Lavoro & Precari

“Come farò a comprare le medicine?”. “Meloni ci sta mandando a chiedere l’elemosina”. Le storie di chi ha già perso il reddito di cittadinanza

Luciana stenta ancora a crederci. Legge e rilegge ilmessaggio con cui, lo scorso 27 luglio, con poche (e confuse) parole, l‘Inps le ha comunicato che a partire da agosto non potrà più beneficiare del Reddito di cittadinanza. “Siamo una famiglia monogenitoriale, ho un figlio in affidamento esclusivo che ancora studia all’Università, un affitto da 600 euro da pagare, le spese. Il reddito mi aveva salvata, ora non so come farò”. Per dieci anni aveva lavorato per una società di call center che operava per Trenitalia, con un contratto a tempo indeterminato: “Il primo e unico serio mai firmato”, racconta. Poi, nel 2012, l’inizio del calvario, lasciata a casa, quando nell’appalto subentrò Almaviva. “Alla mia età, a 56 anni, ho capito che ricollocarmi è quasi impossibile, almeno con un certo inquadramento contrattuale”.
Lo stesso destino di Ida, ex psicologa e mediatrice culturale che parla cinque lingue, oggi 59enne, rimasta anche lei senza lavoro. Dopo aver perso il figlio, racconta al ilFattoQuotidiano.it, si è ammalata per diversi anni, ha perso la casa dove viveva da oltre 30 ed è stata sfrattata. “Piano piano mi sono ripresa. Mi era però rimasto soltanto il reddito, ora me lo tolgono. Con la spesa mi hanno aiutata i volontari di Nonna Roma, ma con le medicine? Grazie al reddito le potevo acquistare, mi ero anche comprata gli occhiali da vista. Come farò a curarmi ancora?”.

Un destino, quello di Ida e Luciana, comune per circa 169mila nuclei familiari, 12mila nella provincia di Roma, la seconda (dopo Napoli, con 21mila) per numero di sussidi sospesi. Perché dopo lo smantellamento e la stretta voluta dal governo Meloni, la volontà di interrompere l’erogazione del Reddito per i cosiddetti “occupabili” a sette mesi si è già trasformata in realtà. Il reddito sarà ancora percepito soltanto dalle famiglie con minori, persone con disabilità o in carico ai servizi socio-sanitari, o persone di età pari o superiore ai 60 anni, come prevede la nuova normativa che dichiara appunto “occupabili” tutti gli altri poveri. Escludendoli dall’Assegno di inclusione al via dal prossimo primo gennaio. Così chi ad agosto perderà il reddito, da settembre potrà al massimo chiedere il Supporto per formazione e lavoro da 350 euro al mese per 12 mesi, non rinnovabili, per seguire corsi di formazione. Ma accedervi non sarà semplice, dato che l’Isee non dovrà superare i 6mila euro. Tradotto, servirà essere ancora più poveri dei poveri ai quali verrà concesso l’Assegno di inclusione (che prevede una soglia di 9360 euro), grazie ai componenti fragili del nucleo familiare. Con il rischio che in migliaia di famiglie restino alla fine senza alcun sostegno da parte dello Stato. E che l’unica speranza sia trovare qualche lavoro, quasi una chimera.

Intanto c’è già chi ha detto addio al reddito, a meno di non venir poi presi in carico dai servizi sociali del proprio Comune, dopo la valutazione degli stessi. Se dovessero ritenere la persona “non attivabile al lavoro“, inseriranno i dati nella piattaforma GePI, cioè quella per la gestione dei Patti per l’inclusione sociale (lo strumento per l’attuazione delle attività di competenza dei Comuni rivolte ai beneficiari del reddito di cittadinanza). Eppure, “la presa in carico da parte dei servizi sociali non è prevista per quei nuclei che presentano solo bisogni di tipo lavorativo, i cui componenti in età attiva sono stati indirizzati ai Centri per l’impiego”, si avverte già nelle faq del ministero.

“Con quel messaggio ho avuto l’impressione che il governo si volesse lavare le mani, delegare tutto ai Comuni e agli assistenti sociali. Non si capiva bene, tanta gente come me si è trovata spiazzata, senza sapere come e cosa fare”, spiega Luciana, dalla sede di Nonna Roma. Un banco del mutuo soccorso che attraverso la distribuzione alimentare e di prodotti di prima necessità aiuta dal 2017 tantissime famiglie in condizione di povertà, per permettere a tante persone di uscire da una condizione di disagio e marginalità economica e sociale. E tra le realtà protagoniste della campagna “Ci vuole un Reddito“, che aveva riunito oltre 140 tra associazioni, movimenti e organizzazioni sociali, sindacati e studenti, portando per le strade della Capitale 15mila persone a fine maggio per un corteo contro il decreto Lavoro e a difesa del Reddito. C’era anche Ida in testa al corteo, attivista e volontaria per la stessa Nonna Roma, per raccontare la sua storia. Ormai ex percettrice, si scaglia contro il governo: “Meloni vuole che andiamo a chiedere l’elemosina alla stazione Termini? Fanno una guerra contro i poveri, ma non siamo noi a doverci vergognare di essere poveri, in Italia questa è realtà”. “Su di noi vogliono fare cassa, ma la facciano sugli sprechi, sui vitalizi, sui loro stipendi”, taglia corto pure Luciana.
“Il governo ha mostrato una totale indifferenza, anche umana, nei confronti di queste famiglie. Abolisce il reddito, annuncia misure spot e briciole come la social card, rinvia un tema centrale come il salario minimo. Non gli importa nulla di quei milioni di italiani che non arrivano alla fine del mese, li vuole soltanto più ricattabili e precari“, denuncia Alberto Campailla, di Nonna Roma. Per poi lanciare un appello: “Serve una proroga, almeno per qualche mese, anche per dare tempo ai servizi sociali di riorganizzarsi. E per sedersi a un tavolo, in modo da capire quale possa essere una misura migliorativa, diversa dal Reddito, ma che sostenga queste persone”. Un appello, quello sulla proroga, condiviso anche dall’Alleanza contro la povertà.
Eppure il governo non intende tornare indietro, pur tra le polemiche delle opposizioni e il caos creato, con i problemi tecnici sulla comunicazione dei dati dei “fragili” ai servizi sociali, così come le tensioni agli uffici dei servizi sociali, a loro volta impreparati e privi di istruzioni chiare. Chi ha perso il sussidio teme invece per il proprio futuro: “Chi è al governo non si rende conto della realtà vera delle famiglie. Stiamo vivendo un incubo“.