lungo periodo mi trovo attualmente a Pechino per partecipare alla “Conferenza internazionale su ambiente, sviluppo e diritti umani: la protezione ecologica marina nel processo di modernizzazione”. Mettere a punto nuove normative e nuove tecnologie in grado di combattere l’inquinamento dei mari costituisce oggi un altro dei compiti fondamentali cui deve fare fronte la cooperazione internazionale. Un nuovo approccio cooperativo, che combini le responsabilità giuridiche degli Stati costieri col principio del patrimonio comune dell’umanità applicabile alle zone internazionali, risulta indispensabile ed urgente proprio nelle regioni marittime, come il Mar Cinese Meridionale, dove si registrano oggi controversie e tensioni.

Da citare in questo quadro anche il recente Accordo per la protezione della biodiversità in alto mare, la cui stipulazione ha pure visto fattive convergenze tra Cina, Unione Europea ed altri. Ma su tutto il complesso delle tematiche di ordine ambientale sarà cruciale sviluppare la cooperazione colla Cina. Basti pensare alle fonti energetiche alternative necessarie per ridurre e tendenzialmente abolire il ricorso al fossile e sulle quali la Cina, grazie alla sua programmazione pubblica delle attività economiche, è ben più avanti di noi, come dimostra ad esempio la produzione delle automobili elettriche.