Società

La storia di Nicola Bloise, poeta calabrese delle case e delle cose

In Calabria c’è un poeta delle case e delle cose. In un’altra vita, nel secolo scorso, ingegnere funzionario dell’Anas, lavoro che ha lasciato di buon grado non appena l’età gli ha permesso di andare in pensione “con il minimo” – a quel tempo si poteva, ora più che un sogno è una chimera. Nicola Bloise, all’inizio di quella straordinaria avventura – recuperare vecchie case abbandonate del centro storico di Morano – lo hanno definito in molti “un folle”. Altri, con piglio sarcastico, “un sognatore”.

In effetti oltre un ventennio fa, quando si ritira in quel suggestivo borgo calabrese ricco di storia e di cultura nel quale, come direbbe Leopardi, “il tempo suo primo e di lui si spendea la miglior parte”, nessuno avrebbe scommesso mezzo euro sulla riuscita di quella sua personale “visione”. Compra case abbandonate, raccoglie materiale vecchio di ogni genere: dai tavoli da falegname alle vecchie radio, dai vasi di terracotta alle coperte di telo ricavato dai filati di ginestra, vecchi divani, sedie, tavoli, bauli di ogni genere e misura, lampade, tavole di legno, antichi lavabo in ferro battuto e ceramica, strumenti musicali, vecchi e nuovi. Lo chiamano in molti, quasi fosse un addetto allo smaltimento degli ingombranti.

Uno dei maggiori pregi di questo “piccolo grande uomo” è quello di non essersi mai lasciato soffocare lo spirito e offuscare la mente dalla logica dei consumi e dei contributi degli Enti pubblici, non ha mai chiesto niente a nessuno. Anche per questo riesce a vedere gli oggetti in profondità, a saper ascoltare la loro storia. Inizia così un lento e faticoso recupero delle case e degli oggetti con i quali si pone, oltre che in ascolto, in atteggiamento di profondo rispetto per tutto ciò che sono stati in passato: fatica, lavoro manuale o casalingo, sacrifici e rinunce per avere di che coprirsi nei lunghi e freddi inverni dove ci riscaldava con i bracieri e le coperte. Preziosi vasi di terracotta, piccoli e grandi, che custodivano quanto necessario per avere di che cibarsi. Tutti gli oggetti e gli utensili che raccoglie hanno una storia da raccontare, ma non è semplice saperla ascoltare. Occorre intus-legere, leggere dentro le cose e le case e immergersi nel flusso della vita quotidiana degli antichi borghi, con i loro colori, profumi e sapori.

La storia non finisce certo qui. Nicola ha avuto anche la brillante intuizione di rivalutare alcune case rendendole capaci di ospitare percorsi museali e sale espositive di ornitologia, entomologia, della fauna presente in Calabria recuperando carcasse di animali selvatici morti e facendoli quasi rivivere attraverso una giusta collocazione espositiva. Questo per dare anche ai bambini e alle scolaresche la gioia e la curiosità di scoprire le migliaia di insetti presenti nel territorio del pollino, dai più piccoli ai più grandi, parti di quella immensa rete vivente in cui ogni singolo componente svolge un compito ben preciso basato sulla condivisione del ruolo della trasformazione delle energie presenti sulla Terra.

Ogni casa recuperata è ispirata ad una specifica tematica: il viandante, il pellegrino, la musica, la poesia, con l’intento preciso di far rivivere la bellezza dei luoghi e di sentirsi tutti un po’ viandanti, pellegrini, musicisti, poeti. Nicola nel 1998 ha fondato “Il Nibbio”, associazione no-profit che mette insieme altre persone che, come lui, condividono le stesse passioni e visioni. Quando si visita il museo e albergo diffuso creato da Nicola e i suoi amici, si torna a casa cambiati. Non si pensa più alla triste fine alla quale sono destinati i nostri piccoli borghi, quello di essere disabitati e abbandonati. Ad una condizione però: come Nicola, urge uscire dalla logica della rassegnazione e della sfiducia, o peggio ancora correre dietro a finanziamenti e contributi vari. Lasciarsi trasportare dalla passione per la propria terra e le proprie origini. Essere i “primi cittadini” di quella “città del sole” ideale, certo, ma possibile, dove nulla si perde e tutto si trasforma nell’infinito fondersi, senza confondersi, nel mistero di un’esistenza che diviene altra.