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Mistero sulla salute di Lukashenko: dalla fuga da Mosca alla mano bendata. Le voci sui sosia e la malattia

L’opposizione si prepara alla successione in caso di morte, perché chi oggi è al suo servizio agisce nel terrore e non è scontato che gli resti fedele anche dopo. E nel frattempo si rincorrono voci di segno opposto: che sia la Russia a volerlo eliminare per annettere la Bielorussia facilmente in caso di sconfitta in Ucraina, o che al contrario Mosca faccia il possibile perché resti al potere, visto che è da sempre il suo alleato di ferro. Al momento però non c’è alcuna certezza sulle condizioni di salute del dittatore di Minsk Aleksandr Lukashenko, che dopo la partecipazione alla Parata della Vittoria sulla Piazza Rossa lo scorso 9 maggio (nella foto a destra) aveva fatto frettolosamente ritorno in patria, pare per un malore. C’è chi crede che sia gravemente malato e chi, addirittura, lo dava già per morto.

Le foto e il filmato – Dopo giorni di silenzio, però, il 15 maggio il presidente bielorusso è tornato a comparire in pubblico. Una foto comparsa sul sito web presidenziale lo ritrae in piedi, rigido, in giacca militare, mentre fa il saluto a un ufficiale. Un’altra immagine lo mostra seduto alla scrivania di un posto di comando: appare con lo sguardo fisso, quasi come una statua di cera (nella foto a sinistra), scrive il sito dell’opposizione Nasha Niva. Un video di Lukashenko che parla ai militari è poi apparso su un canale Telegram legato al servizio stampa presidenziale. Nelle immagini però si vede una benda coprire la mano sinistra del leader bielorusso. Una benda simile a quella che era stata vista sulla mano destra durante la parata al Cremlino della settimana scorsa. Nel video, Lukashenko parla poi agli agenti con una voce insolitamente roca e debole, a volte facendo una pausa tra le parole. L’intento dei media era dissipare le voci e i rapporti secondo cui Lukashenko fosse gravemente malato, ma ha avuto come risultato quello di sollevare nuovi interrogativi.

In regimi autoritari come quello bielorusso, chiusi verso l’esterno ed ermetici verso l’interno, è sempre difficile scovare informazioni attendibili, ma dalle opposizioni sono convinti: “Lukashenko è gravemente malato”, ha detto nei giorni scorsi l’ex ministro della Cultura Pavel Latushko, attualmente in esilio. La leader dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya, anche lei fuori dal Paese, si spinge oltre e invita a “essere ben preparati a ogni scenario” chiedendo l’aiuto della comunità internazionale affinché sia “proattiva e veloce”. Anche da Kiev arrivano le stesse notizie, con il rappresentante della Direzione principale dell’intelligence Andriy Yusov che conferma le informazioni, ma crede che per l’Ucraina e per il mondo intero “la salute di Putin sia molto più interessante”. La Russia, nel frattempo, ha invitato ad attenersi esclusivamente alle informazioni ufficiali. Che, però, non ci sono.

I piani dell’opposizione bielorussa – “Potrebbe esserci un momento in Bielorussia in cui il regime cambierà e saranno necessarie nuove forze per guidare la il paese sulla via della democrazia. Il popolo bielorusso non sostiene il regime, è solo oppresso e non può cambiarlo, ma se qualcosa dà segni di cambiamento, le forze democratiche bielorusse devono essere pronte per nuove elezioni e per la presa del potere”, ha detto l’europarlamentare ed ex ministro della Difesa lituano Juozas Olekas parlando con i giornalisti al termine dell’incontro tra un gruppo di parlamentari del Paese baltico e i rappresentanti dell’opposizione bielorussa in esilio.
Aleksandr Dobrovolski, consigliere della leader dell’opposizione bielorussa, Svetlana Tikhanovskaja, ha affermato che la preparazione di un governo alternativo a quello attualmente al potere a Minsk rappresenta la principale preoccupazione dell’opposizione: “Sappiamo”, ha affermato Dobrovolskis, “che Putin non starà a guardare ciò che sta accadendo in Bielorussia senza cercare di impedire che il paese viri in direzione dell’Europa. Il nostro compito sarà mobilitare i cittadini per difendere l’indipendenza e chiedere alle forze militari di non contribuire all’aggressione russa, né di impegnarsi nella repressione”.

Il caso di Vladimir Makei – Tra gli eventi che negli ultimi mesi hanno scosso Minsk, anche la “morte improvvisa” del ministro degli Esteri Vladimir Makei. Una morte che resta ancora avvolta nel mistero. L’annuncio della sua scomparsa, avvenuta lo scorso novembre, era caduta nello stesso giorno in cui i media ucraini avevano pubblicato le affermazioni di un centro studi americano secondo il quale il presidente russo Vladimir Putin avrebbe avuto un piano per eseguire un attentato, o un falso attentato, a Lukashenko per intimidirlo e così spingerlo a intervenire direttamente con le sue truppe al fianco di Mosca in Ucraina. Stretto collaboratore di Lukashenko fin dal 2000, poi suo capo di gabinetto e infine capo della diplomazia dal 2012, Makei aveva difeso con convinzione le motivazioni della Russia per giustificare la sua operazione militare in Ucraina. Ma nel settembre scorso, quando si trovava a New York per l’Assemblea generale dell’Onu, aveva affermato in un’intervista a France 24 che Minsk era interessata a tenere anche “aperti i canali di comunicazione” con l’Europa, definendo l’Ue “un buon partner commerciale ed economico”. Quanto all’Ucraina, affermava l’esigenza di “mettere fine al conflitto il prima possibile” attraverso le vie diplomatiche.