Economia & Lobby

Allungamento della durata dei mutui: tra l’Abi e Giorgetti ci si mette l’Europa

Nei giorni scorsi lo scambio di amorosi sensi tra l’Associazione bancaria italiana (ABI) e il ministro Giancarlo Giorgetti ha acceso una speranza nelle famiglie italiane. “Ritengo indispensabile e urgente che si raggiunga un accordo per un allungamento della durata dei mutui a tasso variabile così da mitigare l’impatto talvolta insostenibile dell’incremento delle rate a carico delle famiglie”: questo l’invito di Giorgetti intervenendo all’assemblea dell’Abi, che prontamente ha approntato addirittura un decalogo semplice e semplificato: ecco fatto, gli italiani possono partiture sereni per le vacanze. È bastato parlarsi: ministro e banchieri, facile.

Ma non è proprio così perché tra “lui” (il ministro) e “loro” (le banche) si insinua “lei” (la cara, vecchia ma soprattutto rigorosa Europa), che è proprio quel dettaglio in più che è stato trascurato nello scambio di parole/intenzioni, sulla carta. Ebbene sì, perché sicuramente il ministro Giorgetti sa che tutto ciò, a oggi, non è possibile, o meglio possibile sì ma a patto che qualcuno ci metta la differenza. Come avvenne nel 2008 con l’approvazione del decreto anticrisi, quando il Governo fissò il tasso massimo al 4% pagando la differenza in caso di superamento del tetto.

In realtà il ministro avrebbe pensato ad un intervento a costo zero per le casse dello Stato: le banche allungano gli anni per rimborsare le rate del mutuo e così la rata diminuisce. Peccato che c’è l’incomodo Europa, che nel gennaio del 2021 ha ridefinito il concetto di default per le posizioni creditizie in pancia al sistema bancario. Per l’EBA, l’autorità di controllo europea del sistema bancario, quando la rata mensile di un mutuo varia per un importo superiore all’1% rispetto alla rata originaria, allora quella posizione dovrà essere considerata in default. Tradotto: tu governo puoi dire alle banche di attuare questa politica in favore delle famiglie e delle imprese, ma qualcuno deve metterci il mancante perché altrimenti quelle stesse famiglie – ignare – di fatto diventeranno dei cattivi clienti per il sistema bancario, ovvero dei crediti a rischio. Insomma, come se le famiglie italiane che hanno stipulato un mutuo a tasso variabile per comprarsi la casa fossero prossime a non poter onorare il proprio debito.

Difficile anche solo pensare che qualcuno, al ministero, non abbia calcolato l’incognita Europa che ad oggi è sempre stata inflessibile, per volontà dei Paesi del Nord Europa, nel consentire una deroga alla norma sul default.

Quello che sembra più plausibile è che si sia agito con la solita politica degli annunci: per rassicurare gli italiani, per far loro magari prenotare le vacanze in santa pace e dare quel famoso impulso all’economia che piace tanto ripetere ai politici e leggere come titolo di prima pagina. Attenzione però, perché questa volta le famiglie potrebbero vedersi rifiutare un prestito o una pratica di richiesta di denaro, perché ritenute “insolventi” per aver ristrutturato un precedente finanziamento.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it