Società

Le teorie anti 25 aprile mi ricordano quelle dei terrapiattisti: un motivo per celebrarlo ancora

Quando ero ragazzo l’offerta politica includeva repubblicani e monarchici. All’epoca, vista la presenza dei monarchici, era lecito dichiararsi repubblicani, anche se in effetti la dichiarazione era pleonastica. Estinti i monarchici, non c’è stato più bisogno di professarsi repubblicani: inutile rimarcare un’ovvietà.

Ai tempi di Colombo, Copernico e Galileo dichiarare che la terra è tonda e che gira attorno al sole era un’eresia e c’è voluto un po’ perché queste verità empiriche fossero accettate. Oggi non ce ne dovrebbe essere bisogno, poi mi vengono in mente i terrapiattisti. Ci sono, va bene, ma sono culturalmente irrilevanti. Non esiste un terrapiattista che rivesta, per esempio, un ruolo nella società geografica italiana, dove nessuno sente il bisogno di affermare che la terra è tonda: è una verità empirica. Come è acquisito che le api non nascono dalla carne putrefatta, come si pensava quando si credeva alla generazione spontanea. Lazzaro Spallanzani ha chiarito la questione, riconfermata poi da Luis Pasteur.

Le cose sono differenti per l’evoluzione. Tutto il mondo scientifico che si occupa di scienze della vita sa che la materia vivente, organizzata in entità che chiamiamo specie, evolve. Alcuni scienziati lo negano, ma si occupano di altre cose e sono dilettanti in biologia. Le loro sono opinioni da bar. E’ accaduto, però, che un vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) abbia organizzato un convegno intitolato: Evoluzionismo, il tramonto di una ipotesi. Una tesi tanto bislacca che persino l’Accademia Pontificia delle Scienze la bollò come corbelleria.

Prima di questa sortita in seno al CNR, una ministra della Pubblica istruzione propose di togliere l’evoluzione dai percorsi della scuola dell’obbligo. La comunità scientifica insorse. Grazie alla ministra antievoluzionista e al vicepresidente del CNR, altrettanto antievoluzionista, ogni anno, il 12 febbraio si celebra il Darwin Day per ribadire un concetto che non dovrebbe essere necessario ribadire: l’evoluzione è un fatto acclarato scientificamente, e fa parte del nostro bagaglio culturale.

Finché ci saranno Letizie Moratti (la ministra) e Roberti De Mattei (il vicepresidente del CNR) che negheranno l’evidenza sarà necessario ribadirla, difendendola dagli attacchi di autorità prive di autorevolezza in campo scientifico. Con questo non intendo dire che, estinti i nemici della scienza, ci potremo dimenticare dell’evoluzione. Charles Darwin ha cambiato la nostra visione del mondo e di noi stessi con due capolavori come L’Origine delle Specie e L’origine dell’Uomo. Visto che ci sono ancora persone con posizioni di rilievo che negano l’evoluzione, è necessario difenderla dagli attacchi dell’ignoranza.

Negli Stati Uniti una porzione significativa della popolazione nega l’evoluzione, confidando nella creazione come risposta alla domanda cosmica: da dove veniamo? E’ paradossale che l’autorevolissima comunità scientifica statunitense sia espressione di una comunità di persone che non credono alla scienza. Forti del numero, i creazionisti Usa hanno chiesto che la creazione fosse insegnata nelle scuole con pari dignità rispetto all’evoluzione. La Corte Suprema, però, negò l’equiparazione tra fede e scienza. C’è libertà di religione, e nell’ora di religione, se prevista, si può parlare di creazione, ma nell’ora di scienze la creazione può essere trattata solo come una forma di credenza religiosa, e non come spiegazione scientifica di un fenomeno. Non possiamo dare una spiegazione fisica di tuono e fulmine, e poi proporre, con pari dignità, la spiegazione che postula che sia Zeus a provocare il suono e poi la folgore.

Il 25 aprile è come il Darwin Day, ce n’è bisogno perché, se il Presidente della Repubblica in carica venisse a mancare, il suo posto sarebbe preso dal Presidente del Senato, una carica ora rivestita da un signore che stenta a riconoscere la differenza tra fascismo e antifascismo. Se è arrivato lì, significa che non può essere liquidato con uno sberleffo: è stato eletto dal Senato, non so se è chiaro.

Che fare se la democrazia, seguendo tutte le regole, arriva a prendere decisioni antidemocratiche? Certo, ci sono i contrappesi, tipo la proibizione di ricostituzione del partito fascista. Ma se gli si cambia nome, professando però un sentire che ricalca il fascismo, equiparandolo all’antifascismo, che si fa? Il comunismo ha dato pessima prova di sé (come anche il cristianesimo, in diverse occasioni, tipo l’Inquisizione, e i processi a Giordano Bruno e Galileo), ma i comunisti italiani hanno contribuito in modo rilevante a riscattarci dal fascismo e alla redazione della Costituzione, senza macchiarsi degli orrendi crimini dei comunisti di altri paesi. Equipararli a quei comunisti, ritenendoli pari ai fascisti, è come chiedere che creazione e evoluzione siano insegnate nell’ora di scienze, con pari dignità. Anzi, con pari indegnità.

La storia dice altro. Non vedo l’ora che l’antifascismo sia catalogato come un fatto storico, ma questo sarà accettabile solo dopo che il fascismo sarà archiviato tra le scorie della storia. Solo allora non ci sarà bisogno di dichiararsi antifascisti, come non c’è bisogno di dichiararsi repubblicani.