Scuola

Psicologo a scuola: l’Italia ancora non ce l’ha obbligatorio (a differenza dell’Ue). E i pochissimi fondi sono già stati interrotti

In Italia i disturbi legati alla salute mentale tra i giovani sono in aumento da anni e sono stati aggravati dalla pandemia. Eppure, siamo l’unico Paese in Europa a non prevedere nel sistema scolastico la figura professionale dello psicologo d’istituto. Attacchi d’ansia, autolesionismo e tentativi di suicidio vengono sempre più segnalati tra gli adolescenti. E negli ultimi dieci anni, le Neuropsichiatrie infantili hanno registrato un aumento dell’87% delle richieste d’aiuto nell’età compresa tra i 14 e i 20 anni. Sintomi di un disagio che, nei casi più gravi, trova forme espressive violente. Sia verso se stessi che nei confronti degli altri, come testimoniato dall’aggressione subita dall’insegnante dell’istituto Alessandrini di Abbiategrasso, comune alle porte di Milano. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, dopo aver espresso la sua solidarietà alla professoressa ferita, ha dichiarato che è necessario “riflettere sull’introduzione dello psicologo a scuola”. Eppure, fino all’anno scorso esistevano dei finanziamenti ad hoc per l’assistenza psicologica negli istituti. Fondi che, dopo l’insediamento del nuovo esecutivo, non sono stati riattivati.

A fine 2020, per provare a limitare i disagi derivanti dall’emergenza Covid-19, il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi e il Ministero dell’Istruzione hanno firmato un protocollo d’intesa. Questo prevedeva che ogni scuola ricevesse circa 5mila euro l’anno per garantire assistenza psicologica agli studenti e assicurare servizi di consulenza al corpo decente e a tutto il personale dell’istituto. Il fondo da circa 40 milioni di euro annui era stanziato al di fuori dei finanziamenti ordinari erogati alle scuole, in modo da poter essere utilizzato esclusivamente per il supporto psicologico. Attivato per due anni scolastici consecutivi (2020/21 e 2021/22), con l’arrivo del nuovo ministro il protocollo non è stato riattivato.

Prima dell’avvio del progetto, le scuole che garantivano assistenza agli alunni erano appena il 25%. Durante i due anni in cui i finanziamenti sono stati erogati, la percentuale è salita al 70%. Ora, senza fondi dedicati, molte scuole hanno dovuto tagliare questo servizio. “Concedere dei finanziamenti specifici per questo scopo è fondamentale per eliminare la disparità di trattamento nelle diverse scuole”, spiega a ilfattoquotidiano.it Davide Baventore, vicepresidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia. “Il protocollo garantiva un budget dedicato. Senza questo, affidandosi ai fondi generici, è difficile garantire uno standard quantitativo e qualitativo del servizio psicologico in tutte le scuole. Ognuna può fare una scelta diversa”, prosegue. Alcuni istituti riescono a mettere a disposizione uno sportello per qualche ora a settimana, altri offrono incontri collettivi agli studenti. Molte scuole, però, hanno dovuto eliminare ogni servizio.

La modalità odierna, che prevede la creazione di bandi su base annuale per la selezione dei professionisti, espone gli istituti a un grande turnover. Gli psicologi si susseguono. Non hanno la possibilità di lavorare per un lungo periodo all’interno dello stesso contesto e quindi di acquisire le conoscenze necessarie. “Non c’è continuità nell’assistenza con queste formule episodiche di poche ore – conclude Baventore -. Non c’è modo di conoscere i ragazzi, i bisogni del corpo docente e della dirigenza o l’ambiente sociale in cui vivono gli studenti. Per fare questo serve tempo”.

E sulla necessità di dare continuità ai servizi di supporto è d’accordo anche Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola (Anp): “I finanziamenti previsti dal protocollo, di poche migliaia di euro per ogni scuola, consentivano a ogni istituto di garantire al massimo tre o quattro ore di servizio psicologico a settimana”, spiega Giannelli. “In Italia abbiamo un po’ la tendenza a ritenere che la scuola sia il luogo in cui si insegna e basta, è limitativo – prosegue -. Serve al più presto una soluzione diversa. L’assunzione di uno psicologo per ogni scuola, l’inserimento di un professionista dedicato nell’organigramma scolastico, permetterebbe di dare costanza al trattamento”, conclude.

Ed è proprio su questo punto che si fonda la proposta di legge presentata alla Camera dai due deputati di Forza Italia, Patrizia Marrocco e Mauro D’Attis. L’obiettivo del provvedimento è di rendere stabile la figura dello psicologo di istituto all’interno del sistema scolastico italiano. Per fare questo, la legge prevede l’autorizzazione di una spesa di 30 milioni di euro per il 2023 e di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2024. Alle dirette dipendenze del dirigente scolastico, il professionista potrà formulare pareri e suggerimenti scritti in relazione a tutte le aree di intervento. Su richiesta del consiglio di classe, potrà partecipare alle lezioni e avrà il diritto di convocare i genitori e organizzare colloqui. Il testo del provvedimento stabilisce anche l’orario di lavoro dello psicologo scolastico, 36 ore, e la retribuzione, non inferiore a quella di un docente al momento dell’immissione in ruolo. La posizione sarà aperta a tutti gli psicologi iscritti all’ordine con una specializzazione quadriennale nello specifico settore dell’età evolutiva. Ma la proposta dei forzisti non è l’unica. A marzo scorso, l’Unione degli studenti universitari (Udu) ha presentato una proposta di legge per chiedere che ci sia un sostegno gratuito anche nelle facoltà e che, in generale, il tema del disagio sia affrontato al più presto.

Per i sindacati però, non è abbastanza. Secondo Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale della Flc Cgil (Federazione che opera nei settori dell’istruzione, della formazione e della ricerca) quando si affronta il problema bisogna ricordarsi che non può essere trattato individualmente, come disturbo del singolo studente. Deve essere la scuola stessa a garantire il supporto necessario ai giovani, trattandoli come membri di una comunità, con dei bisogni collettivi. Ma per fare questo servono investimenti. “Per combattere il peggioramento delle condizioni psicologiche dei ragazzi dobbiamo rafforzare la scuola – spiega -. La soluzione del disagio studentesco non può arrivare dall’esterno. Abbiamo bisogno di recuperare i fondi tagliati dalla riforma Gelmini e investire nell’organico degli istituti”. “Continuiamo a pensare a supporti esterni per una struttura che dentro però è troppo debole – prosegue Pistorino -. Può essere d’aiuto avere un professionista a disposizione, ma non è alternativo agli investimenti sull’organico. Non è risolutivo introdurre nuove figure nel sistema se questo continua a essere impoverito. È un atteggiamento schizofrenico”.